sabato 29 agosto 2020

Danilo Dolci in Irpinia.

Un'immagine d'archivio del sociologo triestino Danilo
Sociologo triestino Danilo Dolci
Lo scorso mercoledi allo Sponz’Acqua diretto da Vinicio Capossela, Goffredo Fofi, introdotto dall’artista di origini irpine, ha tenuto una sorta di lectio magistralis di un’ora e mezza sull’attivista, poeta e scrittore di Sesana che ha vissuto in Sicilia con le sue iniziative e lotte per più di mezzo secolo. Scomparso nel 1997, Danilo Dolci è stato maestro di tanti attivisti sociali, pacifisti e meridionalisti degli ultimi 60 anni.
 g.marcon portavoce sbilianciamoci

Il festival di quest’anno - in formato ridotto a causa dell’emergenza Covid-19 - ha avuto come cornice tematica l’acqua e, naturalmente, diversi comuni dell’Irpinia, l’Italia “dell’osso” (un appennino difficile da coltivare e da cui ricavare opportunità di sviluppo e anche di sopravvivenza) come l’avrebbe definita l’economista Manlio Rossi Doria.
Di per sé, il coraggio di tenere la sei giorni di Sponz’Acqua in un territorio difficile da raggiungere, in diversi comuni lontani gli uni dagli altri (e tra l’altro seduti sui prati o sulle balle di fieno in campagna o in mezzo ad un bosco), è già un elemento di merito. L’altro è quello di non cedere mai all’uso del richiamo di “grandi nomi” come specchietto per le allodole: relatori tutti preparati e competenti, senza riguardo alla loro “fama”. Si va alla sostanza.
Tornando a Danilo Dolci. In una serata fredda e umida, un centinaio di persone sedute sul fieno ha seguito la lezione di Fofi che ha ricordato come la sua prima esperienza sociale si deve proprio a Dolci: “Nel 1955, a 18 anni, scrissi a Danilo perchè volevo andare a Partinico per unirmi a lui e al suo impegno in Sicilia”. Dolci promuoveva “scioperi alla rovescia” per chiedere lavoro per i contadini disoccupati, organizzava scioperi della fame contro l’insostenibile miseria della povera gente, dei bambini che morivano letteralmente di fame, dava vita ad iniziative culturali ed educative per strappare dall’analfabetismo i tanti che la scuola non l’avevano mai vista per il lavoro dei campi, organizzava l’occupazione delle terre incolte, promuoveva il lavoro di inchiesta sociale (quella su Palermo vinse il premio Viareggio nel 1957).
Fu portato a processo nel 1956 per le sue iniziative di disobbedienza civile ed in particolare per lo sciopero alla rovescia dedicato alla ricostruzione di una strada comunale abbandonata a Partinico. Il caso divenne di dominio nazionale: Carlo Levi, Norberto Bobbio, Pier Paolo Pasolini, Piero Calamandrei, Cesare Zavattini, Ignazio Silone e molti altri si mobilitarono per Dolci. Dolci fu un organizzatore di lotte sociali, di marce nonviolente, di manifestazioni partecipate cui partecipavano contadini, diseredati, poveri. Diede vita al 1970 alla prima radio libera: Radio Partinico Libera, che fu chiusa dalla polizia dopo poche ore di trasmissione.
Ma proprio a partire dagli anni ’70 le sue iniziative persero impulso e vigore. Ricorda Fofi: “Dolci, come molti altri, non seppe confrontarsi con il cambiamento del paese dettato dallo sviluppo neocapitalistico che iniziato negli anni ’50 ebbe i suoi più visibili effetti negli anni ’60 e ’70. L’Italia stava cambiando radicalmente e anche il meridione e la Sicilia, da cui erano partite milioni di persone per andare a lavorare nelle fabbriche del nord”.
Cosa rimane del pensiero e soprattutto dell’opera di Danilo Dolci, oggi? Intanto la scelta della disobbedienza civile di fronte alle situazioni di ingiustizia e di violazione dei diritti umani. Oggi, di fronte alla persecuzione dei migranti e alla violazione dei diritti degli emarginati e dei poveri, la disobbedienza civile è sempre più essenziale: non rispettare le leggi ingiuste è anche una forma della politica. In secondo luogo il Mezzogiorno: la ripresa di un’azione meridionalista – diversa e rinnovata- è fondamentale per il superamento delle diseguaglianze e per ridare speranza a tante parti del nostro meridione: anche per contribuire ad estirpare la mafia da quei territori. Terzo: la partecipazione dal basso – oggi travolta o meglio viziata dal dominio dei social- come coinvolgimento diretto degli “ultimi”, dei diseredati, come soggetti attivi e protagonisti della loro emancipazione e liberazione.
Nonostante sembrano passati anni-luce, rileggere Danilo Dolci e ripercorrere la sua opera può essere molto prezioso per l’azione di oggi della sinistra, dei movimenti sociali, delle campagne di base. E’ una riscoperta importante per ritrovare le ragioni di una politica e di un’azione sociale dal basso, capace di trasformare, di essere “maiuetica” (per usare l’espressione di Dolci), di formare forte identità sociali cementate dalla lotta contro l’ingiustizia.

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