martedì 25 agosto 2020

Referendum per la riduzione del numero dei parlamentari. Ragioni storiche, ragioni politiche.

Quando la riduzione la volevano quelli bravi.

infosannio.com (Stefano Rossi) 

Sarebbe riduttivo ricordare che i nostri rappresentati, in Europa, sono i più numerosi e che, se confrontati a sistemi come quello degli Usa, il numero sarebbe abnorme ma certo è che il confronto con Paesi che politicamente hanno un peso enorme in politica estera deve essere affrontato e la conclusione non può che essere quella di accettare l’idea che il numero dei nostri parlamentari è in effetti molto alto.
Non può essere un caso che molti studi indipendenti hanno nel tempo affrontato il problema e stabilito che la riduzione non può essere un tabù, si veda per esempio, quello della Luiss School of Government, CESP-Center for Parliamentary Studies, tenutosi a Roma il 24 febbraio.
Da anni anche la politica sembra aver accolto l’idea che una riduzione possa migliorare il sistema legislativo, si veda la proposta “Quagliariello-D’Alema”, e la proposta “Renzi-Boschi”. Quest’ultima prevedeva l’abolizione del Senato della Repubblica che, di fatto, azzerava una camera e quindi il numero dei suoi componenti.
Ma andando più in là nel tempo troviamo la Commissione Bozzi (1983-87) in cui, tra le tante proposte, vi era quella della riduzione del numero dei parlamentari e in base alla proporzione con la popolazione il numero poteva essere questo: 514 deputati e 282 senatori.


