Provinciale, spregiudicato, cinico, carrierista. «Alla fin fine, Renzi (...) assume i tratti fisiognomici dell’arrampicatore sociale».
Se già è questo il vostro pensiero sul presidente del Consiglio, allora l'ultimo libro di Pierfranco Pellizzetti - ormai storico collaboratore di MicroMega, penna infaticabile e corrosiva, un liberale di sinistra vecchio stampo - vi aiuterà a trovare nuovi esilaranti aggettivi e collegamenti storici-politici-psicologici per continuare a dirne di ogni male; se invece ne pensate bene, alla fine della lettura odierete: Renzi oppure Pellizzetti, fate voi, vie di mezzo non ce ne sono.
Nel prologo Pellizzetti spiega il senso del saggio “Fenomenologia di Matteo Renzi” edito da Manifestolibri: descrivere «chi è realmente costui (Renzi, ndr) e a che cosa effettivamente mira il tentativo del quale si sta facendo promotore». Ecco, se volete mantenere lo status quo chiamandolo "cambiamento", allora il Bomba è la risposta giusta, ragiona Pellizzetti: «“Pragmatico” corrisponde alla presa d’atto che “il mondo va così” e che pretendere di inserire criteri alternativi è solo una perdita di tempo; chi lo propugna, un insopportabile sognatore inconcludente». Vuoi conoscere Renzi? Allora chiedi di Denis Verdini. «La franca rudezza di Denis dalle Bande Nere aiuta a capire dove vada a parare il suo nuovo signore Matteo Renzi. Cosa significhi in termini politici stare dalla parte dei Sergio Marchionne e degli status symbol da ricconi».
È l'Italia dell'annuncio: "Buona scuola", "Jobs Act", "Salva Italia", "Sblocca Italia". La comunicazione diventa sostanza, la sostanza non sembra importare più a nessuno: nelle scuole continua a mancare la carta igienica, i licenziamenti sono più delle assunzioni, il debito pubblico aumenta, l'unica cosa che sblocca (e spacca) l'Italia è ahimè il terremoto. Il progetto del presidente del Consiglio è quello di «assemblare pezzi dell’elettorato berlusconiano (Legge, Ordine e Privilegio patrimoniale) con la storica base ex comunista, rintronata mediante robuste dosi di blairismo gabellato per modernità: l’idea semplificatoria - sottolinea Pellizzetti - che la società si governa imponendo obbedienza (rinominata vuoi “efficienza” o “Jobs Act”) e la si riorganizza secondo modelli verticistici autoritativi top-down (rinominati vuoi “competitività meritocratica” o “La Buona Scuola”). Il tutto accreditato stordendo la pubblica opinione grazie a un repertorio propagandistico cucito in maniera palese sul figurino della Maggioranza Silenziosa. Ed è proprio lì che si vede la vera maestria dell’imbonitore: far passare tesi aberranti come se fossero acqua fresca, grazie alla determinazione – o meglio, alla sicumera – con cui le si presentano».
Pellizzetti fa una cronistoria dell'ascesa del ragazzo di Rignano. Sin dalle giovanile comparsate nei telequiz di Mike Bongiorno, passando per gli esordi nel Ppi, poi Margherita, sempre guardato con simpatia dai vertici del centrodestra locale, fino ai rapporti di ferro con Marco Carrai e la famiglia Boschi. E poi, una volta diventato premier, le amicizie esibite a tutti i costi con «frammenti di establishment padronale. Dal presidente di Assolombarda Gianfelice Rocca, a quello di Fiera di Milano Benito Benedini. Cui si aggiungerebbero gli habituées della Leopolda: Oscar Farinetti (Eataly), Andrea Guerra (amministratore delegato di Luxottica), Brunello Cucinelli, il re del cachemire. Più Patrizio Bertelli, patron di Prada. Senza dimenticare i partecipanti alla cena del 17 ottobre 2012 al Four Seasons di Milano: Claudio Costamagna, ex Goldman Sachs e oggi presidente d’Impregilo, il numero uno di Amplifon Franco Moscetti. Sullo sfondo Vittorio Colao, capo di Vodafone». Senza dimenticare l'amico più amico di tutti: Sergio Marchionne.
Nulla di nuovo in fondo, ma basta mettere in fila fatto dopo fatto il tutto - come fa Pellizzetti - e l'angoscia del lettore aumenta: stiamo davvero parlando del leader del principale partito della "sinistra"? Né basta la giustificazione ideologica del blairismo, arrivato con venti anni di ritardo e ad ampi disastri già avvenuti in tutta Europa, dove le socialdemocrazie che hanno smesso di compiere il proprio ruolo sono ormai relegate ai margini della vita politica. C'è qualcosa di molto più profondo che riguarda la trasformazione politica e quasi sociologica della stessa sinistra, e qui Pellizzetti preferisce lasciare al lettore le proprie valutazioni sul perché e sul come.
Concludendo, la sfida referendaria del 4 dicembre. Snodo centrale per la narrazione renziana. Si vota sulla modifica o meno della Costituzione ma, inutile negarlo, anche sul premier. Pellizzetti non si nasconde e lo dice chiaro e tondo: il “No”, di fronte al disegno restauratore del premier, appare quanto mai una scelta progressista.
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Il libro di Pierfranco Pellizzetti presentato venerdì 4 novembre a Genova, ore 18 Feltrinelli con Gianni Pastorino (consigliere regionale) e Alfonso Pittaliuga (presidente Ass. Esagono) e sabato 5 novembre a Pisa, ore 17 Circolo La Paperina con Felice Besostri
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