La Corte costituzionale ha sostanzialmente demolito la cosiddetta Riforma della Pubblica Amministrazione voluta dalla Ministra Marianna Madia dichiarando l'incostituzionalità di diversi articoli della legge delega tra cui quelli relativi a dirigenza, società partecipate, servizi pubblici locali e pubblico impiego.
La censura della Consulta si fonda sulla lesione del principio di leale collaborazione tra stato ed enti locali.
Ciò, di fatto, demolisce anche i decreti attuativi in quanto risultano illegittimi i presupposti su cui si basano. Per queste ragioni il Governo è stato costretto a ritirare il decreto sui servizi pubblici locali.
Una marcia indietro richiesta dal movimento per l'acqua da subito con la grande mobilitazione messa in campo a partire dalla primavera scorsa che ha prodotto centinaia di iniziative e una straordinaria raccolta di firme in calce alla petizione popolare (230.000 firme consegnate al Parlamento a fine luglio).
Abbiamo sempre denunciato l'incostituzionalità di questo provvedimento che avrebbe prodotto un pericoloso vulnus democratico provando a cancellare l'esito del referendum 2011. Su questa base si era aperto un confronto con la Ministra Madia la quale più volte aveva dichiarato che il servizio idrico sarebbe stato stralciato dalla versione definitiva decreto. Ciò avrebbe costituito solo un primo passo indietro, seppur importante, nel tentativo del Governo di sovvertire l'esito referendario. Abbiamo, infatti, sempre ribadito che andavano eliminate tutte le norme che puntavano alla privatizzazione dei servizi locali, che vietano la gestione pubblica tramite aziende speciali, oltre a quelle che permangono e creano, comunque, una disparità tra le diverse forme di gestione con un evidente favore per quelle privatistiche.
Non possiamo che gioire di fronte alla capitolazione di una riforma dei servizi pubblici locali che, in ogni caso, si ispirava all'idea del mercato come unico regolatore sociale. Una capitolazione che deriva dal combinato disposto di una grande mobilitazione sociale e dall'intervento della Consulta.
La nostra battaglia proseguirà perchè siamo convinti della necessità di una inversione di rotta nel senso della piena attuazione degli esiti referendari e della promozione di un gestione pubblica e partecipativa dell’acqua svolta nell'interesse della comunità e che restituisca il giusto ruolo alle amministrazioni locali.
Siamo anche convinti che il dibattito nel nostro paese debba ripartire proprio da questi punti e ci adopereremo affinchè l'eventuale nuovo testo di decreto sia radicalmente riformulato e la legge sull'acqua in discussione al Senato, svuotata e stravolta nel suo impianto generale, sia approvata nella sua versione originaria a partire dal ripristino dell’articolo che disciplinava i processi di ripubblicizzazione.
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