Seguono poi la Commissione D’Alema (XIII legislatura); Disegno di legge costituzionale A.S. n. 2544-D c.d. Calderoli (XIV legislatura 2001- 2006); Bozza Violante A. C. n. 553 e abbinati-A (XV legislatura 2006-2008); Commissione per le riforme istituzionali (2013); in tutte erano previste  una considerevole riduzione dei parlamentari.
Merita essere ricordato l’incipit del Gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali (XVII legislatura 2013-2018) istituito nel 2013, dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “ Per superare la crisi politica, economica e sociale la Commissione unanime ritiene necessari interventi, i cui punti principali sono stati così individuati il rafforzamento del Parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari…”.
E qui mi fermo ma è bene sottolineare che per superare la crisi politica in molti pensavano di ridurre il numero dei parlamentari.
E questo è un dato oggettivo che più volte è stato partorito non da un partito politico o da una fazione di scalmanati bensì da insigni giuristi e alti rappresentanti delle Istituzioni; ciò deve indurre, chi ha buon senso, che l’argomento merita attenzione e non può essere ridotto ad una diatriba meramente politica.
Alla fine di queste poche righe troverete una sorpresa sul come, certe volte, insigni giuristi si dichiarano a favore del “SI” pur avendo sottoscritto le ragioni del “NO”.
***
Quando si affronta un tema importante come quello di analizzare una norma della Costituzione buona norma sarebbe quella di vedere cosa hanno lasciato scritto coloro che l’hanno scritta.
Gli artt. 56, 57 della Costituzione, rispettivamente per la Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, prevedevano che ci doveva essere un deputato per ogni ottantamila abitanti e un senatore per ogni duecentomila abitanti.
E stavamo nel 1948.
E già vi erano delle proposte, poi non approvate, in seno alla Commissione, secondo cui il numero andava ridotto e di molto.
Possiamo leggere: “… l’on. Conti propose un deputato ogni centocinquantamila abitanti e l’on. Nitti uno ogni centomila…”.
Secondo quanto proposto dal Conti, la Camera dei Deputati avrebbe dovuto avere circa 300 membri.
E nella II Sottocommissione all’inizio prevalse questa proposta. Solo in seno alla votazione in Commissione prevalse la scelta di un deputato ogni ottantamila abitanti per permettere un rapporto più stretto tra l’elettore attivo e quello passivo.
Ma non mancarono le critiche, per esempio, il presidente Ruini era favorevole al rapporto uno ogni 100.000 abitanti.
Il vero motivo che spinse a rendere più basso il rapporto fu meramente storico e pratico non certo di ordine giuridico: il fascismo era da poco crollato e la paura di un possibile nuovo dittatore fece convogliare l’idea di un rapporto più stringente tra eletto ed elettore (si veda, E. CAVASINO, Commento all’art. 56, in F. CLEMENTI, L. CUOCOLO, F. ROSA e G.E. VIGEVANI (a cura di), La Costituzione italiana. Commento articolo per articolo, Bologna, Il Mulino, 2018, vol. II, 23 ss.).
Nei Lavori Preparatori si apprende che la Commissione dei 75, decise di non includere nella Costituzione quale doveva essere la legge elettorale da adottare per lasciar libere le generazioni future a darsi una legge elettorale con una legge ordinaria (più facilmente modificabile) e non costringerle a modifiche difficili come quelle con una legge costituzionale.
E vorrei concludere con la posizione del Mortati, grandissimo giurista, secondo cui non si dovevano accettare le proposte di coloro che volevano aumentare il numero dei senatori in quanto, a suo dire, e a quanto pare a detta dei più, il Senato doveva rimanere con un numero inferiore per “… fare del Senato un corpo che sia il più possibile selezionato qualitativamente, soprattutto ai fini di una migliore elaborazione delle leggi…”.
Ecco, chi studia il Diritto Pubblico e Costituzionale sa bene chi è stato il Mortati e le sue note e i suoi commenti sono ancora letti e dibattuti nella aule universitarie.
Secondo costui un numero ristretto garantisce maggiore qualità.
Quindi nel 1948, questa doveva essere la scelta di partenza per le Aule parlamentari, un numero mobile non fisso, proporzionato in base al numero della popolazione.
Alla Camera il voto doveva essere proporzionale ed al Senato su base uninominale.
Infatti, nel 1948, la Camera dei Deputati contava 574 onorevoli e il Senato della Repubblica contava 107 senatori.
Tutto questo farebbe felice ogni cittadino italiano soprattutto se la politica italiana non fosse italiana.
Poco dopo la prima legislatura ebbe luce la c.d. legge truffa, voluta dal governo di Alcide De Gasperi, che consentiva un premio di maggioranza del 65% dei seggi alla Camera dei Deputati al partito che avesse ottenuto la maggioranza alle elezioni.
La legge ebbe vita breve ma lo porto come esempio per dimostrare che ciò che noi leggiamo nella Costituzione non basta se poi alcune forze politiche distorcono il fine o il principio in Essa contenuto.
Coloro che oggi credono che l’abbassamento del numero dei parlamentari attenta alla democrazia dovrebbe studiare il Diritto parlamentare, i Regolamenti parlamentari, i lavori delle Commissioni e il funzionamento dello stesso Parlamento.
Mi limito a ricordare che pochi anni fa un presidente della Camera dei Deputati chiuse l’Aula e fermò i lavori per una settimana in quanto non c’era nulla da fare perché non si riusciva a calendarizzare l’agenda dei lavori.
