lunedì 2 dicembre 2024

Eliminato l’abuso d’ufficio: come sindaci, pm, vigili e prof prevaricano sui cittadini.

Il professore che favorisce il proprio allievo in un concorso universitario.


(Luigi Ferrarella e Milena Gabanelli – corriere.it)

Il carabiniere che, siccome alcune ragazze extracomunitarie rifiutano di farsi fotografare in spiaggia, chiede loro, senza ragione di servizio, di esibire i documenti di soggiorno.  
Il pm che fa processare l’ex della sua fidanzata. 
Il poliziotto che manda un’ispezione nella discoteca che non ha fatto entrare suo fratello senza invito. 
L’assessore che, di fronte a due contemporanee richieste di comizi elettorali in piazza, ne nega l’uso alla lista avversaria e concede invece la piazza al comizio del proprio partito. 

Sono alcune delle situazioni che in passato avevano portato a condanne per il reato di abuso d’ufficio, e che invece adesso restano penalmente «scoperte» dopo che il Parlamento, il 25 agosto scorso, ha abrogato l’articolo 323 del codice penale.

Due secoli di storia

Dal punto di vista storico, l’abrogazione dell’abuso d’ufficio è davvero epocale: ininterrottamente da 205 anni esisteva una norma di difesa del privato cittadino dalle prevaricazioni dell’autorità pubblica, persino nel Codice del Regno delle due Sicilie del 1819, e poi (con l’unità d’Italia) nel Codice Zanardelli del 1889, sino al codice Rocco che nel 1930 all’articolo 323 sull’abuso innominato d’ufficio puniva il «pubblico ufficiale che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, commette, per recare ad altri un danno o per procurarsi un vantaggio, qualsiasi fatto non previsto come reato da una particolare disposizione di legge». Il match che ha portato all’abrogazione dell’abuso d’ufficio si è sempre svolto fra due scuole di pensiero: da una parte coloro che ravvisavano nella norma una genericità tale da consentire ai magistrati troppa discrezionalità nell’individuare il reato; motivo per cui gli amministratori pubblici, per «paura della firma», si rifugiavano in una paralizzante burocrazia. Dall’altro lato coloro che rimarcavano come l’abuso d’ufficio funzionasse spesso anche come «reato spia» che portava ad accertare reati più gravi, quali la corruzione e la concussione. Eppure la norma in questione, negli ultimi 30 anni, ha subito diverse modifiche che ne hanno ristretto via via il campo di applicazione.

Le tappe verso l’abolizione

1990 (governo Andreotti VI) prima riforma: ridefinisce l’abuso e le pene: da un minimo di 2 anni (se il pubblico ufficiale reca un vantaggio ingiusto) a un massimo di 5 (se il vantaggio è in cambio di denaro), e la conseguente possibilità di arresti e intercettazioni.
1997 (Governo Prodi) seconda modifica: il campo si restringe alla violazione di una legge, regolamento, o per mancata astensione se in conflitto di interessi, come per esempio il sindaco che dà una concessione edilizia su un terreno di proprietà della moglie. Scendono anche le pene: da un minimo di 6 mesi ad un massimo 3 anni, dunque niente più arresti e intercettazioni.
2012 (Governo Monti) terza modifica: ritocco della pena, che passa da un minimo di un anno a un massimo di 4.
2020 (Governo Conte II) quarta modifica: non conta più la violazione di un regolamento o di una circolare, ma va applicata solo la legge che non lascia margini di interpretazione. Il dirigente del comune da una concessione edilizia sul mare ad un suo elettore? O la legge dice espressamente «li no», o l’abuso non c’è. La legge prevede la selezione di personale competente per svolgere una certa funzione? C’è abuso solo se per quel certo posto la legge prescrive requisiti ben precisi. A questo punto l’abuso è già quasi sparito. Resta sanzionato l’abuso per conflitto di interesse, per esempio il pubblico ufficiale che partecipa alla commissione in un concorso pubblico per dare una mano ad un proprio parente.
Agosto 2024 (Governo Meloni), quinta modifica: abrogato tutto, e quindi anche questi due casi residui non danno più luogo a reato.

Le statistiche delle sentenze

La campagna pro-abrogazione ha dato molto peso al fatto che l’80% delle denunce vengono regolarmente archiviate, e che addirittura nel 2021, su 5.418 fascicoli iscritti, le condanne e sentenze di patteggiamento sono state 62. Numeri inevitabili visto che il reato è stato man mano depotenziato negli anni. Va inoltre ricordato che il nostro codice prevede l’obbligatorietà dell’azione penale, vuol dire che quei 5.418 non erano processi, bensì fascicoli aperti in seguito a denunce. Certo, non è raro vedere il tal partito denunciare per abuso d’ufficio il sindaco del tal altro partito al solo scopo di poter poi dire ai giornali che quel sindaco è indagato, anche se poi magari la Procura si accorge subito che non c’è sostanza e chiede l’archiviazione. Peraltro nella maggior parte dei casi di archiviazione il diretto interessato non lo veniva nemmeno a sapere. Tuttavia il dato dell’80% non è così straordinariamente superiore alla media di archiviazioni degli altri reati, che si attesta al 62%. E comunque così tanto indefinibile non doveva essere l’abuso d’ufficio, se in 23 anni ci sono state più di 3.600 condanne. Di sicuro l’abolizione del reato non impedirà ai cittadini di fare esposti, e i magistrati avranno sempre l’obbligo di aprire altrettanti fascicoli. Ma cosa cambia d’ora in poi? 

