Due approfonditi lavori, il primo di Michele Boato, Dalla parte dei consumatori, edito dalla Fondazione Istituto Consumatori e Utenti, il secondo di Francesca Forno e Paolo R. Graziano, Il consumo critico, edito da il Mulino nella sua più diffusa collana, Farsi un’idea, si compendiano e ricostruiscono un quadro esauriente dell’evoluzione e delle problematiche del movimento consumerista nel nostro paese.
comune-info.net Paolo Cacciari* Le associazioni che si prefiggono il compito di tutelare i consumatori nascono in ritardo rispetto alle corrispettive statunitense e nordeuropee, nonostante le molte frodi alimentari denunciate fin dal secondo dopoguerra da inchieste giornalistiche e da qualche pretore “d’assalto”. Da noi i movimenti dei consumatori sono minati dai soffocanti collateralismi con i grandi sindacati, dalle strumentalizzazioni dei partiti e dagli interessi delle centrali cooperative. Sarà solo la indovinata trasmissione Di tasca Nostra di Tito Cortese, nel 1978, ad accendere una attenzione di massa sulla scarsa qualità dei prodotti immessi sul mercato dalla cornucopia industriale. I test chimici (in cui incapparono anche noti surgelati), la analisi delle etichette (comprese quelle farmaceutiche), lo smascheramento delle pubblicità non veritiere fecero scalpore tanto che la trasmissione avrà una vita travagliata e breve. Ma la strada era stata aperta e si creano molte organizzazioni di tutela che si specializzano nei vari campi commerciali (servizi pubblici, assicurazioni ecc.) che, per lo più, intervengono per via legale.Devono però passare ancora degli anni per assistere alla comparsa di un movimento collettivo che si prefigge di influenzare il sistema produttivo ed economico nel suo complesso. La nascita del consumo critico in Italia potremmo datarla 1990 con la pubblicazione della Lettera ad un consumatore del Nord, a cura del Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Pisa, con prefazione di Alexander Langer scritta dal parlamento europeo e di Alex Zanotelli dagli slum di Korogocho. Poi sono seguite molte guide, manuali e raccolte di buone pratiche.
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Gli strumenti a disposizione del movimento del consumo critico sono di due tipi: le campagne di boicottaggio
dei marchi che fanno capo a multinazionali che non rispettano la
dignità dei lavoratori o dell’ambiente (storiche quelle contro la Dal
Monte, la Nestlè, la Nike e quella denominata Abiti puliti, ancora in
corso in diciassette paesi europei, contro le delocalizzazioni nel
tessile e nel calzaturiero) e il “buycottaggio” (da to buy,
acquistare), ovvero indirizzare le preferenze dei consumatori verso
merci che garantiscono clausole sociali favorevoli ai produttori.
Nascono così i circuiti del commercio equo e solidale (le botteghe del mondo, i marchi fair trade ecc.), i Gruppi di acquisto solidali, i mercati a “chilometro zero”, le giornate del baratto e del “Buy Nothing”. Pratiche che si identificano sempre di più nel più vasto movimento dell’economia eco-solidale.
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