https://www.byoblu.com
Dopo l’Asl del Piemonte è il Tar della Lombardia a dare un altro colpo al già precario equilibrio degli obblighi imposti da Roberto Speranza. Il Tar della Lombardia, infatti, ha chiesto una valutazione della Consulta, ravvisando la possibile incostituzionalità della Legge con cui gli operatori sanitari non vaccinati sono stati lasciati senza lavoro e senza stipendio a seguito di sospensione.
Il tutto si gioca sulla dignità dell’individuo, intoccabile a prescindere dal comportamento messo in atto, sulle cause della condizione di indigenza e anche sulla disparità con altre situazioni raffrontabili. Tutti coloro che non sono stati ricollocati dalle loro aziende in una mansione professionale anche inferiore, ma in sicurezza rispetto ai contatti con le altre persone, infatti, hanno subito lo stop allo stipendio senza alcun tipo di trattamento economico, anche minimo, come un assegno di assistenza alimentare o un reddito di cittadinanza.
Il TAR, valutando il caso di un’operatrice sanitaria dell’Asst Fatebenefratelli/Sacco di Milano, sostiene che la misura sia “eccedente il necessario limite di ragionevolezza” in una regolamentazione che “seppure introdotta in una situazione emergenziale, trascura il valore della dignità umana”.
Non solo, il TAR, ribadisce che lo stop totale allo stipendio rischia di creare una “irragionevole disparità di trattamento” rispetto a tutti gli altri tipi di sospensione dal servizio di natura preventiva: come abbiamo riportato più volte anche noi di Byoblu, un lavoratore che subisce una sospensione disciplinare ha comunque diritto a una quota di retribuzione a titolo assistenziale, che invece non è mai stata prevista per i lavoratori sospesi perché inadempienti all’obbligo di vaccinazione.
Il Tar sottolinea inoltre che al dipendente, nell’esercizio della libertà di autodeterminazione nella somministrazione di un trattamento sanitario, viene richiesto un sacrificio la cui durata non è in grado né di prevedere né di governare, visto che le misure precauzionali adottate dal legislatore “non si prestano ad essere inquadrate entro una cornice temporale certa e definita, a causa dello sviluppo oggettivamente incerto e ricorrente dell’andamento della pandemia“.
Dunque per il Tar della Lombardia, la scelta legislativa di precludere totalmente la percezione di qualsiasi forma di stipendio, seppur minima, è andata ben oltre il necessario per conseguire l’obiettivo di tutela sanitaria.
Scopo che, secondo il Tar avrebbe potuto essere raggiunto con pari efficacia anche prevedendo un adeguato sostegno economico, “con finalità analoghe ai vigenti sussidi quali assegno sociale o reddito di cittadinanza”.
Nessun commento:
Posta un commento