venerdì 28 agosto 2020

Scuola nel caos: rischio girone dantesco per studenti, famiglie e insegnanti

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L’estate della scuola è bollente. Lo scorso anno scolastico si è concluso a giugno con docenti e alunni che si salutavano dallo schermo del computer augurandosi buone vacanze. Il prossimo, ormai alle porte, è ancora un rebus di questioni da risolvere dopo estenuanti settimane di dibattiti che hanno reso ben chiaro un punto: in sei mesi si è parlato molto, ma si è combinato molto meno.
Una task force al lavoro che avrebbe anche partorito un piano per la ripartenza, salvo poi essere messo in disparte, come raccontava mercoledì a Il Foglio Patrizio Bianchi, ex rettore dell’Università di Ferrara, che ne era a capo e che si è posto la domanda legittima “ma che abbiamo lavorato a fare?”. Un commissario per l’emergenza, il solito Domenico Arcuri, incaricato soprattutto di trovare i benedetti banchi monoposto – nel senso che possono ospitare un solo scolaro e dispongono di ruote come le vere auto di Formula 1 – modificando in corsa il bando di gara e posticipando i tempi di consegna previsti, idonei per la sicurezza o meno non si sa… Certamente però in grado di sorreggere tutto il peso della cultura racchiuso nel mitico vocabolario di greco Rocci, come sentenziato dalla grande protagonista di questa estate agitata della scuola italiana, il ministro Lucia Azzolina, la persona giusta al posto giusto come ha avuto lei stessa modo di ricordare intervistata da Radio 1.


La Azzolina è andata a In Onda, ospite del programma di approfondimento di La7, un giorno sì e l’altro pure e uscendosene dalla sera alla mattina con annunci che hanno assunto i connotati di forti scosse telluriche. Come quella sull’assunzione di nuovo personale docente e non, rimescolando le carte nel particolare mondo parallelo delle graduatorie scolastiche, dove spesso la logica cede a norme e sentenze che si accumulano, rendendolo un percorso ad ostacoli difficile da comprendere agli occhi di un estraneo. C’è chi è ancora in attesa di ricevere una nomina dall’ultimo concorso indetto nel 2018, ma intanto si sono aperte opportunità anche per chi rientra nelle cosiddette graduatorie ad esaurimento, l’arcipelago dei precari, all’interno dei quali troviamo chi vive con una spada di Damocle sulla testa e potrebbe prendere servizio per un ruolo a tempo indeterminato, salvo trovarsi licenziato perché il suo titolo di studio non è più ritenuto idoneo, però consente di partecipare al nuovo concorso in programma nei prossimi mesi. Tant’è, a cavallo di Ferragosto la corpulenta macchina burocratica si è messa in moto, con una procedura on-line che rispecchiava a pennello il contorto mondo parallelo e che prevedeva un messaggio di avvenuta compilazione dei moduli spedito solo a distanza di giorni, lasciando nel purgatorio chi si era messo a compilarlo con scrupolo. E si è scatenata la protesta degli insegnanti, in particolare delle maestre elementari, nei gruppi e nei forum di Facebook e nelle chat di WhatsApp.

Un movimento di reazione all’inadeguatezza del ministro e dell’intero sistema, di indignazione e di dignità. Dignità per le maestre che hanno patologie respiratorie e dunque rifiutano l’idea di indossare la mascherina in classe, domandandosi quali altre categorie lavorative debbano sottostare a tali indicazioni (probabilmente non vanno spesso al supermercato oppure semplicemente non si sono mai accorte delle cassiere) e minacciando di mettersi in malattia ancor prima di cominciare. Indignazione per la clausola che prevede di rimanere per cinque anni nella scuola assegnata (la scelta degli istituti avviene tramite una classifica di preferenze formulata dagli interessati, poi non sempre pienamente rispettata, ma qui si aprirebbe un’altra storia infinita sulle modalità di lavoro dei vertici che è meglio evitare di approfondire per ora), proponendo un mercato dei ruoli: io mi scambio con te e tu ti scambi con me, così siamo tutti contenti. Inadeguatezza di un ministro che aveva promesso, da sindacalista e candidata, di battersi per i precari e che ora non bada più a loro, beccandosi il vaffa di una fetta di elettorato che l’ha giurato: alle prossime elezioni niente più voti per il Movimento 5 Stelle.

Intanto, c’è chi chiede lumi su cosa fare, ammettendo così di non aver nemmeno provato a leggere le carte pubblicate dai siti di pertinenza. Chi prega i colleghi di correre in aiuto, formulando frasi di senso incompiuto, con una sintassi inesistente e aggiungendo errori di grammatica (sarà mica sempre colpa del T9 o della fretta se scompaiono le “h” quando invece sono previste, no?). Chi insulta pubblicamente il ministro, ovvero il datore di lavoro, ma dato che la firmataria è donna, non se ne fa una questione sessista. Chi si affida alla consumata storia strappalacrime della famiglia da abbandonare al proprio destino e chi implora pietà perché il trasferimento a Milano costerebbe troppo, sparando prezzi d’affitto che farebbero impallidire anche il più arrivista degli agenti immobiliari meneghini. 
Vien quasi voglia di tenerli a casa questi studenti, a prescindere dagli eventi. Sempre ammesso che a scuola tornino davvero…

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