venerdì 18 novembre 2016

Lo stadio della Roma? Un derby urbanistico a porte chiuse (alla città)

dinamopress -ollenotna48 
 Un po’ di interrogativi da tifosi della Roma, ma non da spettatori passivi. La finanza fa da territorio ma non gioca nemmeno in casa.
1. Intorno lo stadio della Roma, che della Roma non sarà, bensì proprietà del suo attuale presidente, si sta consumando una partita che, come accade alla squadra, quando gioca in casa all’Olimpico, non è seguita dal proprio pubblico. La partita dello stadio si gioca sempre in trasferta. Da un paio di turni ospiti nel campo della conferenza dei servizi. Ieri i “tre punti”, lo stadio, se li è andati a giocare in una trasferta di lusso, nella cattedrale prestigiosa, dove i campionati urbanistici si decidono: la sala audizioni delle commissioni della regione Lazio. Formazioni al gran completo con assicurata la presenza dei due assessori “bomber” Berdini per il Comune, Civita per la Regione. Come sono scese in campo le squadre?

2. La Roma (intesa come amministrazione comunale), che indossava la nuova maglia 5 stelle, ha scelto di giocare alta. Pressando, ha messo in atto la propria ottima conoscenza dei “fondamentali” a partire dal saper “tenere la palla”. Il PRG vigente prevede una cubatura su quell’area che è sufficiente a contenere lo stadio (anche così come è stato progettato) e i servizi annessi. Non c’è bisogno di aggiungere altro che con lo stadio non c’entra. Poi è iniziato un “torello” fatto di lanci precisi. Roma (intesa come città) ha certo bisogno di uno stadio per la sua squadra. L’area prescelta non è adatta. La città non può accollarsi, però, i costi di gestione di opere di cui non riconosce la pubblica utilità, in quanto si configurano come doppioni o impossibili. Che vantaggi economici porta lo stadio? e questa è stata davvero una “bordata” del bomber Berdini, “portano utili che non si sa in che tasche finiscono, non certo in quelle della città”.
3. La regione Lazio ha scelto di fare diga. Con un modulo alla Trapattoni vecchia maniera ha cercato di difendere il progetto così come era stato messo in campo dall’allenatore e lo staff precedente (Marino e il tattico Caudo) quando, ma era il campionato scorso, le hanno fatto indossare la maglia della pubblica utilità.
4. Come si è svolta la partita? La soprintendenza comunale, stando alle cronache, ha lanciato all’assessore Berdini un paio d’assist. Il primo rilevando la presenza sull’area di importanti reperti archeologici e (bontà sua) riconoscendo essercene anche uno moderno l’ippodromo, capolavoro dell’architettura degli anni 60 di quando gli architetti si chiamavano architetti e non archistar. Poi, mettendo il bomber comunale in condizione di segnare a porta vuota, dichiarando che tutto il pacchetto edilizio pallottiano impattava con il quadro ambientale. La squadra regionale, sul pressing berdiniano, ha iniziato a lanciare la palla in tribuna. Se giocate così, vuol dire, che volete asciugare il progetto, che non volete i tre grattacieli disegnati dall’archistar. E i conti che ha fatto la Sapienza, la sua ricerca? Allora, questa è stata una ripartenza “alla Spalletti”, bisognerà ricominciare e voi, squadra comunale, dovrete rifare il vostro girone di qualificazione e tornare, se ci riuscirete, con una nuova dichiarazione di pubblica utilità.
5. Fin qui la partita. Come sempre accade, la gara ha un seguito. Necessario perché questa partita non solo non viene giocata difronte ad un pubblico, ma viene giocata a prescindere del pubblico. Il campionato della rendita urbana ammette solo squadre appartenenti alla federazione che salvaguarda che siano gli interessi privati a prevalere su quelli pubblici. Che sia la società sportiva, intesa come società per azioni, a decidere l’abitare della società, intesa come insieme di donne e uomini che vivono la città. Che la società per azioni possa mettere giù, su qualsiasi area della città, i propri mattoni e che dica basta solo quando, facendo i conti, sarà soddisfatta di quanto potrà guadagnarci. Che possa ingaggiare una ricerca universitaria che, come fosse un' agenzia privata qualsiasi, squaderna numeri senza chiedersi, come avrebbe certo fatto la Minerva, di cui porta la maglia, se produrre soldi attraverso il moltiplicarsi di cubature può essere una strategia urbana capace di far crescere la città. Se quei numeri e quei grafici in realtà non siano i segni della partita di sempre. Rendita contro lavoro.
6. Noi, lo ammettiamo siamo tifosi e, come tutti, ci sentiamo un pochino commissari tecnici. Quindi al mister Paolo Berdini, che ha deciso di voler giocare questa partita, chiediamo, anche a gioco iniziato di provare a cambiare schema. Lo può fare. Esca fuori dall’area tecnica, si guardi alle spalle. Roma ha una panchina lunga, anzi lunghissima composta da donne e uomini che abitando la città, lottano per fermare la gestione privatistica del suolo urbano che vuole continuare a sottrarre, per sopravvivere, risorse urbane collettive. Questa è una partita che non ammette come risultato il pareggio.

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