Ritratto della storica attivista, 'evasa' dagli arresti domiciliari, per partecipare a un presidio in occasione del maxi processo per gli scontri in Valle di Susa dell'estate 2011.
Entrati a Bussoleno, paesone della bassa Val di Susa, si susseguono le bandiere del movimento. Sventolano su ogni balcone. Sui lampioni lungo le strade. Nicoletta Dosio ci aspetta qui. Non a casa, però, dove a quell’ora l’obbligo di dimora - disposto dal giudice di Torino - le imporrebbe di stare. Ci attende nel luogo che più la fa sentire a suo agio, nella taverna “militante” che gestisce con il suo compagno, Silvano. Su una delle pareti della saletta interna c’è un murale del Quarto Stato in versione No Tav. Ha 70 anni, Nicoletta. Ha insegnato greco antico per una vita, ora è in pensione. Quando arriviamo sta pulendo grossi funghi porcini. Sotto il grembiule da lavoro, l’immancabile maglietta del movimento. Ha capelli rossi, mossi, raccolti e un bel sorriso. «A quest’ora non potrei stare qui» ci accoglie con una battuta, «ma ho deciso di non rispettare la decisione del giudice che mi considera evidentemente una pericolosa criminale, visto che i fatti dell’indagine risalgono a più di un anno fa e l’ordinanza mi è stata notificata solo a giugno scorso». Inizialmente avrebbe dovuto solo firmare dai carabinieri, ma il suo rifiuto ha portato a un aggravio della misura, trasformandosi in obbligo a stare in casa dalle sei di pomeriggio alle otto di sera. Nicoletta ha organizzato un tour in diverse città per raccontare la sua esperienza.«Nella lotta che portiamo avanti non esistono conflitti generazionali. È per questo che tante persone da altri luoghi vengono in Valle». Anche due ragazzi hanno violato il provvedimento del tribunale. Solo che per loro si sono aperte le porte del carcere. «È una forma di repressione che mira a piegarci, a dividerci», si indigna. In Val di Susa, racconta l’ex insegnante, ormai arrivano da tutta Italia a dare sostegno. «E noi sosteniamo loro. Non solo. Quella che è nata come una battaglia particolare è diventata qualcosa di più. La possibilità di immaginare un futuro, una società diversa, fondata su principi diversi. Pensiamo alla solidarietà. In questi anni di resistenza abbiamo imparato a farci carico dei problemi di tutti». Entra una signora con una bimba: «Ciao Nico, dove lascio il pacco per Amatrice?». Tra qualche ora parte il furgone con gli aiuti.
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