lunedì 31 agosto 2020

"Fiat Adieu, si prepara a smobilitare anche dagli ultimi insediamenti in Italia". Intervento di Antonio Ingroia

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La nuova Punto sarà prodotta in Polonia su piattaforma della PSA, azienda francese di auto con la quale la FCA sta predisponendo la fusione. La notizia dei giorni scorsi segue analoghi annunci nelle scorse settimane per la produzione di Fiat500 e Lancia Ypsilon. Dopo decenni in cui ha segnato in maniera determinante le politiche industriali italiane e ricevuto immensi sovvenzioni statali, ultimo il prestito di 6.3 milioni di euro da Intesa San Paolo garantito da Sace e senza nessun obbligo previsto dallo Stato per il mantenimento di produzioni e livelli occupazionali, l’ex FIAT si prepara a completare il processo di completo abbandono del nostro Paese?
La FCA non è più ormai italiana, rifugiatasi nelle comode braccia del fisco olandese. Il vecchio progetto “Fabbrica Italia” di Marchionne non ha realizzato nessuno degli investimenti promessi ma ha falcidiato i livelli occupazionali e lanciato l’offensiva contro i diritti dei lavoratori culminata nell’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e nel jobs act renziano. Ora, le notizie di queste settimane fanno temere un nuovo massacro sociale con la chiusura di altri stabilimenti o, comunque, la cancellazione di migliaia di posti di lavoro. Notizie che potrebbero interessare direttamente gli stabilimenti per la produzione di auto di Pomigliano d’Arco e Melfi. Ma in prospettiva, considerando il peso della produzione di auto e il processo in atto dai tempi di “Fabbrica Italia”, interessare tutti gli stabilimenti del gruppo a partire dalla Sevel in Abruzzo, attualmente il più grande stabilimento del settore.

Se aver concesso la garanzia sul prestito durante lo scoppio dell’emergenza sanitaria e sociale dei mesi scorsi appare una decisione sconcertante, il silenzio del governo italiano e dei rappresentanti istituzionali locali dei territori coinvolti è gravissimo e inaccettabile. Sono in ballo i diritti e le sorti di migliaia di famiglie e il rischio di un colpo terribile per il tessuto economico italiano. E ancora una volta dobbiamo registrare una “politica” (le virgolette non sono casuali) che si piega e tace davanti all’arroganza di industriali che considerano le persone una variabile dei loro portafogli e si credono onnipotenti. È ora invece che lo Stato italiano cominci a pretendere dall’ex FIAT il rispetto del Paese e dei lavoratori, chiedendo finalmente (con decenni di ritardo ma meglio tardi che mai!) il conto delle miliardi di lire e milioni di euro che nei decenni sono stati regalati alla società della famiglia Agnelli. Mostrando quella schiena dritta che non c’è mai stata, piegata com’è stata la “classe dirigente” (anche qui le virgolette non sono casuali) di questo Paese ai loro desiderata.
La fuga definitiva dall’Italia è sconcertante, inaccettabile il prezzo che gli italiani rischiano di dover pagare. Chi di dovere, dai palazzi del potere romano a coloro che dovrebbero rappresentare le istituzioni italiane (non olandesi, polacche, francesi o fiattesche), rompa il silenzio, alzi la voce e si imponga di fronte a quest’ennesimo possibile sopruso padronale.

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