di Alessandro Di Marzio - 25 luglio 2015
La decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di pochi giorni fa, che ha condannato l’Italia a risarcire tre coppie omosessuali alle quali era stata negata la possibilità di sposarsi, è stata accolta in Italia dal giubilo dalla sinistra intera. Prima fra tutti l’immancabile ragazza immagine di Palazzo Chigi, Maria Elena Boschi, che ha auspicato una legge a riguardo entro l’anno, seguita a ruota da Scalfarotto -quello del ddl omonimo sull’omofobia-, Boldrini e tanti altri, dal PD a SeL, in una pioggia di dichiarazioni trionfanti. Stessa analoga reazione euforica per la sentenza della nostrana Corte di Cassazione, solo di un paio di giorni precedente, che per la prima volta ha autorizzato il cambio anagrafico di sesso anche in assenza di intervento chirurgico. Se guardiamo alla cronaca della settimana scorsa spunta poi fuori anche un nuovo progetto di legge firmato Della Vedova, attualmente in cantiere, che mira alla legalizzazione della cannabis. Gioia, gaudio e tripudio anche per esso ovviamente.
Sono questi gli ultimi tasselli di un processo iniziato dalla sinistra tempo fa, e portato a compimento e coronamento con l’avvento di Renzi, ossia quel progressivo abbandono delle battaglie per i diritti sociali, in favore di una sempre più strenua lotta in favore dei soli diritti civili. Oggi la sinistra non sembra infatti più interessata a combattere per eliminare le diseguaglianze sociali determinate da una sempre più iniqua distribuzione della ricchezza, cercando di ridurre così quel tanto rinomato conflitto tra capitale e lavoro di marxiana memoria, bensì preferisce dedicarsi ai temi che abbiamo visto essere in questi giorni agli onori della cronaca.
I diritti dei lavoratori in questo quadro sono messi in secondo piano da una presunta sinistra che smantella l’articolo 18 e precarizza l’intero mercato del lavoro, mentre si dibatte con tutte le sue forze per portare avanti i diritti di fumatori di marijuana, trans e gay; una sinistra così miope da non riuscire nemmeno a intuire che l’elemento che riconduce a unità gli appartenenti a queste differenti categorie è proprio il fatto di essere essi, tutti, lavoratori, e dunque la necessità che costoro vengano tutelati anzitutto come tali, e in un secondo momento, poi, come omosessuali, fumatori, trans o altro. Senza un’adeguata tutela sociale i gay, come gli etero d’altra parte, non potranno raggiungere un’indipendenza economica per potersi sposare e andare a vivere da soli; senza un’adeguata tutela sociale la cannabis si può anche legalizzare, ma poi chi la comprerà senza soldi in tasca? Dei diritti civili senza adeguate basi sociali sono niente più che un castello di carte, una casa senza fondamenta, destinata a crollare; e attualmente stiamo assistendo proprio a questo: una progressiva erosione delle garanzie sociali a fronte di un sempre maggior fervore sui temi civili.
Le moine attorno a questi temi appaiono come un furbo espediente per dirottare l’attenzione delle masse, per gettare fumo negli occhi ai cittadini, distraendoli con dibattiti che, in un paese cattolico e puritano come il nostro, non mancano mai di infuocare l’opinione pubblica: nozze gay sì, nozze gay no? Marijuana sì, marijuana no? Nel frattempo le assurdità della riforma del lavoro (o jobs act che dir si voglia) passano sotto silenzio, e il dibattito su di esse viene relegato a qualche polveroso e asservito programma televisivo. Il più classico degli specchietti per le allodole. Un po’come il vecchio panem et circenses dei latini, in cui i circenses sono rappresentati dagli isterici dibattiti su droga, gay, trans e chi più ne ha più ne metta, e il panem non c’è proprio più. Finito, insieme ai diritti sociali. D’altra parte come potrebbe una sinistra così trendy e attenta al glamour come quella del premier Renzi continuare a occuparsi dei diritti di antiquati e burberi operai, sporchi di grasso e sudore, così terribilmente fuori moda nelle loro vecchie, logore tute blu? Meglio le variopinte bandiere arcobaleno degli omosessuali. Facciamoli sposare, sì, perché no. Se senza una lira però, che ce ne importa.
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