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L’estate della scuola è bollente. Lo scorso anno scolastico si è
concluso a giugno con docenti e alunni che si salutavano dallo schermo
del computer augurandosi buone vacanze. Il prossimo, ormai alle porte, è
ancora un rebus di questioni da risolvere dopo estenuanti settimane di
dibattiti che hanno reso ben chiaro un punto: in sei mesi si è parlato
molto, ma si è combinato molto meno.
Una task force al lavoro che avrebbe anche partorito un piano per la
ripartenza, salvo poi essere messo in disparte, come raccontava
mercoledì a Il Foglio Patrizio Bianchi, ex rettore
dell’Università di Ferrara, che ne era a capo e che si è posto la
domanda legittima “ma che abbiamo lavorato a fare?”. Un commissario per
l’emergenza, il solito Domenico Arcuri, incaricato soprattutto di
trovare i benedetti banchi monoposto – nel senso che possono ospitare un
solo scolaro e dispongono di ruote come le vere auto di Formula 1
– modificando in corsa il bando di gara e posticipando i tempi di
consegna previsti, idonei per la sicurezza o meno non si sa… Certamente
però in grado di sorreggere tutto il peso della cultura racchiuso nel
mitico vocabolario di greco Rocci, come sentenziato dalla grande
protagonista di questa estate agitata della scuola italiana, il ministro
Lucia Azzolina, la persona giusta al posto giusto come ha avuto lei
stessa modo di ricordare intervistata da Radio 1.
La Azzolina è andata a In Onda, ospite del programma di approfondimento di La7,
un giorno sì e l’altro pure e uscendosene dalla sera alla mattina con
annunci che hanno assunto i connotati di forti scosse telluriche. Come
quella sull’assunzione di nuovo personale docente e non, rimescolando le
carte nel particolare mondo parallelo delle graduatorie scolastiche,
dove spesso la logica cede a norme e sentenze che si accumulano,
rendendolo un percorso ad ostacoli difficile da comprendere agli occhi
di un estraneo. C’è chi è ancora in attesa di ricevere una nomina
dall’ultimo concorso indetto nel 2018, ma intanto si sono aperte
opportunità anche per chi rientra nelle cosiddette graduatorie ad
esaurimento, l’arcipelago dei precari, all’interno dei quali troviamo
chi vive con una spada di Damocle sulla testa e potrebbe prendere
servizio per un ruolo a tempo indeterminato, salvo trovarsi licenziato
perché il suo titolo di studio non è più ritenuto idoneo, però consente
di partecipare al nuovo concorso in programma nei prossimi mesi. Tant’è,
a cavallo di Ferragosto la corpulenta macchina burocratica si è messa
in moto, con una procedura on-line che rispecchiava a pennello
il contorto mondo parallelo e che prevedeva un messaggio di avvenuta
compilazione dei moduli spedito solo a distanza di giorni, lasciando nel
purgatorio chi si era messo a compilarlo con scrupolo. E si è scatenata
la protesta degli insegnanti, in particolare delle maestre elementari,
nei gruppi e nei forum di Facebook e nelle chat di WhatsApp.
Un movimento di reazione all’inadeguatezza del ministro e dell’intero
sistema, di indignazione e di dignità. Dignità per le maestre che hanno
patologie respiratorie e dunque rifiutano l’idea di indossare la
mascherina in classe, domandandosi quali altre categorie lavorative
debbano sottostare a tali indicazioni (probabilmente non vanno spesso al
supermercato oppure semplicemente non si sono mai accorte delle
cassiere) e minacciando di mettersi in malattia ancor prima di
cominciare. Indignazione per la clausola che prevede di rimanere per
cinque anni nella scuola assegnata (la scelta degli istituti avviene
tramite una classifica di preferenze formulata dagli interessati, poi
non sempre pienamente rispettata, ma qui si aprirebbe un’altra storia
infinita sulle modalità di lavoro dei vertici che è meglio evitare di
approfondire per ora), proponendo un mercato dei ruoli: io mi scambio
con te e tu ti scambi con me, così siamo tutti contenti. Inadeguatezza
di un ministro che aveva promesso, da sindacalista e candidata, di
battersi per i precari e che ora non bada più a loro, beccandosi il vaffa di una fetta di elettorato che l’ha giurato: alle prossime elezioni niente più voti per il Movimento 5 Stelle.
Intanto, c’è chi chiede lumi su cosa fare, ammettendo così di non
aver nemmeno provato a leggere le carte pubblicate dai siti di
pertinenza. Chi prega i colleghi di correre in aiuto, formulando frasi
di senso incompiuto, con una sintassi inesistente e aggiungendo errori
di grammatica (sarà mica sempre colpa del T9 o della fretta se
scompaiono le “h” quando invece sono previste, no?). Chi insulta
pubblicamente il ministro, ovvero il datore di lavoro, ma dato che la
firmataria è donna, non se ne fa una questione sessista. Chi si affida
alla consumata storia strappalacrime della famiglia da abbandonare al
proprio destino e chi implora pietà perché il trasferimento a Milano
costerebbe troppo, sparando prezzi d’affitto che farebbero impallidire
anche il più arrivista degli agenti immobiliari meneghini.
Vien quasi voglia di tenerli a casa questi studenti, a prescindere dagli eventi. Sempre ammesso che a scuola tornino davvero…
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