contropiano
Nel paese in cui l’effetto annuncio ha avuto talvolta fortune esagerate
sul piano elettorale (vi ricordate Berlusconi sull’abolizione
dell’ICI?), questa volta l’operazione non sembra funzionare. Un
impietoso articolo uscito su un giornale piuttosto collaterale al
governo (La Stampa), analizza come i disperati tentativi di Renzi di
recuperare consensi al Si nel referendum attraverso promesse ripetute e
mirabolanti, non abbia inciso sugli orientamenti dell’opinione
pubblica.
E’ quasi inevitabile andare con il pensiero ai comizi dell’on. Cetto La
Qualunque e alle sue improbabili promesse elettorali. Ma la situazione
invece è seria e segnala come il disincanto della società stia creando
una sorta di “impermeabilizzazione” rispetto alla strumentazione
classica della “politica”. Una novità per molti aspetti confortante, per
altri aspetti da studiare attentamente per verificare, al contrario,
come tale presa di distanze possa risultare invece fragile verso
messaggi più reazionari e immediati come le campagne della destra contro
gli immigrati, i campi rom etc.
Il fatto che il promessificio non sia più credibile, priva i demagoghi
dell’establishment di molte armi, ma non neutralizza automaticamente
quel “sovversivismo delle classi dominanti” oggi sollecitato alla grande
da esperienze come statunitensi e ispirato neanche troppo velatamente
dalla Germania e dall'Unione Europea.
Nella disperata battaglia di Renzi per far salire la sua quota di
consensi, appare decisamente interessante verificare l’inefficacia del
suo modello di imbonitore. Lasciamo parlare l’articolo de La Stampa:
“Più Renzi spingeva l’acceleratore di provvedimenti gratificanti per
milioni di cittadini e più i sondaggi restavano fermi. Le pensioni e le
quattordicesime a più di due milioni di pensionati? L’'effetto sui
sondaggi non è stato apprezzabile. La riduzione dei balzelli di
Equitalia? L’effetto sui sondaggi, se c’è stato, non ha avuto un effetto
evidente. La riduzione del canone Rai per milioni di italiani? I bonus?
Lo spostamento del dibattito referendario dal plebiscito al merito? Gli
effetti, se ci sono stati, non risultano quantificabili” scrive Fabio
Martini nel suo articolo.
Insomma una debacle su tutto il fronte del promettibile. Viene da
chiedersi come mai Renzi non sia ritenuto credibile su questioni di pancia
che pure declinate da altri (dal M5S alla Lega) hanno avuto consensi.
Per un verso pesa sicuramente il personaggio e l’immagine che si è
costruito. La gente comune non è fatta di scienziati politici ma da
persone abituate a fare i conti con la realtà, e quindi spesso capisce
subito chi gli sta rifilando una fregatura da chi gli propone un
prodotto attendibile. Certo ci sono anche quelli che girano per i
caseggiati a rifilare agli anziani contratti-fregatura per luce, gas,
telefoni o servizi vari in nome del mercato libero. Ma il tam tam ha
creato ormai reti di salvaguardia informali che li respingono alla
porta, più o meno bruscamente.
In secondo luogo, una volta funzionava anche l’effetto psicologico del
prestigio internazionale o del sostegno di Vip, artisti e personalità
famose. Ma nel caso di Renzi neanche questa carta (uscita stracciata
dalle elezioni statunitensi) sembra funzionare. Il ricevimento e il
sostegno ricevuto da Obama? Niente. L’endorsment di Benigni? Niente. Il
sostegno al Si della Confindustria e delle banche? La Brexit insegna che
è statoun boomerang. Le minacce del governo tedesco contro i rischi
della vittoria del NO? Peggio ancora. Se vince il NO si alza lo spread
(gioia e delizia degli anni scorsi)? Pazienza, abbiamo imparato a
convivere con il terremoto, conviveremo anche con lo spread. Almeno fino
a quando non ripudieremo definitivamente il ricatto del debito pubblico
in mano a banche, assicurazioni e fondi di investimento che si sono
arricchiti con il massacro sociale delle popolazioni.
L’ultima carta che Renzi sta giocando è la più disperata e pericolosa.
Nel paese che era il più europeista d’Europa, dove ogni porcheria è
stata fatta e va attuata perché “ce lo chiede l’Europa”, Renzi si è
buttato sull’antieuropeismo perché da tempo il senso comune della gente
ha compreso che nel rapporto tra costi e benefici, l’Unione Europea e
l’euro ci sono costati molto di più dei vantaggi che hanno portato.
“Impegnato nella battaglia della vita, quella del referendum
costituzionale voluto dal governo. Dopo due anni e mezzo di ottimismo a
getto quotidiano, il presidente del Consiglio ha deciso di riconvertire
almeno una parte del suo messaggio positivo in chiave rivendicativa.
Antagonista. Contro un nemico: l’Europa egoista e burocratica”
sottolinea La Stampa.