I concorsi universitari

In concreto, dopo l’abrogazione, cambia tutto, ad esempio per i concorsi universitari truccati, che venivano perseguiti o con il reato di turbativa d’asta o con l’abuso d’ufficio. L’anno scorso la Cassazione, con una sentenza, ha cristallizzato un orientamento in corso da tempo: la turbativa può valere per le gare nell’acquisizione di beni o servizi, ma non per le assunzioni di personale nella pubblica amministrazione attraverso i concorsi pubblici e in particolare quelli universitari, per i quali invece va applicato il reato di abuso d’ufficio. Che però ora è stato abolito, lasciando dunque i concorsi truccati fuori dal penale, a meno che non vi sia un falso in atto pubblico o una corruzione in denaro. In pratica la faranno franca tutti i professori che vogliono agevolare il loro allievo, parente o figlio di amici. 

Mani libere

Si spalancano praterie per il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che non si astengano in presenza di un conflitto di interesse: sentenze come quelle finite in Cassazione non ci saranno più. A partire da quella che ha condannato il comandante della Polizia municipale, che con procedura diretta aveva affidato il servizio di autovelox alla società di suo cognato; o quella del dirigente comunale che ha presieduto la commissione di concorso che poi ha dichiarato vincitrice sua nipote. Ma nemmeno quella del sindaco che ha sciolto una seduta del Consiglio comunale per impedire ai consiglieri di votare la costituzione di parte civile del Comune in un processo a suo carico.
Restano penalmente «scoperte» anche condotte ritorsive o prevaricatorie di chi detiene poteri pubblici (salvo i casi di violenza o minaccia che possano far scattare altri reati come la concussione). Mano libera al direttore generale di una Asl che illegittimamente dequalifichi un servizio ospedaliero da struttura complessa a struttura semplice per demansionare il primario; e persino al sindaco che, con l’apparente argomento di voler contenere le spese, revochi l’incarico dirigenziale ricoperto da un dipendente «reo» di essersi candidato in una lista contrapposta. Fino al vuoto – ancor più paradossale visti i furori anti-toghe del governo Meloni – di esentare dalla sanzione penale un magistrato che per semplice astio, chieda il rinvio a giudizio dell’ex fidanzato della sua compagna. Non a caso anche il Csm a inizio ottobre ha archiviato in blocco 20 procedimenti disciplinari aperti a carico di altrettanti magistrati sotto indagine per abuso d’ufficio.

Cosa succede adesso

Nel futuro, per i fautori dell’abolizione dell’abuso d’ufficio basterebbero gli altri reati di peculato, corruzione, concussione e rivelazione di segreto. Oltre alla possibilità per i cittadini di ricorrere al Tar e alla responsabilità dei dipendenti pubblici per danno erariale di fronte alla Corte dei Conti, ci sono i procedimenti disciplinari in seno alle varie amministrazioni. Peccato che i disciplinari vengono quasi sempre congelati in attesa dell’esito del giudizio penale (che non ci sarà più), e l’esperienza mostra che mai nessuno nella Pubblica amministrazione promuove di propria volontà un disciplinare senza il pungolo del penale. Per quel che riguarda la Corte dei Conti è in cantiere un progetto di legge per circoscrivere la responsabilità per danno erariale alla sola ipotesi del dolo, con esclusione della colpa grave. Sono perfino stati resi possibili affidamenti diretti di beni o servizi sino a 140mila euro di soldi pubblici senza nemmeno confrontare due preventivi. Il conflitto d’interessi è passato in cavalleria; l’attività di lobbying non è regolata. Del resto, nel gennaio 2024 finanche la Commissione Giustizia della Camera, nel dare il via libera all’abolizione dell’abuso d’ufficio, aveva contestualmente approvato un ordine del giorno con il quale impegnava il governo «a costituire un Osservatorio volto a monitorare l’impatto dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio». Se ne è saputo più nulla. Il governo invece, Il giorno prima della pubblicazione in Gazzetta ha dovuto correre a varare il «peculato per distrazione» e infilarlo al volo nel decreto sull’emergenza carceri, perché essendo stato assorbito anni fa nell’abuso d’ufficio, era sparito pure quello. In pratica il direttore generale di un ospedale avrebbe potuto per esempio «distrarre» tranquillamente i soldi destinati all’acquisto di una Risonanza magnetica verso l’arredamento del suo ufficio. 

I ricorsi e il colpo di spugna per i condannati

Da Firenze a Reggio Emilia, a Locri, già sei tribunali nelle scorse settimane hanno sollevato davanti alla Consulta la possibile incostituzionalità della legge che ha abrogato l’abuso d’ufficio: sarebbe in contrasto con l’articolo 117 della Costituzione per la possibile violazione degli obblighi derivanti dal diritto internazionale della Convenzione Onu di Merida, e con l’articolo 97 della Costituzione sui principi di imparzialità della pubblica amministrazione.
Occorre poi fare i conti con la proposta di direttiva del Parlamento Europeo del 3 maggio 2023 che all’articolo 11, rubricato «Abuso d’ufficio», prevede tra l’altro che gli Stati membri «prendono le misure necessarie affinché sia punibile come reato l’intenzionale esecuzione o omissione di un atto, in violazione delle leggi, da parte di un funzionario pubblico nell’esercizio delle sue funzioni al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un terzo». Se la proposta venisse approvata, l’Italia sarebbe costretta a reintrodurre l’abuso d’ufficio. 

Nell’attesa della decisione della Corte Costituzionale e del Parlamento Ue, gli oltre 3.600 condannati per abuso d’ufficio dal 1997 al 2020, hanno diritto di ottenere dal giudice dell’esecuzione la cancellazione dal casellario guidiziario e tornare «immacolati».

dataroom@corriere.it

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