“Sembra uno scherzo, dover chiudere per troppi crediti. Ma è la realtà”. Parola di uno tra le decine di migliaia di piccoli imprenditori dell’edilizia prigionieri del Superbonus.
(NICOLA BORZI – Il Fatto Quotidiano)
Uno di quelli che hanno creduto allo Stato e hanno investito – quasi sempre indebitandosi –, per acquistare macchinari e attrezzature, assumere personale, comprare materiali contando sul rilancio del settore dopo l’emergenza e la recessione pandemica. Tutto sulla base delle misure per il rimborso fiscale del 110% delle spese sostenute dai privati per sistemare gli immobili. Ora però il governo ha imposto le forche caudine sulla trasferibilità, dunque sulla reale esigibilità, dei crediti fiscali. La loro cessione a Poste, Cassa depositi e prestiti o alle banche si è fatta sempre più farraginosa e ormai è di fatto bloccata. Così i cassetti fiscali delle imprese sono intasati di somme anticipate e impossibili da recuperare, mentre la liquidità scompare. Fioccano già decreti ingiuntivi, pignoramenti, i primi fallimenti.
L’intervento studiato per creare ripresa e occupazione, invece di essere gestito con frenate progressive, è di colpo divenuto la macina al collo del settore. Il cerino può passare di mano in mano. Se salteranno imprese e fornitori, il disastro potrebbe risalire la filiera fino a zavorrare di crediti marci i bilanci degli istituti di credito, a frenare Pil ed entrate fiscali.
Le truffe sono l’alibi per bloccare il bonus 110%. Lo ha certificato a febbraio l’Agenzia delle Entrate, quando ha diffuso i dati sulle frodi sugli incentivi edilizi con il peso di ciascuna agevolazione sui raggiri subiti dal Fisco, saliti a 5,6 miliardi secondo la Guardia di Finanza. Quasi la metà dei reati ha riguardato lo sconto del 90% per rifare le facciate dei condomini. Solo il 3% delle frodi ha toccato il Superbonus 110%. Però è stata questa la misura colpita dal maglio della stretta del governo. Di “effetti distorsivi” dei bonus edilizi parla la Corte dei Conti nella parificazione del Rendiconto generale dello Stato in un passaggio sulle difficoltà delle compensazioni fiscali (nel 2021 a 68,6 miliardi). Per i magistrati contabili va “garantita l’efficacia degli interventi a fronte di un rilevante impegno finanziario”. Il riferimento è “al sistema dei bonus edilizi che ha comportato fino a febbraio compensazioni per oltre 2 miliardi e ha visto nel 2020-21 cessioni crediti e sconti in fattura per oltre 38,4 miliardi”. Il clamore sulle truffe è servito a chi vuol bloccare il Superbonus. Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, nel suo intervento ieri al Convegno dei giovani imprenditori ha ricordato che le risorse per i bonus edilizi “sono state prese depotenziando ‘Industria 4.0’ e cancellando la patent box”. Non a caso tra le imprese edili c’è chi ipotizza un disegno delle grandi aziende per spazzare via i piccoli.
Il governo vuole fermare la giostra sfuggitagli di mano. Ma invece di misure graduali, che permettano alle imprese di chiudere i cantieri aperti e incassare i crediti, lo fa di colpo strangolandole. L’ultima stretta, dopo quella sulla intrasferibilità dei crediti che di fatto hanno già bloccato il meccanismo, arriva da una circolare dell’Agenzia delle Entrate che chiede alle banche la massima attenzione nelle verifiche dei requisiti di cessione dei crediti fiscali sui bonus edilizi, per evitare di essere chiamate a rispondere in solido di eventuali illeciti ai danni del Fisco.
Il carico di rinforzo lo mette l’Abi: l’associazione bancaria in una circolare ricorda agli istituti il rischio di rispondere dei danni. Ma le banche sanno come cavarsela: come sul fronte antiriciclaggio, basterà dimostrare di aver erogato ai dipendenti una formazione “adeguata” per scaricare sui bancari i rischi dei controlli e dunque i carichi penali e civili. Non a caso ieri il segretario generale del sindacato di settore Fabi, Lando Sileoni, ha ammonito a non caricare sui lavoratori i maggiori controlli. Immaginiamoci quale bancario correrà il rischio di perdere la casa per garantire ai clienti di sistemare la loro.
