Tony
Benn ci ha insegnato a guardare con sospetto chi sostiene che è molto
difficile essere radicali quando si è parte di un Governo. Da ministro,
infatti, il suo pensiero progressista, di fronte al
disfunzionamento del sistema, si fece radicale. Una lezione per tutti
quelli che, progressisti a parole, si tramutano in difensori dello
status quo, appena si avvicinano a un posto di potere. Pochi, proprio pochi, lo conoscevano nel nostro paese. Io oggi invece dal mio ufficio appollaiato su Wellington Square, “casa centenaria” dei Social Worker qui a Oxford, non posso, non fermarmi a ricordare.
Ricordare, la storia di uno dei giganti del socialismo europeo.
Gigante che ignoravo prima che Dennis Harrison (il burbero gestore di
una splendida libreria nel cuore di Jericho) mi raccontasse le sue gesta
e mi mettesse in mano i suoi Diari. Ricordare, quando Tony Benn giovane studente, magari a passi veloci, attraversava la piazza e le vie che mi si parano davanti.
Con lui, ci lascia uno straordinario politico laburista, uno per cui far parte del Labour Party significava, diversamente da un altro Tony ben più famoso, essere progressisti. Negli anni ’80, durante i governi Thatcher, con il termine Bennite veniva designato chi si opponeva radicalmente all’avvento del neoliberismo. Oggi tanti di noi sottoscrivono, magari senza saperlo, quelle idee, quel suo essere rivoluzionario.
Tony
Benn ci ha insegnato a guardare con sospetto chi sostiene che è molto
difficile essere radicali quando si è parte di un Governo. Da ministro,
infatti, il suo pensiero progressista, di fronte al
disfunzionamento del sistema, si fece radicale. Una lezione per tutti
quelli che, progressisti a parole, si tramutano in difensori dello
status quo, appena si avvicinano a un posto di potere. Una lezione per
chi vuole credere con ostinazione in un orizzonte futuro più
egualitario.
Il percorso politico di Tony Benn affonda
le radici in alcune idee che andrebbero riprese anche in Italia. La
necessità di migliorare la macchina amministrativa pubblica,
a dimostrare che essere progressista non significa non voler accrescere
l’efficienza e la qualità del servizio. L’ostinata opposizione al
personalismo e al leaderismo in politica. La lotta senza quartiere
contro l’interferenza di banche e industriali all’azione di governo e la
critica ai media, troppo concentrati sul punto di vista di chi ha mezzi
e potere.
Tony Benn ci ha insegnato che se un partito,
un’organizzazione o un movimento perde di vista i suoi ideali con la
pretesa “di inseguire la modernità” finisce per diventare marcio e
delegittimato. Nel 1982, in un famoso discorso, sottolineò come fosse
assurdo pensare al futuro del partito laburista e dimenticare le idee di Marx. Proprio
come se uno volesse costruire delle facoltà di astronomia, o psicologia
dimenticando gli insegnamenti di Copernico e Freud, e aspettarsi poi
che gli studenti prendano l’università seriamente.
Tony
Benn ci ha insegnato il valore della coerenza. Con l’avvento del New
Labour, che avversava coerentemente con le sue idee radicali, non
diventò mai più ministro e preferì dedicarsi ad altre attività
politiche, prima fra tutte l’opposizione alla guerra in Iraq.
Contribuì in questo modo all’approfondimento delle ragioni che avevano
portato a questa guerra e bollò gli interventi in Iraq e Afghanistan
come imperialismo di seconda mano.
Tony Benn ci ha
insegnato che lo status non conta più delle idee. La sua testarda
battaglia per cambiare la legge che lo obbligava a sedere nella House of Lords
solo perché figlio di un nobile resta impareggiabile esempio. Mi chiedo
in quanti al suo posto avrebbero combattuto per un principio così
importante.
Tony Benn ci ha insegnato a essere
intransigenti nella difesa dei nostri principi e delle nostre idee anche
quando si è in netta minoranza. Fu criticato sistematicamente dalla
stampa britannica per la sua opposizione al pensiero dominante prima
della Thatcher e poi di Blair. Tuttavia la sua intransigenza, pur provocando malumori nell’establishment politico e nel suo partito, lo rese leggenda fra le classi popolari. Fra i deboli per cui Benn spese la vita intera.
Tony
Benn si è sempre dichiarato contro il personalismo in politica e
probabilmente avrebbe disapprovato la conclusione del mio articolo.
Certo è, che la sinistra, pur non avendo bisogno di leaders, ha la
disperata necessità di trovare esempi da seguire per tornare alle sue
basi ideali (come sottolineavo qualche mese fa parlando del presidente uruguaiano, Mujica).
Per questa ragione, credo proprio che se la sinistra avesse un volto,
un nome, una storia da raccontare, non potrebbe essere altro che la
faccia sorridente di questo guerriero egualitario. La faccia sorridente
di Tony Benn che sfida in campo aperto le idee della Thatcher e di
Blair, la faccia sorridente di Tony Benn che da ministro, deputato,
attivista non ha mai perso di vista le necessità e i bisogni dei più deboli.
Good bye Tony, la terra ti sia lieve.
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