la Stampa)La guerra è un continente misterioso. Aperto alle svolte e alle sorprese, i fatti gli passano sopra, di minuto in minuto entusiasmi, equivoci, feroci e la ispirano e la commuovono, e lasciano stratificazioni e sedimenti pari a quelli che segnano i grandi fiumi nel corso del tempo e ne deviano progressivamente il corso.
(la Stampa Domenico Quirico )
Ogni suo giorno è complesso, pieno di molteplici sensi, ogni parola del suo linguaggio è intriso di bugie o di fulminanti dichiarazioni di sincerità.
Al di sotto della sua superficie si muovono realtà più nascoste oscure e misteriose che sembrano fuori dalla storia, invisibili nella loro gigantesca passività, all’occhio minuzioso che cerca, armato di un metodo e della lezione dei casi precedenti, di darle una logica. Ebbene: da ieri tutto è più chiaro, la guerra si è resa visibile, si è fatta palese nella meta finale.
Gli americani infatti hanno chiarito qual è il loro scopo, a cosa muovono le attuali e prossime mosse. Washington ritiene che la presenza di Putin e della sua Russia, dopo l’invasione all’Ucraina, sia incompatibile con un minimo di giusto ordine internazionale: da autocrate che gioca a fare lo zar e con cui si poteva convivere nonostante il cattivo odore di galere, repressione e imperialismo spicciolo, è ora il pericolo pubblico numero uno per il mondo, fino al punto di compiere il gesto “genocida” nei confronti delle sue ultime vittime, gli ucraini.
Lo scopo della guerra dunque ora è annientare le sue possibilità, presenti e future, di nuocere al mondo, di schiacciare i suoi vicini geografici, di usare la forza per imporre la sua versione brutale della storia e innalzare la zoologia di Darwin a religione. Biden ieri l’ha finanziata con altri 33 miliardi di aiuti di cui ben venti in armi a Kiev.
Con un diavolo così implacabile, bugiardo e manipolatore, applicando una logica dell’esorcista che è difficile contrastare se non con argomenti illogici, fideistici, l’unica via possibile è tagliare la testa con il veleno, non concedergli mai più un’altra occasione. Non ci devono essere altre Ucraine dicono gli americani, perché se si tratta con lui una via di uscita ci riproverà. È la guerra totale e esplicita che hanno sempre chiesto all’occidente, quasi ossessivamente, gli ucraini i baltici i polacchi.
Ora che è stata messa sul tavolo dagli americani, senza cui non esiste nessun aiuto vero alla Ucraina, sappiamo a cosa dobbiamo dire sì. A meno che non l’abbiamo già detto, il sì. Non al gas più o meno, alla sanzione più o meno, all’isolamento più o meno e alle chiacchiere più o meno. La guerra riparte dalla convocazione degli alleati a Ramstein, capitale militare americana d’Europa.
Come al tempo della analoga grande coalizione che venne riunita per la prima guerra del Golfo da Bush padre, con chiarezza si chiede di scegliere: con noi, Stati Uniti, fino in fondo o seduti vicino al telefono aspettando che il Tiranno risponda. I leader e gli intellettuali europei (e italiani soprattutto) descrivono ogni giorno, con cura e metodo, l’efferatezza e la mostruosità di Putin, la proclamano e poi si fermano, non tirano le conseguenze. Anzi, si salvano l’anima pacifista eccetera eccetera e cominciano a evocare negoziati, le vie della trattativa “da non dimenticare mai”, citano Francesco e Agostino, Kant e John Lennon, stigmatizzano la lentezza di “indispensabili” tregue e cessate il fuoco. Ma firmate con chi? Si evita sempre il nome dell’interlocutore a cui tender la mano.
Non osano pronunciare il nome di Putin perché con le premesse questa conclusione è incompatibile. Si viaggia su vaghezze metafisiche come se Vladimir a un certo punto, a furia di esorcismi a base di gas non pagato e armi difensive, potesse smaterializzarsi come un incubo; e dall’altra parte del telefono o del tavolo comparisse, miracolo! un russo buono, un russo pacifista, meglio se pentito e pronto a raccogliere i cocci, pagare i danni e non farlo più.
In fondo fino a ieri la guerra ucraina appariva indecifrabile: gli scopi di Putin che vagavano da un minimo indicato in un pezzo di Donbass al dominio del mondo che molti gli attribuiscono; la resistenza ucraina così sorprendente da apparire, dopo l’emozionante stupefazione iniziale, assai più organizzata e accuratamente potenziata nel corso degli anni e non ottocentesco impeto di popolo sferzato da una invasione così infame da sembrare un fratricidio; l’attendismo tortuoso dei cinesi anche loro, forse, alla ricerca di una occasione o un pretesto per imitare Putin nel Mar Cinese.
E la unità degli europei descritta volenterosamente come il raggiunto azimut della solidarietà politica del continente ma, ahi noi!, così simile alla vecchia furbizia volpina del guadagnar tempo, sperando che una occasione che salvi la faccia del no all’autocrate goloso e i buoni affari da cui dipende come sempre tutto il nostro Tutto. Non risulta che nessuno dei quaranta di Ramstein si sia opposto alla indicazione americana degli scopi di guerra.
Salvo poi, una volta tornato a casa, soprattutto ad uso interno, riprendere la tiritera del “non è cambiato nulla”, fingendo ingenua sorpresa a chi chiede di spiegare cosa vuol dire dal punto di vista militare: eliminare la possibilità di nuocere dell’esercito russo. Come se bastasse all’opera complessa e definitiva mescolare la vecchia ricetta dei toni duri e delle sanzioni per far tornare la ragione al diavolo dell’est. Ecco alcune domande a cui gli americani, immagino, hanno certamente risposto.
Poiché la distruzione della capacità militare russa è al di fuori delle possibilità operative dell’esercito ucraino anche armato di nuove meraviglie per la differenza incolmabile di peso specifico tra le due armate, senza tener conto delle armi atomiche, alla opera di distruzione devono provvedere gli americani e la loro Coalizione. Sul modello di quanto è accaduto nel primo Iraq.
Con la superiorità netta nell’aviazione, il controllo del cielo, bombardamenti a tappeto sull’esercito russo e sulle sue basi fino a ridurlo ai minimi termini operativi. Ma la Russia non è l’Iraq di Saddam. È stata prevista la possibilità che Putin ricorra, come ha già annunciato, per difendersi all’arma nucleare? O forse gli americani hanno tranquillizzato tutti svelando che hanno modo di azzerare il suo micidiale arsenale prima ancora che venga utilizzato?
Ancora: è stata indicato agli alleati che, oltre alle forniture militari, potrebbero essere richiesti anche contingenti di truppe necessari per dare la caccia al criminale oltre cortina prima che allestisca un fortilizio asiatico insieme al suo complice mellifluo di Pechino? Inutili farsi illusioni. Con la prossima onda si può esser trascinati in mare.. Forse non c’è altra via. Ma bisogna dirlo. E questo non è balordo putinismo, vocazione capitolarda e neppure paura: solo consapevole accettazione della responsabilità della giustizia. Che non è compatibile con ipocrisia e sotterfugio.
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