domenica 24 aprile 2022

Mosca vuole il Donbass: l’Occidente vuole trattare?

Qualcosa sta cambiando: l’anticipazione giornaliera del New York Times di ieri, per la prima volta in due mesi, non apre con la guerra in Ucraina, ma con un consiglio dietetico: concentrare l’abbuffata in poche ore della giornata non porta alcun beneficio.


(DI FABIO MINI – Il Fatto Quotidiano)

E le foto dei missili dei giorni precedenti sono sostituite da quella di una normale colazione americana: uova, pancetta fritta, salsicce, pancakes, tramezzini, toast e panini imbottiti, plumcakes, frutta, fiocchi d’avena, il tutto annaffiato da latte, caffè e succo d’arancia.

In effetti una dieta simile fa più vittime dei missili russi e allora è giusto spostare l’attenzione su qualcosa che riguarda tutta l’America e non solo. In realtà ciò che sta cambiando in Ucraina riguarda soltanto le presunzioni e le ipotesi propinate a badilate al popolo occidentale prima, durante e dopo i pasti. La cartina con le freccine che il ministero della Difesa britannico diffonde tramite la Bbc, aggiornata al 21 aprile, mostra le forze russe dislocate in un’ampia fascia dalla periferia est di Kharkiv (che continua ad essere bombardata sia dai russi che dagli Ucraini filorussi) fino al Donbass e alla fascia costiera sul Mare d’Azov e il Mar Nero fino al limite orientale di Odessa.

Le freccette rosse indicano le direzioni di attacco russe, prevalentemente di accerchiamento di non rappresentate forze ucraine. Una freccetta blu mostra un attacco ucraino a nord di Kherson. Altre aree a nord est di Kiev, indicate nei giorni precedenti come zone dei contrattacchi ucraini contro ipotetiche forze russe (che in realtà non c’erano più) ora vengono descritte come “tenute o riprese dall’Ucraina”.

Le operazioni russe di attacco aereo su infrastrutture militari nell’intero territorio ucraino proseguono. E le forze ucraine, grazie agli aiuti occidentali, si stanno ricostituendo e rafforzando. Molti soldati e miliziani si stanno addestrando sotto la guida di istruttori americani, britannici e polacchi in Ucraina, in Polonia e altri paesi. Sono arrivati anche aerei da combattimento e sistemi anti-missili e dai centri di comando e controllo della Nato e dai satelliti americani arrivano immagini, informazioni e dati per gli obiettivi da battere. La città di Mariupol (per quel che ne resta) è controllata dai russi che comunque stanno rastrellando casa per casa.

Le forze miliziane e “volontarie” ancora intrappolate nell’area dell’acciaieria non devono combattere più. Putin ha ordinato di non finirle con il fuoco. Atto di magnanimità? No: l’acciaieria è più importante dei miliziani e questi non sono così resistenti come l’acciaio. Si potranno salvare solo con una operazione militare che l’Ucraina al momento non è in grado di condurre o con un blitz anglo-americano sotto falsa bandiera, con un riscatto, con un corridoio “umanitario” fatto solo per loro al quale dovrebbe corrispondere una concessione molto amara da parte di chi lo volesse attuare o proteggere (come qualcuno della Nato vorrebbe si facesse).

La possibilità che s’immolino è remota ed è ugualmente improbabile che loro stessi facciano saltare le strutture, tentando una sortita. Senza la copertura dell’acciaieria la loro fine sarebbe accelerata. Altrettanto improbabile e comunque inutile sarebbero la resa per fame o lo scambio di prigionieri.

La direttiva russa è chiara: i nazisti ucraini e stranieri non vanno fatti prigionieri, come loro non ne hanno fatti tra i soldati russi e i civili tenuti in ostaggio. Per ignorare tale ordine o modificarlo è necessario che le migliaia di uomini asserragliati “valgano” qualcosa di più, molto di più delle loro vite. E chi li vorrebbe liberi dovrà concederlo o rischiare il peggio con un intervento diretto. L’Ucraina e chi la sostiene con la guerra come Stati Uniti, Gran Bretagna, Nato e Unione europea devono stabilire quanto per esse valgano gli “eroi e martiri” di Mariupol, ma devono anche stabilire quanto valgano Odessa, Dnipro, Leopoli e la stessa Kiev.

Queste, come altre, sono città “miracolate”, finora toccate solo marginalmente dagli attacchi russi e, come altre, hanno già iniziato le prime ricostruzioni e accolgono il rientro dei profughi. Ma la minaccia aerea e missilistica su quei centri non è scomparsa, e il fatto che nella sua dimensione strategica non sia neppure apparsa non significa che non esista. Questa fase di consolidamento della penetrazione russa potrebbe preludere a una riapertura dei negoziati che possano stabilizzare tutta l’Ucraina. Ma non sembra che questa sia l’intenzione dei governi occidentali, compreso il nostro. Lo spiraglio di dialogo intravisto un paio di settimane fa è scomparso con l’impegno americano e di quasi tutti i paesi della Nato a fornire armi all’Ucraina non tanto per difenderla quanto per fare di essa la propaggine più avanzata della minaccia alla Russia.

Questo è ciò che sanno i russi e la loro uscita dall’Ucraina senza garanzie concrete di sicurezza può soltanto significare l’espansione a est della Nato e l’insediamento militare americano ai confini con la Russia. Praticamente ciò che i russi da trent’anni non accettano perché motivo di destabilizzazione continentale e quindi di conflitto intercontinentale. Il controllo russo dei territori acquisiti è esattamente quanto si prefiggeva Mosca fin dall’inizio dell’operazione “speciale”, e che ora si potrebbe anche dichiarare conclusa.

Infatti, come sin dall’inizio si poteva evincere dalle forze messe in campo e dai metodi operativi, essa non doveva né riguardare l’occupazione di tutta l’Ucraina, né durare in eterno. Doveva invece ribadire l’esigenza di una ridefinizione con la Nato e gli Stati Uniti del quadro di sicurezza in Europa e la volontà russa di perseguirla anche con l’uso della forza. Doveva essere un quadro dal quale scomparissero le ambiguità, la psicosi collettiva della reciproca minaccia, le provocazioni e le velleità di alcuni paesi senza scrupoli.

Evidentemente non è questa la conclusione che si prefiggevano gli Stati Uniti e relativi alleati e clienti. Ciò che sembra oggi più probabile è che all’eventuale “missione speciale” compiuta dai russi corrispondano soltanto misure concrete per passare alla guerra: lunga e totale. Una guerra che soddisfi la bulimia bellica dei nostri governanti ma il cui esito, trattandosi di potenti forze contrapposte, non è per nulla scontato salvo il fatto che comunque la distruzione dell’Ucraina e dell’Europa è assicurata. La dieta bulimica, come osserva il New York Times, non fa bene.

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