mercoledì 2 febbraio 2022

Il testamento della scuola pubblica.

Sarà lecito no? parlare di suicidio, anche senza esibire credenziali professionali, quando è evidente il significato simbolico, il potente messaggio dimostrativo di un gesto così estremo. 


il Simplicissimus Anna Lombroso 

In realtà qualsiasi persona che si toglie la vita denuncia l’abbandono, la solitudine, l’incomprensione, la sottovalutazione  che le è stata riservata, dichiara le frustrazioni, le umiliazioni, gli oltraggi che ha subito e la delusione per non avere la forza necessaria a sopportarle.

 Ma anche in casi apparentemente solo personali, questa azione fatale assume un significato civile e politico perché parla di isolamento, dell’incapacità del sistema sociale di ascoltare il malessere e ridurre i livelli di disperazione di vita degli individui e della collettività, che vengono retrocessi a turbe o populismo, a patologia o disadattamento punibili con una doverosa emarginazione e condanna.

Ieri non a caso nella regione che rappresenta un bubbone di vergogna nazionale, dove ogni fenomeno, dalle alluvioni alle morti per malasanità viene attribuito a tare antropologiche che espongono le sue popolazioni al giogo delle mafie, un   insegnante di 33 anni sospeso per aver rifiutato di sottoporsi al vaccino anticovid si è dato fuoco davanti alla caserma dei carabinieri di Rende. La raccomandazione delle autorità di riservare a questo gesto “rispetto e silenzio” è stato accolto così entusiasticamente che i   giornali che non collocano la notizia tra le brevi in cronaca, omettono di parlarne come il Fatto che apre sui bisticci quirinalizi, o la Repubblica che informa che la stretta del governo è a termine e tra 10 giorni forse potranno riaprire le discoteche in tempo per San Valentino.

Non può non tornare alla memoria la catena di suicidi da crisi, che sorprese la presidenta della Camera che non aveva immaginato che ci fossero tanti poveri, o quelli legati al fallimento di istituti di credito, uno sospetto, di un manager, sospetto,  altri  chiari e prevedibili di clienti turlupinati, ridicolizzati dalle misure salvabanche e babbi imprudenti e per giunta derisi dal governatore di Bankitalia che diede lor degli  analfabeti funzionali, puniti per l’avidità che li aveva fatti cascare nel tranello dell’evidente frode.

Però stavolta è perfino peggio, perché al giovane uomo che giace in fin di vita in un ospedale dove possiamo supporre sia stato sottoposto a opportuno tampone, non si riconosce il ruolo di vittima sacrificale. In fondo, si sente dire, poteva responsabilmente vaccinarsi come ha “scelto” di fare la maggioranza, d’altra parte la somministrazione per il  personale scolastico è stata resa ufficialmente obbligatoria e uno dei doveri dei docenti risiede nel praticare e insegnare il rispetto delle leggi, salvo, pare, quelli di religione che devono rispondere ad altri comandamenti e tribunali.

Nessuno in questi mesi ha valutato che quello che si è imposto ai docenti e che è incompatibile con la loro missione che dovrebbe consistere nell’accompagnare con la cultura e il sapere i giovani nel futuro, aiutandoli a  sviluppare ragione, giudizio, senso critico e di responsabilità perché imparino a affrontare ogni scelta in modo consapevole, risponde proprio alla visione di istruzione che ispira il sistema dominate, una scuola che ammaestri al conformismo, che induca alla competizione, che raccomandi l’obbedienza, fertile di risultati profittevoli, mentre il dubbio e la critica  altro non sono che capricci di chi non sa adattarsi, adeguarsi e quindi meritare la concessione di prerogative e labili garanzie.

E i virtuosi pedagoghi sono stati chiamati a dare l’esempio, chi si è sottratto è stato a un tempo deplorato e emarginato da quelli che hanno subito e che pur vergognandosi vogliono attribuire un significato etico e deontologico alla resa e da quelli che hanno subito di malavoglia il ricatto e pretendono di allargare la cerchia delle vittime dell’intimidazione e del disonore di sottostare a comandi che non possiedono nessuna finalità di carattere sanitario.

Non stupisce, un personale che per anni ha acconsentito a collaborare alla mortificazione della loro missione sociale,  che ha scelto di far parte di una corporazione che ha praticato l’isolamento spocchioso non esercitando la doverosa solidarietà militante con altre categorie, che ha ingoiato un susseguirsi di bocconi amari in veste di controriforme, l’ultima delle quali ha prodotto la definitiva cancellazione della funzione sociale oltre che educativa dell’istruzione pubblica.

Non stupisce che non abbiano manifestato insieme ai loro alunni e ai loro figli contro l’aberrazione del tirocinio di servitù, assoggettamento e perfino lutto.

Non stupisce che oggi non siano in sciopero per stare al fianco di quel giovane uomo che ha preso sul serio il suo mandato fino a cercare di darsi la morte per smentire i pregiudizi che tanti dei suoi colleghi alimentano con l’acquiescenza e l’adesione acritica, dando ragione ai filosofi un tanto al chilo che li accusano di essere interessati solo alla paga, ai ministri che li preferiscono in veste di secondini e guardiani dei polli in batteria.

Ragazzini che muoiono durante la parodia feroce della formazione, ragazzini presi a botte, maestri che si danno fuoco, è proprio maledetta una scuola che ha bisogno di martiri.

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