martedì 17 gennaio 2017

Si adotti un modello di economia umana al servizio di tutti e non dell'1%.



OXFAMNon la crisi migratoria, non la crisi finanziaria del mondo occidentale, è questa la vera crisi dei nostri giorni. Una disuguaglianza di ricchezza e di reddito sempre più estrema a livello globale, tanto da dover essere ormai considerata un effetto patologico piuttosto che fisiologico del sistema economico.
Perché con questi livelli di disuguaglianza, con l'1% del pianeta che ormai è più ricco del restante 99% (e in Italia: con l'1% che possiede il 25% della ricchezza nazionale netta), la crescita economica non riesce più a raggiungere e beneficiare, come invece è stato in passato, fasce sempre più ampie di popolazione.
Ceti e segmenti sociali ormai pienamente coscienti di questo stato di cose, e sempre più orientati a esprimere il proprio malcontento: in Italia (dati Oxfam-Demopolis) il 67% dei cittadini è contro le disuguaglianze in materia di accesso e qualità dei servizi educativi e sanitari. In Usa il malcontento della classe media, vittima della delocalizzazione dei propri posti di lavoro, è uno dei fattori che ha contribuito al successo di Donald Trump. La stessa Brexit, nel Regno Unito, è stata sostenuta da molti elettori che hanno visto nell'uscita dall'Unione Europea una possibilità per il governo inglese di tornare a pensare al benessere dei propri cittadini.

Di fronte alla crisi del sistema economico globale, che questi dati sulla disuguaglianza ci raccontano, le risposte efficaci non sono quelle parziali, isolazioniste, nazionali. Certo, occorre che ciascun governo faccia la propria parte - innanzitutto nel prendere coscienza che questa crisi non è ineluttabile. E successivamente nel riprendere in mano le redini dell'economia, nazionale e globale.
Perché di fronte a una disuguaglianza che mina la stabilità, la sicurezza delle nostre società, è necessario che i governi cooperino nel definire nuove regole del gioco. È questo che chiediamo ai leader del mondo, anche al governo Gentiloni e alle principali forze politiche, che presto saranno chiamate a confrontarsi in campagna elettorale sulle proprie proposte per il governo del nostro paese.
Si deve adottare un modello di "economia umana" che lavori a servizio del 99% - e in ultima analisi, del 100% degli abitanti del pianeta. Una economia che si fondi su accordi di cooperazione globale per la messa al bando dei paradisi fiscali e la lotta senza quartiere all'elusione fiscale, che sancisca il ritorno a sistemi di contribuzione fiscale più progressivi, che elevi - in ogni paese del mondo - gli standard di sicurezza e retribuzione per i lavoratori, in modo che abbiano accesso non solo a salari minimi, ma a salari dignitosi. Per tutti e per tutte, mettendo fine a un odioso gender pay gap.
Non si tratta di scelte utopistiche, ma di misure attuabili, da subito, cambiando semplicemente le lenti con cui guardiamo il mondo. Smettendo di considerare il PIL come una misura del benessere dei cittadini, e smettendo di dare per scontate le risorse ambientali limitate del nostro pianeta, su cui il modello economico attuale si fonda in modo insostenibile.
Davos si apre oggi, all'insegna del tema Leadership Responsabile. A volte la responsabilità si manifesta nell'avere il coraggio necessario di cambiare le cose, quando non funzionano per la gran parte delle persone. Questo ci aspettiamo dai leader economici e politici di tutto il mondo: proprio per liberare il grande potenziale che tutti gli uomini e tutte le donne del pianeta hanno nelle loro mani.
Oxfam è un movimento globale di persone che vogliono porre fine all'ingiustizia della povertà. Insieme, salviamo e ricostruiamo le vite nelle emergenze e denunciamo le cause di questa ingiustizia: disuguaglianza, discriminazione contro le donne e cambiamento climatico. Non ci fermeremo finché tutti non saremo liberi dalla povertà.

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