E nessuno gridò che la democrazia veniva violentata e distorta.
Il dibattito sul numero dei parlamentari durò molti anni e nel 1963, venne emanata la legge costituzionale n. 2, la quale andò a modificare la Costituzione così come la conosciamo per quanto riguarda il numero dei parlamentari.
630 onorevoli, uno ogni ottanta-centomila abitanti; 315 senatori, uno ogni centottantamila abitanti; veniva innalzato il numero minimo dei senatori spettanti a ciascuna regione, che passava da 6 a 7, confermando un solo senatore per la Valle d’Aosta e introducendone 2 per la neonata regione Molise.
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In modo semplificativo questo è il panorama che ha determinato il numero dei nostri rappresentanti in Parlamento.
Orbene, tutto questo poi deve essere calato nella realtà politico-istituzionale per poter finalmente capire ciò che necessita a noi cittadini: il numero deve rimanere quello originario ovvero diminuire?
Io provo a dare la mia spiegazione.
Cominciamo proprio dalle Istituzioni.
Ho fatto un rapido conto delle iniziative riguardo l’esigenza di diminuire questo numero ricordando le varie commissioni, bicamerali, proposte, disegni di legge, l’elenco è davvero lungo.
La   Commissione per le riforme costituzionali nel 2013, su richiesta del presidente del Consiglio Enrico Letta, tra le varie questioni, propose la diminuzione del numero dei parlamentari.
Si badi bene che in  quella commissione non vi erano politici ma solo tecnici (se si escludono Violante e Quagliariello) la quale ripresero ciò che aveva già proposto, tempo addietro, la c.d. “bozza Violante”: 450 deputati e 150-200 senatori.
Non vorrei complicare la questione, ed infatti sarò brevissimo sul punto, ma in tutta questa “voglia” di riduzione dei parlamentari si dovrebbe ricordare anche il funambolico iter per giungere all’abolizione delle Province che, in altra sede, ho già affrontato ma appare chiaro ai più che non siamo noi cittadini bensì la politica, le Istituzioni, i governi che si pongono la domanda se sia utile o meno mantenere l’originario numero dei parlamentari.
Perché mai possiamo annoverare otto, forse nove, proposte di riduzione di questo numero non da parte di cittadini o movimenti o comitati bensì da esponenti politici di tutto rispetto che hanno spesso richiesto l’ausilio di giuristi e tutte le volte la conclusione è sempre stata la medesima: riduzione del numero dei parlamentari?
Ed è poi strano vedere come, dalle stesse parti, si evidenzia una forte contrazione dovuta a motivazioni del tutto estranee al dibattito che finora ho tentato di ricordare: populismo, guerra alla c.d casta, incompetenza, erosione della democrazia.
Io ci potrei anche stare ma come mai nel 2013 quando la commissione, formata da insigni giuristi, si è espressa a favore della riduzione dei parlamentari, voluta dal presidente della Repubblica Napolitano, nessuno ha gridato al populismo?
In quella commissione di tecnici c’era l’ex presidente della Corte Costituzionale Michele Mirabelli.
Fine giurista ma anche fine politico visto che oggi è dalla parte del “no”.Certo quando è il Capo dello Stato che ti chiama per un parere giuridico è una cosa, quando ti chiamano alcuni penn…giornalisti per scrivere su quotidiani che ogni giorno inventano di tutto contro il Movimento 5 Stelle, è un’altra cosa del tutto diversa.
Infatti la suddetta commissione ha concluso i suoi lavori con queste parole scritte: “ Il rafforzamento del Parlamento attraverso la riduzione del numero dei parlamentari”, questo al punto 1), pag. 4.
Si legge poi, nella parte di approfondimento: “ Nel dibattito pubblico si è connesso il tema della riduzione del numero dei parlamentari a quello del costo delle attività politiche, confondendo così questo piano con quello dei costi della democrazia. In realtà il tema della riduzione del numero dei parlamentari è connesso alla moltiplicazione delle sedi della rappresentanzarispetto al quadro che avevano i costituenti, e alla necessità di rafforzare la competenza, il prestigio e la reputazione delle Assemblee, anche in relazione ai nuovi compiti che ai parlamenti nazionali nella Unione Europea attribuisce il Trattato di Lisbona. Il Rapporto redatto dal Gruppo di lavoro sui temi istituzionali istituito dal Presidente della Repubblica, propone di passare dall’attuale criterio di un deputato ogni 95.000 abitanti ad un parametro più in linea con gli standard europei: un deputato ogni 125.000 abitanti. Ne deriverebbe un numero complessivo di 480 Deputati. Se si intendesse comunque seguire il criterio più restrittivo, si potrebbe usare il parametro spagnolo e quindi proporre una Camera di 450 Deputati; si noti a questo proposito che la Spagna ha un’estensione territoriale di 504.645 kmq e l’Italia di 301.338 kmq.”.
Poi la parte per il Senato: “ Il numero dei Senatori, proprio per la specificità della loro rappresentanza, va stabilito regione per regione, in proporzione al numero degli abitanti. Potrebbe perciò essere preso in considerazione, con gli opportuni adattamenti, il progetto di riforma approvato nella XV Legislatura, senza voti contrari, dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera. La Commissione ritiene che il numero complessivo dei Senatori non dovrebbe essere inferiore a 150 né superiore ai 200.”.
Avendo voglia di una comparazione con altri Stati europei, detta commissione ha poi stilato un breve elenco:

