Ci risiamo. La caccia alle streghe contro i presunti putiniani – con conseguente lista di proscrizione – torna in Parlamento.
LORENZO GIARELLI – Il Fatto Quotidiano
Dopo che Copasir e Vigilanza Rai si erano occupati dei filorussi nei talk show e dopo che il Corriere aveva denunciato i “putiniani d’Italia” all’attenzione dei Servizi segreti, questa volta l’elenco dei cattivi arriva a Montecitorio per bocca di alcuni esponenti del Pd e di +Europa, i quali ieri hanno presentato in conferenza il rapporto “Disinformazione o pluralismo? La guerra contro l’Ucraina, la propaganda del Cremlino e il caso Italia”.
La tesi, evidente fin dal titolo, è che ci siano “alcuni personaggi, politici e no, che sono stati invitati a intervenire in diversi programmi tv o sono stati autori di articoli fuorvianti” al punto da “diffondere speculazioni e contenuti propagandistici”. Non legittime opinioni, quindi, ma “falsi miti o ideologie che tendono a sostenere la visione russa”.
Qualche nome dei presunti putiniani? Molti sono già noti agli zelanti investigatori folgorati sulla via del maccartismo: l’immancabile professor Alessandro Orsini, le nostre firme Barbara Spinelli e Donatella Di Cesare, il corrispondente Rai da Mosca Marc Innaro, lo storico Franco Cardini. Altri sono delle new entry della russofilia: il conduttore di Report Sigfrido Ranucci, la nostra collaboratrice Valentina Petrini, il giornalista Gian Micalessin, persino due insospettabili come Corrado Augias e Alessandro Barbero. Fino al colpo di teatro, perché nel rapporto presentato dal Pd compare persino Oliver Stone, reo di avere intervistato Vladimir Putin e, in un passaggio degno del teatro dell’assurdo, accusato di dirigere i suoi documentari “senza offrire un contraddittorio”.
A redigere la lista sono due organizzazioni indipendenti attive sui temi dei diritti – la Federazione italiana dei diritti umani e la Open dialogue – ma a mettere la faccia sull’intero report sono i dem Lia Quartapelle e Andrea Romano assieme a Riccardo Magi di +Europa, a cui va il merito di aver nobilitato la lista al punto da portarla in una sala della Camera per presentarla in un dibattito insieme al giornalista della Stampa Jacopo Iacoboni, a due rappresentanti di Fidu e Open dialogue e a due relatori ucraini.
Per capire di cosa si siano macchiati i filoputiniani per finire in questa lista vi rimandiamo alla pagina a fianco. Basti però sapere che il tenore delle accuse è molto vario e soprattutto scambia opinioni per veline fatte filtrare da Mosca, quando gli interessati – a parte qualche rappresentante dichiarato del governo russo – sono tutti professori, giornalisti o commentatori, che fino a prova contraria esprimono la propria opinione senza certo rispondere al Cremlino. Innaro, per esempio, viene accusato di “riportare le narrazioni ufficiali del governo russo senza metterle in dubbio”. Augias e Barbero, invece, farebbero meglio a parlare d’altro: “Sono voci colte e interessanti – concede il report – ma l’analisi offerta rischia di prestarsi alla propaganda del Cremlino”. A Di Cesare si contesta la contrarietà all’invio di armi, che invece è insindacabilmente il modo “per permettere a un popolo di difendere la propria terra”.
Anche le idee di Orsini passano per fake news: “Un aggressore non provocato – replica chi ha stilato il rapporto – non sarà interessato a trattare la pace solo in virtù di uno sforzo morale dell’Occidente, ma in seguito a un costo militare ed economico insostenibile”. Spinelli, che su questo giornale si è limitata più volte a criticare l’atteggiamento della Nato nei decenni che hanno preceduto la guerra, passa per un’eversiva: “L’articolo riprende le giustificazioni del Cremlino”.
In conferenza, il rapporto viene presentato come un argine alla disinformazione. Quartapelle e Magi vanno lunghi coi lavori in commissione e allora tocca al povero Romano caricarsi sulle spalle il peso della conferenza: “In Italia c’è una penetrazione massiccia della disinformazione russa – è la tesi dell’onorevole, peraltro giornalista – Il risultato è lo stravolgimento dei fatti e il loro ribaltamento nella versione del Cremlino. L’Italia è diventata il campo per scorribande massicce della disinformazione di Putin”.
Insomma c’è “confusione tra libero dibattito, che è proprio della democrazia, e il trattamento paritario di qualsiasi opinione”: “Potremmo mai immaginare un dibattito in chiave di par condicio tra Goebbels e Anna Frank?”.
In assenza di Quartapelle e ascoltato Romano, per il Pd fa fede allora il comunicato di presentazione dell’evento. Secondo i dem, “il Cremlino continua ad alimentare la sua collaudata macchina di disinformazione con l’obiettivo principale di deviare la responsabilità dei suoi crimini e compromettere il dovuto sostegno della comunità internazionale all’Ucraina. Per motivi che sono tuttora oggetto di studio da parte degli esperti, l’Italia risulta essere tra i Paesi più colpiti in Europa”. Lungi dal fare distinguo sui contenuti del report, che invece inchioda gli interessati anche solo per alcune opinioni (come la contrarietà all’invio di armi a Kiev), il Pd rivendica il documento: “La narrazione del Cremlino, a volte esplicita e grossolana, è spesso veicolata tramite semplificazioni, mancanze di contraddittorio e accettazione di versioni della propaganda russa senza un’adeguata analisi giornalistica delle fonti o una semplice contestualizzazione dei fatti”. Insomma basta contestualizzare, poi la via del pensiero unico sarà tracciata.
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