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Nel corso di una riunione alla Camera dei Deputati tra la maggioranza e l’esecutivo è stato deciso di non prorogare il Superbonus 110% e di non stanziare ulteriori risorse per la misura. Presa in esame, invece, la possibilità di ampliare il meccanismo degli scambi e delle vendite dei crediti d’imposta a persone giuridiche, come le aziende, e banche (con l’esclusione delle persone fisiche), segnando di fatto un dietrofront su una restrizione voluta dallo stesso governo Draghi nei mesi scorsi. I 33,8 miliardi di euro stanziati dall’esecutivo per il Superbonus, relativamente al periodo 2022/2023, sono terminati con mesi di anticipo, alimentando i dubbi fra i cittadini: da un lato i lavori potrebbero non partire, anche per coloro che hanno già attivato la procedura e firmato il contratto con le imprese edili, dall’altro i condomini che hanno già incassato una parte dell’incentivo e rischiano di lasciare il lavoro a metà potrebbero essere costretti dall’Agenzia delle Entrate a restituire il credito con tanto di sanzioni.
In un recente articolo, l’agenzia di stampa britannica Reuters ha ribadito ciò che già era nell’aria: la prematura fine del Superbonus potrebbe inceppare definitivamente il complesso sistema di credito d’imposta che coinvolge banche, imprenditori e cittadini, portando a migliaia di fallimenti e licenziamenti. Questo, unitamente all’inflazione e alle scelte restrittive della Banca Centrale Europea (BCE), «potrebbe far precipitare la debole economia italiana verso la recessione». Con un tonfo termina dunque l’esperienza del Superbonus, già rallentata nei mesi scorsi in seguito ai controlli relativi ai casi sospetti di frode che nel frattempo hanno lasciato centinaia di aziende senza retribuzione e, per estensione, migliaia di lavoratori e fornitori. Diversi imprenditori hanno denunciato infatti l’impossibilità di cedere i crediti maturati alle banche, segno di un sistema inceppato che ha provocato malumori e proteste nei confronti del governo Draghi. Nello specifico, le aziende hanno puntato il dito contro le manovre dell’esecutivo, in particolare nei confronti della decisione di limitare gli scambi e la vendita dei crediti d’imposta da una banca o da un’azienda all’altra, un meccanismo su cui si basava il sistema per ricorrere alla liquidità in caso di bisogno ritrattato velocemente a Palazzo Chigi in seguito alle proteste delle ultime settimane.
[di Salvatore Toscano]
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