  • 527 deputati se si adottasse il rapporto deputati/pop. della Francia;
  • 452deputati se si adottasse il rapporto deputati/pop. della Germania;
  • 451 deputati se si adottasse il rapporto deputati/pop. della Spagna.

E’ curioso notare che in questa proposta di riforma non si fa alcun cenno all’esigenza di andare a ridurre il numero dei parlamentari solo se accompagnata da una riforma della legge elettorale.
Io ho in mente una lunga schiera di politici che sono contrari al Referendum, quindi alla riduzione dei parlamentari, con la scusa che prima bisognerebbe riformare la legge elettorale.
Ho anche una lunga lista di cittadini che si sono lasciti convincere da questa panzana ridicola ed inutile.
Tanto inutile che la suddetta commissione del 2013, composta da numerosi esperti di diritto, non se ne è dovuta occupare per il semplice motivo che, allora, nessuno pensava che prima o poi, un gruppo di ragazzacci poteva tradurre in legge, per giunta, costituzionale, una proposta simile.
Anzi, si può leggere che auspicavano uno sbarramento al 5% per ridurre la frammentazione politica.
Per avere una mia opinione  non ho letto i pennivendoli, non ho seguito la tv.
Ho letto i lavori preparatori alla Costituzione, da pag. 109 e seg.; ho letto, su quotidiani che mi vergogno di citare, il Prof. Mirabelli, il quale, anni dopo la sua partecipazione a quella commissione, scriveva cose diametralmente opposte; ho letto un professore dell’Università di Torino, su “questionegiustizia.it” di Magistratura Democratica, secondo cui, questo Referendum è un attentato alla democrazia.
La sua prosa merita di essere ricordata: “ L’humus plebiscitario mistifica e favorisce la crescita rigogliosa di un regime oligarchico…. Una visione irenica? Certamente in parte sì, perché, se non è genetico, è quasi una pandemia: lo stato di salute della democrazia rivela non tanto la presenza di un vivace confronto tra visioni del mondo che riflettono il pluralismo – e il conflitto – sociale, quanto, molto spesso, un governo di élites…. il vulnus riguarda la democrazia rappresentativa, il principio di sovranità popolare, così come l’incidenza sulla forma di governo e, in specie, sull’organo parlamentare. Minando la rappresentanza, nel caso di specie riducendone gli spazi, in particolare quelli delle minoranze, si anestetizza la dialettica parlamentare…”.
Peccato non essere uno sceneggiatore: qui c’è tanto per farne un film!
Come è successo al povero Bocelli di aver dichiarato di aver violato le restrizioni governative anti-covid, salvo poi rimangiarsi tutto il giorno dopo, se tu sei invitato e ci vai pure ad un convegno di gente che nega il rischio covid e insistono nel non utilizzare la mascherina è chiaro che non puoi dire il contrario altrimenti fai prima a non andare a quel raduno di disperati.
Così se scrivi su certi  quotidiani o ti chiamano in certe trasmissioni, il problema, l’ansia, il dilemma non è quello di prepararti sull’argomento che sarà discusso ma bensì l’altro: COSA DEVO DIRE PER STARE IN LINEA CON IL GRUPPO EDITORIALE?
Ecco che il Prof. Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, ha scritto che questo Referendum e questa riforma è un attentato alla democrazia.
Grazie Professore!
Ora so di votare a testa alta SI; un “si” grande come il palazzo della Consulta.

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