giovedì 6 marzo 2014

Ilva, chiesto processo per 53, c'è anche Vendola: "Se è reato diferndere i lavoratori, sono colpevole"


Ilva, chiesto processo per 53, c'è anche Vendola: "Se è reato diferndere i lavoratori, sono colpevole"

L'inchiesta per disastro ambientale dei magistrati di Taranto sui vertici del siderurgico e il ruolo della politica.



TARANTO  - Nichi Vendola ed Emilio Riva vanno processati insieme per il disastro ambientale di Taranto. E' questa la conclusione alla quale sono giunti i magistrati jonici, che hanno definito l'inchiesta sull'inquinamento contestato all'Ilva con 53 richieste di rinvio a giudizio. Così, a un anno e mezzo dalle prime manette e dal clamoroso sequestro dei reparti dell'area a caldo, nello stesso calderone giudiziario sono rimaste la politica e la grande industria. "Per decenni a Taranto nessuno ha
visto niente e troppi hanno taciuto - ha commentato amaro Vendola - io no. Per decenni gli inquinatori hanno comprato il silenzio e il consenso politico, sociale e dei media. Con regali, finanziamenti, forniture, subappalti e favori. Io no. I miei collaboratori no. Infatti non siamo accusati di corruzione. Siamo accusati di essere stati compiacenti, a titolo gratuito, nei confronti del grande siderurgico".


Il patron della grande fabbrica, i suoi figli e i suoi collaboratori, con in prima fila l'ex potentissimo responsabile delle pubbliche relazioni Girolamo Archinà,  sono accusati di aver tramato nell'ombra, aggirando gli investimenti per abbattere l'impatto ambientale della fabbrica jonica in nome del profitto e a spese della salute dei tarantini. Perché le polveri e i fumi delle ciminiere di quell'industria sono indicate come fonte di malattia e di morte, provocate dai veleni sparati sul vicino centro abitato.

La politica, a cominciare da Nichi Vendola, è accusata di aver fatto da sponda a quella strategia aziendale bollata come criminale, guardando dall'altra parte o con iniziative blande, nella migliore delle ipotesi. Per il governatore pugliese, per esempio, la contestazione è quella di concussione, per le presunte pressioni che avrebbe attivato sul direttore dell'Arpa Giorgio Assennato. Vendola, secondo i pm, avrebbe rimproverato al numero uno dell'Arpa l'atteggiamento troppo rigido verso l'Ilva al punto di ventilare la sua mancata conferma alla guida dell'agenzia regionale. Una lettura degli eventi che è stata negata da Vendola, ma anche dallo stesso Assennato, anche lui tra gli imputati con l'accusa di favoreggiamento. 

Una vicenda che ha messo nei guai anche il parlamentare di Sel Nicola Fratoianni, all'epoca assessore regionale, l'attuale assessore regionale all'ambiente Lorenzo Nicastro e il consigliere regionale del Pd Donato Pentassuglia. Sul banco degli imputati, però, la procura tarantina intende spedire anche l'ex presidente della provincia Gianni Florido, arrestato durante le indagini, perché sospettato di aver fatto di tutto per agevolare i Riva con l'autorizzazione di una discarica all'interno dello stabilimento. Sulla graticola anche il sindaco di Taranto Ippazio Stefàno, accusato di abuso e omissione in atti di ufficio, perché non si sarebbe adoperato con le necessarie misure per tutelare la salute dei tarantini.


Per Vendola si tratta di accuse infondate, che non rendono giustizia a quanto fatto dalla sua amministrazione sul fronte della tutela ambientale. "Un processo in cui tutti i dati del disastro ambientale - sottolinea il governatore - sono il frutto del nostro lavoro e della ostinata volontà della mia Amministrazione di radiografare e documentare l'inquinamento industriale nel capoluogo ionico. Noi, insieme alle agenzie della Regione Puglia, abbiamo fornito le prove che hanno scoperchiato la realtà". "Noi per la prima volta nelle istituzioni - continua il governatore - abbiamo aperto i dossier su diossina e altri veleni - e lo abbiamo fatto anche sulla spinta di un movimento nato dalla ribellione al destino di morte della città. Noi abbiamo cercato le evidenze scientifiche sul male sputato dall'Ilva, e abbiamo varato leggi e regolamenti che sono oggi all'avanguardia della legislazione ambientale".

"Certo, contemporaneamente abbiamo difeso la fabbrica e i lavoratori. Se questo è un reato sono colpevole". "Ma abbiamo agito - aggiunge Vendola - nel rispetto di quei principi costituzionali che ci prescrivono di contemperare beni e diritti fondamentali per i cittadini, come salute e lavoro. Questo è il preciso dovere di chi governa, anche affrontandone le responsabilità e le conseguenze più dolorose".

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