Difficile pensare che Renzi si voglia aggregare alla campagna della
Piattaforma Sociale Eurostop. Piuttosto sta scherzando con il fuoco. A
Bruxelles, si sa che sono molto permalosi. Il povero Berlusconi è stato
tolto di mezzo e sostituito da Monti senza neanche passare per le urne.
Come Renzi del resto. Forse stanno pensando già ad una carta di
ricambio. Magari meno incline alla “fuffa” e più incline al dispotismo
tecnocratico ispirato dall’ordoliberismo tedesco che conforma ritmi,
priorità, strutture e ideologia dell’Unione Europea.
********
Qui sotto riproduciamo l’articolo di Fabio Martini su La Stampa del 17/11/2016
L’Europa «cattiva», tra tante rughe, ha mostrato il suo volto
buono: ha inaspettatamente promosso le spese eccezionali per terremoto e
migranti. Ma il presidente del Consiglio ha continuato a tenere il
punto. Come se non fosse accaduto. Perché da due giorni Bruxelles è
stata «promossa» a nemico stabile. Quanto durerà nessun lo sa, ma si
tratta di una novità nella politica europea dell’Italia e soprattutto è
una svolta nella strategia comunicativa di Matteo Renzi.
Impegnato nella battaglia della vita, quella del referendum
costituzionale voluto dal governo. Dopo due anni e mezzo di ottimismo a
getto quotidiano, il presidente del Consiglio ha deciso di riconvertire
almeno una parte del suo messaggio positivo in chiave rivendicativa.
Antagonista.
Contro un nemico: l’Europa egoista e burocratica. Certo, già lo
aveva fatto nel passato, con accenti di verità e con scossoni salutari,
vista la progressiva eclissi della dottrina dell’austerità. Ma stavolta
il duello con Bruxelles è diverso perchè nelle settimane scorse si è
silenziosamente consumato quello a palazzo Chigi qualcuno ha
ribattezzato “l’ottobre nero”. Matteo Renzi vive di adrenalina e non usa
espressioni così pessimistiche, eppure ha assistito con un crescendo di
«sorpresa» ad un fenomeno dai tratti quasi misteriosi, che si è
stratificato nelle ultime settimane. Più Renzi spingeva l’acceleratore
di provvedimenti gratificanti per milioni di cittadini e più i sondaggi
restavano fermi. Le pensioni e le quattordicesime a più di due milioni
di pensionati? L’'effetto sui sondaggi non è stato apprezzabile. La
riduzione dei balzelli di Equitalia? L’effetto sui sondaggi, se c’è
stato, non ha avuto un effetto evidente. La riduzione del canone Rai per
milioni di italiani? I bonus? Lo spostamento del dibattito referendario
dal plebiscito al merito? Gli effetti, se ci sono stati, non risultano
quantificabili. Per non parlare dell’ accoglienza regale tributata a
Renzi alla Casa Bianca. Un “ottobre nero” ma anche un novembre che a
metà mese non ha aperto spiragli: ieri sera, Renzi è stato aggiornato
sui sondaggi più attendibili e per il momento il buon vantaggio del No
(tra 4 e 8 punti, secondo gli istituti) resta invariato, anche se ancora
“scalabile”.
Dopo due mesi di campagna elettorale è come se l’emittente dei
messaggi si fosse opacizzata, è come se l’efficacia della narrazione
renziana e del suo artefice avessero perso mordente e credibilità. La
causa è una “overdose” da ottimismo esasperato? O una diffusa corrente
di «antipatia» verso Renzi, come ipotizzato da un amico come Oscar
Farinetti? In attesa di risposte concrete dalle urne del referendum, per
provare ad invertire la rotta, due giorni fa Renzi ha maturato la
decisione – covata per settimane – di convertire una parte dei messaggi
positivi in chiave rivendicativa. Contro un nemico: l’Europa egoista e
burocratica. E d’altra parte nella “narrazione” renziana i nemici hanno
sempre avuto un ruolo da protagonisti. Renzi ha usato per la prima volta
l’espressione «gufi» il 12 marzo 2014, quando era presidente del
Consiglio da appena 19 giorni, era saldissimo e nessuno lo insidiava.
Ora tocca di nuovo all’Europa incarnare il ruolo di capro espiatorio.
Il “numero” di due giorni fa sul (futuribile) veto al bilancio
comunitario dimostra che il presidente del Consiglio ne vuole fare un
cavallo di battaglia nel rush finale della campagna referendaria. Come
conferma la (non) reazione di Renzi alla decisione di ieri della
Commissione europea che ha promosso le spese eccezionali per terremoto e
migranti, compreso il via libera per le scuole tante volte evocate dal
capo del governo come prova della cattiva volontà degli euroburocrati.
Dunque, l’Europa “cattiva” ha mostrato il suo volto buono, ma Renzi non
ha “ringraziato”, lasciando a Padoan il compito di compiacersi
pubblicamente.
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sabato 19 novembre 2016
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