Ripassino breve breve di storia recente, che nei momenti difficili può sempre venire utile.
A. Gilioli
Tra la fine del 1994 e l'inizio del 1995 Forza Italia e Lega Nord, che erano insieme al governo, litigano di brutto.
L'esecutivo cade.
Bossi dà a Berlusconi del mafioso, un po' come ieri Nicola Morra con Salvini.
Il Cavaliere urla al golpe, invoca la piazza e scatena le sue tivù, dove manda a urlare i vari Vittorio Sgarbi e Giuliano Ferrara - senza dire di Emilio Fede.
Nasce la parola “ribaltone”. Forza e Italia e Fini indicano nel presidente Scalfaro il mandante della trama, con una violenta campagna di delegittimazione del Quirinale.
Su Repubblica, Eugenio Scalfari parla di un «un' irresponsabile crisi istituzionale che può portare questo Paese alla catastrofe».
Il suo editoriale si intitola «Stiamo ballando sull'orlo del vulcano».
Invece va tutto bene.
Nel senso che nasce un altro governo con un'altra maggioranza, che porta la legislatura più in là di un altro anno e mezzo.
Durante il quale il Pds - che era uscito a pezzi dal voto del 1994 – a poco a poco si riprende, in qualche modo.
Ci si inventa una cosa nuova, l'Ulivo.
E anche un nuovo leader, Romano Prodi.
Che nel '96 sconfigge Forza Italia e soci alle urne.
Il fenomeno Berlusconi sembra sgonfiato, qualcuno ne prevede un rapido tramonto.
Ma non è così: tra il 1996 e il 1998, il governo Prodi si incaglia in mille litigi, in assenza di una visione comune di Paese.
Il centrosinistra perde un pezzo allora importante - Rifondazione - e D'Alema entra a Palazzo Chigi con un po' di fuoriusciti della destra, regista Cossiga.
I consensi per l'ex Ulivo vanno rapidamente a picco (perde pure la roccaforte di Bologna!), D'Alema, si dimette, e arriva Giuliano Amato, ex notabile di quel Psi appena sotterrato da Tangentopoli, già detestatissimo per la “rapina in banca” notturna del 1992: un po' come se adesso mandassero a Palazzo Chigi la Fornero.
Il centrosinistra arriva alla fine della legislatura 1996-2001 impresentabile e con un candidato premier per meriti estetico-televisivi ma destinato a perdere bene, Francesco Rutelli.
Alle elezioni del 2001 Berlusconi trionfa di nuovo.
Le differenze tra oggi e allora sono molte, s'intende: banalmente, il Cavaliere aveva le tivù, perfino più pervasive della Bestia di Salvini. E ci sono tante altre diversità, è ovvio.
Però la storia insegna qualcosa.
Primo: quello che è accaduto tra la fine del 1994 e le elezioni del 1996 dimostra che anche il più demagogico e potente dei leader inneggiati dalla piazza (e Berlusconi lo era più di quanto lo sia oggi Salvini) può essere sgonfiato e poi sconfitto alle urne.
Ci vuole un po' di tempo, ma si può fare.
Berlusconi agitava le acque e brandiva sondaggi, Prodi cercava invece di calmare il Paese e di proporre un Paese più normale.
Vinse il secondo, alle urne, nel 1996.
Secondo: se alla resipiscenza di buon senso e buona strategia si fa però seguire un suicidio politico, si torna al punto di prima, anzi peggio.
Dal 1998 in poi l'opposizione a Berlusconi si suicidò per la mancata condivisione di un progetto di Paese (tra Pds e Rifondazione), per ambizioni personali (D'Alema, ma non solo), per scelte sbagliate (bombe sulla Jugoslavia, poi Amato a Palazzo Chigi, infine Rutelli candidato), insomma un disastro che riportò Berlusconi al trionfo, nel 2001.
Anche perché nel frattempo - svaniti gli insulti - Bossi e Berlusconi erano tornati amorevolmente insieme, come un domani possono fare anche la Lega attuale e il M5S.
Sgonfiare Salvini quindi si può, così come altrettanto facilmente può essere rigonfiato.
I miei più autentici e speranzosi auguri - e i più miei severi “mi raccomando” - a chi da oggi ci proverà.
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