Il
2 agosto sono quaranta anni da quella strage alla stazione di Bologna
che fermò il paese – spezzandolo in due – e il cuore di milioni di
persone convinte che la stagione delle Stragi di Stato fosse ormai alle
spalle. Il costo umano fu enorme, 85 morti e 200 feriti, solo poche
settimane dopo la strage di Ustica in cui venne abbattuto un aereo
civile dell’Itavia, anch’esso partito da Bologna.
La
strage della stazione di Bologna, da un lato, fu la continuazione della
politica delle stragi di Stato tesa a condizionare nel profondo i
rapporti politici e di classe nella società, nonché a confermare la
collocazione dell’Italia nelle relazioni internazionali. Dall’altro
materializzò agli occhi di tutti il significato di una guerra concepita e
combattuto sul “fronte interno”, in cui i killer fascisti sono stati
utilizzati come manovalanza per il lavoro sporco.
In
molti continuano a chiedersi che faccia e che logica possano avere i
personaggi che collocano una bomba ad alto potenziale nella affollata
sala d’attesa della principale stazione dell’Italia centrale, nei giorni
della partenza per le vacanze (che allora, con un’altra organizzazione
della produzione, avveniva in contemporanea quasi per tutti).
E’
la stessa faccia di chi aveva collocato bombe in una banca nel giorno
di maggiore affollamento, in una piazza riempita da una manifestazione
sindacale antifascista, in un treno affollato d’agosto e negli anni
successivi durante le feste natalizie.
Li abbiamo denominati come gli esponenti della rete degli “uomini neri”. Non numerosissimi, ma operativi, pronti a fare il lavoro sporco per lo Stato; anzi per il deep state, quello
secondo cui ci sono prezzi da pagare per un “fine superiore”, che può
essere la stabilità o l’instabilità, a seconda delle fasi storiche e
delle esigenze delle classi dominanti.
A febbraio di quest’anno la Procura di Bologna ha chiuso le indagini sulla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.
Per gli inquirenti bolognesi i colpevoli che si aggiungono a quelli già condannati sono: Paolo Bellini fascista di Avanguardia nazionale, in qualità di esecutore; Licio Gelli, fascista fin dai tempi della guerra di Spagna e poi con Salò, capo della Loggia P2, in qualità di mandante e finanziatore; Umberto Ortolani banchiere e bancarottiere, in quanto finanziatore e mandante; Federico Umberto D’Amato, prefetto e capo dell’Ufficio Affari Riservati, legato alla CIA, in qualità di mandante e depistatore, e Mario Tedeschi, altro fascista della Repubblica di Salò, senatore del MSI e direttore del settimanale Il Borghese.
I tentativi di depistaggio sulla strage di Bologna
sono stati numerosi, a cominciare dai neofascisti, così come avvenuto
per Piazza Fontana, Piazza della Loggia, il treno Italicus.
Quello perseguito con maggiore sfrontatezza e pervicacia è stato quello di cercare di addossare la strage alla resistenza palestinese.
Un depistaggio che ha visto protagonisti non solo Cossiga, ma anche
giornalisti “di sinistra” occhieggianti ai favori di Israele o di
qualche cordata islamofobica e filo-Usa sempre attiva.
Quale soluzione migliore che allontanare da sé la rabbia e le indagini?
Per
quaranta anni le autorità politiche del paese hanno cercato di tenere
alla larga dallo “Stato” ogni responsabilità. Ma le sistematiche
contestazioni di massa in Piazza Medaglie d’Oro hanno impedito, anno
dopo anno, ogni autoassoluzione. Quest’anno non si faranno eccezioni.
Noi, purtroppo e per fortuna, non dimentichiamo nulla. Abbiamo una memoria prodigiosa.
Nessun commento:
Posta un commento