Ad andarci di mezzo sono le imprese. Secondo la Cgia, sono oltre 5 i miliardi di crediti fiscali per bonus edilizi in attesa di accettazione, di cui 4 per prime cessioni o sconti in fattura. Con crediti già acquisiti e non cedibili, che in molti casi ammontano a centinaia di migliaia di euro per singola azienda, molte imprese sono in crisi di liquidità. Risultato? Per il mancato incasso di crediti fiscali le aziende perdono l’attestazione di regolarità fiscale e contributiva senza la quale non potranno incassare nuovi crediti fiscali. Una spirale infernale. Per la Cna, il 47,2% delle imprese non trova più chi acquisisca i crediti, il 34,4% sconta ritardi nella gestione delle pratiche. Così la metà delle aziende è in ritardo nei pagamenti ai fornitori, il 30,6% in quelli di tasse e imposte, il 20% sugli stipendi. Il 68,4% delle aziende fronteggia il blocco dei cantieri, il 48,6% addirittura il fallimento: 33mila imprese sono a rischio di chiusura, 60mila a corto di liquidità, 150mila dipendenti potrebbero perdere il lavoro.
Parlano chiaro gli operatori della categoria . Stefano Crestini, presidente di Anaepa Confartigianato, l’associazione dell’edilizia che rappresenta circa 40mila imprese che occupano quasi 190 mila dipendenti, sottolinea che “gli imprenditori hanno creduto nelle disposizioni del governo per far ripartire l’economia, annunciate nel maggio 2020 in piena pandemia, hanno investito, hanno lavorato e ora non possono incassare. Sono più esposte le microaziende, perché non hanno potere contrattuale con le banche. Le scadenze fiscali incombono: entro il 30 giugno occorre pagare le tasse su tutti i lavori fatti nel 2021, a novembre ci sarà da pagare l’acconto di imposta sul 2022 in base al fatturato dell’anno precedente. Sta per esplodere una bomba sociale”.
Gli fa eco Matteo Pezzino, imprenditore palermitano, presidente degli edili siciliani di Confartigianato e del- l’associazione anti-usura Sos Imprese: “La situazione è drammatica, alcune imprese hanno già chiuso, molte altre stanno per farlo. Siamo ostaggi e non riusciamo a liberarci: le banche non danno risposte, anche su pratiche caricate da mesi. Non comprendiamo come il governo sia sordo e incapace di constatare una simile situazione. Gli imprenditori chiedono cosa devono fare per non cadere in mano agli strozzini, che sono pronti a proporre prestiti a tassi apparentemente simili a quelli delle banche pur di penetrare in azienda e prenderne poi il controllo”.
Lo Stato che oggi strangola l’edilizia per le truffe non ha organizzato per tempo i controlli. Pierluigi Fusco, imprenditore che con Geim Spa opera tra Caserta e Roma, spiega che i bonus erano “una sorta di moneta elettronica fiscale che faceva girare il settore. Poi i decreti hanno strozzato multi-cedibilità e multi-frazionabilità dei crediti. Sino a novembre 2021 Poste e Cdp li trattavano a pieno regime, ma da quando il governo è intervenuto le partecipate pubbliche hanno chiuso il rubinetto. Allora a gennaio le imprese si sono messe in fila alle banche, che hanno favorito solo i clienti più grossi e storici a danno degli altri. Adesso anche le banche hanno esaurito i budget. Il governo doveva concedere un regime transitorio prima di varare nuove regole sui cantieri già iniziati. Ci sono aziende che hanno raddoppiato i capannoni e assunto decine di persone per sostenere la crescita della domanda del settore e oggi rischiano di saltare. Gli imprenditori onesti che hanno investito credendo nello Stato sono spazzati via, i veri truffatori sono già fuggiti”. I crediti fiscali si sono trasformati nei soldi del Monopoli, ma il loro falò brucia aziende e persone vere.
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