Il modello per la scuola scelto dal ministro dell’Istruzione
Stefania Giannini è quello tedesco.
di Roberto Ciccarelli – il manifesto
Questo significa
privilegiare l’istruzione tecnica, portare gli studenti a fare
tirocini o stage in azienda sin dal quarto anno di scuola come già
previsto, usando magari le norme sui contratti a termine del Jobs
Act che cancellano l’acausalità dei contratti e deregolamentano
l’apprendistato. Per questo, il Miur aumenterà gli istituti tecnici
superiori. Ai 63 attuali se ne aggiungeranno altri dedicati al
turismo e ai beni culturali con classi in cui si parlerà solo in
inglese o francese.
Secondo i dati di AlmaDiploma, il 37,2% dei diplomati tecnici del
2012 lavorava già ad un anno dal titolo, mentre il tasso di
disoccupazione è il più alto tra i diplomati: il 34%. L’insistenza
su questo indirizzo di studi si spiega nella cornice più generale
della professionalizzazione dell’istruzione, un modello inseguito
anche dai predecessori di Giannini: Gelmini, Profumo e Carrozza.
I dati non sembrano confermare questo orientamento nelle
politiche dell’istruzione, come del resto in quelle del lavoro:
secondo il bilancio delle iscrizioni alle scuole superiori per l’anno
2014–2015 gli studenti che scelgono i tecnici sono il 30,8%, prima
viene il liceo scientifico con 121.686 richieste, poi l’alberghiero
con 48.867. Gli iscritti ai licei sono sempre i più numerosi di tutti:
il 50,1%. Fino a quando durerà il governo Renzi, il Miur andrà in
contro-tendenza importando un modello che, come ha più volte
denunciato il consorzio interuniversitario Almalaurea, mette
impropriamente in competizione la formazione tecnica sul lavoro
della conoscenza.
Esponendo alcune delle linee programmatiche sulla scuola in
commissione Istruzione al Senato, il ministro dell’Istruzione
Stefania Giannini ha annunciato ieri di rinunciare a «firmare
un’altra riforma dell’istruzione»: «Resisterò alla tentazione di
un’ipertrofia normativa». Era inevitabile, considerato che sono
ancora in corso di attuazione i decreti della riforma Gelmini del
2008. Nel mantenimento di unostatus quo che ha depresso
e confuso l’intero mondo dell’istruzione, il ministro intende
procedere con la programmazione delle risorse scarse esistenti
e la semplificazione normativa. A partire da un testo unico in
materia di normativa scolastica.
Un’altra linea fondante del suo dicastero sarà la battaglia per
il merito e contro le retribuzioni degli insegnanti basati sugli
scatti di anzianità. Questa battaglia porterà ad uno scontro
frontale con i sindacati. Il contratto di lavoro nel settore
è bloccato dal 2009. La Corte dei conti ha calcolato i danni del
blocco: è costato 3.348 euro in meno per i docenti, 6.380 ai dirigenti
scolastici, 2.416 al personale Ata. Soldi che non verranno mai
restituiti. Giannini ha menzionato l’esigenza di sbloccare la
contrattazione, introducendo però la premialità attraverso
valutazione e meritocrazia. In attesa che qualcosa si sblocchi,
gli organici docenti restano fermi al 2011, anno in cui si è chiuso il
piano triennale di tagli oltre 81 mila posti, mentre gli alunni sono
aumentati di 87 mila, creando l’emergenza delle «classi pollaio».
Contro questa situazione, la Flc-Cgil ha annunciato mobilitazioni.
Si vuole inoltre completare l’anagrafe dell’edilizia scolastica,
un processo iniziato nel 1996 e mai concluso. Senza questo
strumento sarà infatti difficile spendere i 3,7 miliardi di euro
promessi da Renzi. Giannini ha ribadito l’esigenza di rifinanziare
l’istruzione tagliata di 9,5 miliardi di euro dai tagli lineari di
Tremonti e Gelmini (8,4 alla scuola, 1,1 a università e ricerca). Su
questo si giocherà una partita importante nel governo. Scelta
Civica intende strappare un fondo e sostiene di volere andare fino in
fondo. Per il momento, il ministro proverà a rifinanziare il fondo
per il miglioramento dell’offerta formativa (Mof) ai livelli del
2011 (1,5 miliardi).
Dichiarazioni di rito sulla necessità di «riassorbire» 178 mila
supplenti precari «in un’ottica di lungo periodo». Non sono state
fatte previsioni, né cifre. Forse entro la fine della legislatura,
nel 2018, quando Giannini intende varare una forma unica di
abilitazione all’insegnamento scolastico, unificando le
differenti figure esistenti: Tfa ordinari e speciali, Pas, vecchie
Ssis, idonei al «concorsone». Un esercito di 100 mila persone nel
caos: non si sa se rientreranno in una graduatoria, o cosa accadrà
quando verranno riaperte, o se verranno assunti.
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