La docimologia è
quella branca della pedagogia che pretende di essere una disciplina
scientifica che si occupa dei diversi parametri applicabili nei processi
di valutazione scolastica.
pane-rose.it Lucio Garofalo
Malgrado la presunta "obiettività"
scientifica delle tecniche di verifica all'insegna dei criteri
docimologici in voga, la valutazione è un'operazione globale, costante e
formativa, nella misura in cui esige l'analisi di un ventaglio di
fattori dinamici, di motivi di ordine soggettivo ed interiore, di
elementi socio-affettivi, da cui non si può astrarre e che non sono
assolutamente misurabili in termini matematici.
In sostanza, nel
processo di verifica e valutazione dei discenti occorre tener conto di
una molteplicità di fattori di origine psico-emotiva, morale e
caratteriale, che interferiscono in maniera inevitabile nel rapporto
dialettico tra docenti e discenti e nella prassi didattica quotidiana.
Per cui l'adempimento della valutazione costituisce l'aspetto più
complesso, più ingrato e spiacevole della professione docente.
Ciò non
può ridursi a mero esercizio di calcolo incentrato sui famigerati "quiz"
con le crocette. Ormai, quando mi chiedono: “che lavoro fai?”, io
rispondo con amara ironia: “addestro piccoli concorrenti per i quiz
INVALSI”. Benché sarcastica, la risposta non è affatto distante dalla
realtà.
Il guaio è che, in qualunque scuola io abbia insegnato, mi sono
imbattuto in tanti colleghi e colleghe a cui aggrada tale "mansione". O,
perlomeno, è accolta in maniera supina.
Mi riferisco all’obbligo di
somministrare i "quiz" calati dall’INVALSI. L'ideologia più fanatica ed
ottusa che mai si sia vista nel mondo della scuola è l'ideologia
assolutistica ispirata alla docimologia ed alla sua pretesa di
"oggettività" scientifica, ma in realtà pseudo-scientifica. Una velleità
autoritaria, che si incarna nel sistema di valutazione INVALSI. Un
modello fallito dovunque sia stato applicato. Un carrozzone clientelare,
inutile e costoso, gradito soltanto ai funzionari, ai burocrati
ministeriali ed ai dirigenti scolastici.
Ormai fare scuola oggi si
riduce perlopiù a compiti di sorveglianza degli allievi, ad un
parcheggio di giovani disoccupati permanenti, una sorta di "ufficio di
collocamento" per futuri precari cronici.
L'opera educativa è stata
mortificata da chi per vari lustri ha governato (assai male!) la scuola.
Ad esempio, l'animatore digitale è l'ultima delle demagogiche
invenzioni lessicali del ministero dell'istruzione (non più pubblica),
impegnato da anni a diffondere nelle scuole italiane la “cultura
digitale”. Per "cultura digitale" hanno inteso il fatto di dotare le
scuole di qualche strumento tecnologico in più e di fornire istruzioni
per poter smanettare con un approccio prettamente funzionale. In tal
senso, l'impiego del registro elettronico costituisce l'esempio più
efficace e paradigmatico della totale balordaggine e dell'insignificanza
ai fini culturali, socio-educativi e pedagogici della cosiddetta
"dematerializzazione".
Ma la cosa che rattrista maggiormente è vedere
gli insegnanti, i quali dovrebbero avere come "unico" pensiero quello
della didattica, cioè delle strategie atte a stimolare meglio
l'apprendimento degli allievi, adoperarsi per dimostrare la propria
fedeltà al dirigente.
A dispetto della celebre affermazione di Piero
Calamandrei, il presunto "miracolo" compiuto dalla scuola si rivela
esattamente all'inverso: anziché formare dei cittadini, la scuola
pubblica italiana sforna dei sudditi, nella misura in cui gli stessi
docenti sono stati ridotti in una condizione di profonda sudditanza. La
realtà è esasperata ulteriormente dalla legge 107 del 2015 (la
famigerata "Buona scuola" del governo Renzi): la discrezionalità dei DS è
assai elevata ed esiste il rischio di una "feudalizzazione" della
scuola: una crescente condizione di sudditanza psicologica e politica
dei lavoratori della scuola nei confronti del capo, il
"preside-padrone". D'altro canto, tale è la funzione che il potere
capitalistico assegna ad un "Apparato Ideologico di Stato" qual è la
scuola. Come già affermava, a suo tempo, Louis Althusser ed intuì, alla
sua maniera, Pier Paolo Pasolini.
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