giovedì 27 agosto 2020

Continuavano a chiamarli Imprenditor..! Ecco il modello “green” della start-up milanese Straberry.

CASO STRABERRY DALLE CARTE EMERGE IL CLIMA DI TERRORE INSTAURATO DALL’EX BOCCONIANO. IL GIP: QUADRO DESOLANTE D’ALTRI TEMPI.

 «Noi noi con questa cosa qua che abbiamo il contratto a chiamata, non ti dico che chiamo… Però lo usiamo come strumento, no? Lavori male non ti chiamo, lavori bene ti chiamo».


infosannio.com il Corriere della Sera Giampiero Rossi

Guglielmo Stagno d’Alcontres spiega così, ignaro di essere intercettato dalla Guardia di finanza, la sua strategia nella gestione della forza lavoro nei suoi campi di fragole.

«Questo deve essere l’atteggiamento perché con loro devi lavorare in maniera tribale, come lavorano loro, tu devi fare il maschio dominante ( ride ), è quello il concetto, io con loro sono il maschio dominante».

A far scattare il sequestro della StraBerry è stata un’indagine complessa, condotta dalle Fiamme gialle. Per capire che cosa accadesse davvero nelle serre «fotovoltaiche» di Cassina de’ Pecchi, oltre all’incrocio di molte testimonianze – soprattutto da parte dei lavoratori africani – sono state necessarie molte verifiche di documenti e, anche, intercettazioni telefoniche.

E quello che ne emerge, nelle parole dello stesso giudice per le indagini preliminari Roberto Crepaldi, è un «quadro desolante, francamente degno di ben altra epoca e contesto, emerso dalle indagini», che «denota una visione meramente economica del lavoratore, inteso come mezzo produttivo da “spremere” per conseguire un maggior margine di profitto».

È questa l’altra faccia – quella brutta – della start up modello creata dal giovane bocconiano siciliano dal cognome blasonato e premiata due volte da Coldiretti. Ad aprire il primo squarcio sul «clima del terrore», come lo definiva lo stesso manager dalle nobili origini, sono proprio i ragazzi africani, i lavoratori reclutati per passaparola nei centri di accoglienza e poi arruolati per lavorare a Cascina Pirola, secondo regole non scritte ma urlate.

Uno dopo l’altro, i braccianti – molti dei quali domiciliati nel centro di accoglienza di via Corelli – si sono rivolti alla Guardia di finanza per raccontare le condizioni vessatorie di lavoro imposte a Cascina Pirola. Hanno paura, ma i conti non tornano: e poiché chi è ai margini inferiori della scala economica lavora soprattutto in cambio di denaro, la rabbia iniettata dalle vessazioni quotidiane si incanala nella denuncia di buste paga irregolari.

Per esempio, in vista di controlli, come quello degli emissari della Coop, il padrone istruisce così i lavoratori: «Se lui chiedere quanto prendere soldi una persona azienda, tu bisogno dire “io non lo so”». E poi: «Tu devi dire “io no pagare orario ma pagare giornata, giornata prendiamo più o meno 50 euro”».

I racconti dei giovani braccianti africani si confermano a vicenda. Ma gli investigatori cercano ulteriori prove nelle conversazioni telefoniche tra i dipendenti e i consulenti della StraBerry. Ascoltano conversazioni dalle quale emerge chiaramente che – per politica aziendale non c’è alcun legame tra ore lavorate e salario percepito, fino al giorno in cui, quasi increduli, intercettano una richiesta inusuale alla consulente delle paghe (a sua volta indagata): «A Guglielmo serviva una busta paga che fosse giusta, ok? Come se… un facsimile ».

E così finisce che ai lavoratori vengono riconosciuti 4,5 euro all’ora, la metà di quanto spetterebbe loro per contratto. Sui campi, intanto, incombe il più severo controllo. Una squadra di cinque persone, quattro italiani e un africano, sorvegliano ogni mossa del centinaio di lavoratori chini sulle piantine di fragole.

Nei racconti dei braccianti ci sono un «capo grande» e un «capo piccolo» che controllano ogni mossa. Guai a chi risponde al telefono o fa durare più di pochi secondi una pausa per bere o per fare pipì. E soprattutto, vietato considerare conclusa la giornata di lavoro se non sono stati raggiunti gli obiettivi stabiliti dal dominus .

Chi non ha raccolto o non ha zappato abbastanza non può andarsene: «Tu quanto hai fatto? Hai finito cinque? Ok ci vediamo domani» dice per telefono Stagno d’Alcontres a uno dei suoi dipendenti. Gli altri li manda via. In altre conversazioni intercettate, del resto, è lo stesso manager bocconiano a teorizzare un «sistema del terrore».

Il giudice parla anche di «uso strumentale del contratto a chiamata» e di «tono violento e razzista». Insomma nel 2020, a 15 chilometri dal Duomo, osserva il giudice, c’è chi fa impresa «sfruttando l’enorme disponibilità di mano d’opera straniera che accetta condizioni di lavoro al limite con la schiavitù pur di sopravvivere in Italia».

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