sabato 15 marzo 2014

Ambiente e ricchezza – Intervista ad Antonio Galdo.

foto-primo-piano-galdoDopo il boom economico degli anni settanta, il consumo ha impennato veementemente rendendo noi consumatori ossessionati, giorno dopo giorno, dall’idea di avere a portata di mano una tessera di plastica rigida che ci può riempire la casa di oggetti, balocchi, cibo… tutto superfluo.

Questa vita capitalistica, comoda e monotona ha però celato gli effetti gravosi che ha lo spreco maniacale sulla nostra vita, il quale negli ultimi decenni ha aizzato il fuoco della crisi economica e ambientale.  Sono ancora in pochi a rendere chiara questa gravità. È doveroso, quindi, passare la parola a chi sa cosa comporta avere i frigoriferi stipati di cibo, i bidoni della spazzatura pullulanti di avanzi e la casa piena di oggetti nuovi ma già obsoleti. Antonio Galdo, giornalista e scrittore italiano e progettista del sito www.nonsprecare.it, ha dato risposte abbastanza chiare da capire cosa si può e si deve fare:
Gandhi diceva “nel mondo c’è quanto basta per le necessità dell’uomo, ma non per la sua avidità”. Per troppo tempo abbiamo lasciato che le miniere si svuotassero e le discariche si riempissero, per troppi anni abbiamo deciso che trasgredire i limiti e le regole fosse una moda, per tutta la storia dell’umanità abbiamo dimenticato il vero significato dell’ambiente e l’importanza delle nostre azioni sul mondo. Non pensa che attualmente la nostra società sia animata esclusivamente da desideri materiali, bisogni superflui e capricci infantili che stipano i bidoni della spazzatura?


La Grande Crisi ha fatto suonare la sveglia, per tutti. Non basta consumare sempre di più per essere felici, il PIL non è l’unico parametro per misurare il benessere di un popolo, la ricchezza non si crea distruggendo la natura. Partiamo da qui, per un cambio d’epoca, nella consapevolezza che insieme, e non da soli, usciremo prima e più forti dal tunnel della Grande Crisi.
Il nostro mondo è in disequilibrio: da una parte c’è chi muore di fame e dall’altra chi muore per i chili di troppo. Come pensa sia possibile attuare un mutamento collettivo che veda un maggior rispetto per l’ambiente, un consumo più attento e azioni più sostenibili dal punto di vista economico e ambientale? Qual è il consiglio che ci dà per imparare a sprecare di meno, a limitare quei consumi che sono fondamentalmente futili e ad attenuare i capricci?
Un mondo dove un miliardo di persone muoiono di fame e altrettante sono obese non può funzionare.
Troppa distanza, troppe ingiustizie e troppo malessere. Noi siamo dalla parte dei fortunati, di quelli che vivono nel benessere che troppo spesso trasformiamo in spreco. Il consiglio più semplice che diamo anche sul sito www.nonsprecare.it è questo: girate la vostra casa, stanza per stanza, aprite frigoriferi e guardaroba e capirete che cosa è assolutamente superfluo. Lo spreco è ovunque, e per eliminarlo basta veramente poco, senza ossessioni e in allegria.
Perché secondo lei la maggior parte delle persone tende sempre più a dare poca importanza all’ambiente, mentre la TV continua a celare la crisi ambientale raccontata di tanto in tanto dagli esperti?
Mi ha sorpreso che, in occasione della campagna elettorale appena avviata in Italia, nessun partito – dico proprio nessuno – abbia fatto qualche proposta convincente sull’ambiente. Hanno paura, o forse mancano idee. Eppure, attorno alla riqualificazione del territorio e del patrimonio edilizio pubblico e privato si potrebbe costruire un nuovo modello di sviluppo. Con una nuova crescita più sana, più equilibrata e più orientata al benessere dell’intera collettività.

Da cosa nasce, secondo lei, l’indole umana così propensa a consumare ininterrottamente e a sprecare inconsciamente? Può essere la pubblicità una di quelle cose che influisce su di noi consumatori e le nostre scelte?
Lo spreco contiene tante cose: vizio, indifferenza, cattive abitudini. Ma gli acquisti compulsivi hanno anche una logica economica: più tu consumi e più noi fatturiamo. È questa la catena che bisogna spezzare.
La televisione, le scienze umane, la scuola, la Chiesa, possono aiutare a risolvere problemi come lo spreco immane e la disinformazione ecologica?
Tutti possiamo e dobbiamo fare qualcosa. A partire dalle famiglie – dove lo spreco è rito quotidiano – e dalle scuole, dove, come avviene in molti paesi del Nord Europa, non sprecare potrebbe essere un moderno corso di educazione civica. Tra i giovani c’è molta sensibilità su questo tema, e quando vado nelle suole a parlare li vedo preparati e sensibili. Ispirati da un ambientalismo non ideologico, pragmatico e prezioso per il loro futuro.
Molti comuni sono attivi sulla raccolta differenziata; noi cittadini continuiamo a rimanere dubbiosi del vero percorso che segue la nostra spazzatura, soprattutto quando si è a conoscenza di ripetute infiltrazioni mafiose nel sistema della gestione della spazzatura nel nostro paese. Qual è la sua visione sulla gestione dei rifiuti in Italia?
Siamo all’assurdo che in alcune città, come Napoli e Roma, i rifiuti si vendono a pagamento mentre in altri paesi, penso alla Svezia e alla Norvegia, c’è richiesta per acquistarli. Bisogna agire su due leve, quella privata e quella pubblica. La differenziata conviene a noi cittadini, perché senza saremo sempre sommersi dalla spazzatura; il riciclo è un’industria, qualcosa su cui si può costruire attività economica, crescita e innanzitutto posti di lavoro.
In quale cambiamento spera? Potrà un giorno quell’uomo egoista e irresponsabile che sta distruggendo il mondo, cambiare radicalmente?
Sono ottimista. La Grande Crisi è anche un’opportunità e ci spingerà fuori dal buio dell’egoismo sfrenato. Siamo già in una nuova fase e sento in giro tanta voglia di comunità di tornare a stare insieme. Per farcela.

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