In
democrazia dovrebbe essere un obbligo rendere chiari i passaggi che
portano il Governo a compiere determinate scelte. Ora, il governo Conte
ha deciso di tenere segreti i documenti del Comitato Tecnico
Scientifico, cioè di quell’organismo che lo ha supportato nelle
decisioni da prendere sulla pandemia. Perché?
Anche
il meno “complottista” degli umani, come in fondo sono io, di fronte a
questa scelta storce il naso e non può fare a meno di porsi almeno un
quesito: cosa contengono di così scabroso quei documenti?
Non
aiuta a fugare i dubbi la decisione del Governo di ricorrere al
Consiglio di Stato contro la decisione del Tar di rendere pubblici quei
documenti (su istanza presentata dalla Fondazione Einaudi). Anzi, le
formule contenute nel ricorso aprono a ulteriori dubbi.
Il
motivo di secretare quei documenti, si legge nel ricorso, discende dal
fatto che i decreti legge che hanno imposto le decisioni (tra cui, non
dimentichiamolo, la limitazione di alcuni diritti costituzionali) sono
stati il «frutto di attività ampiamente discrezionali ed espressione di scelte politiche del governo».
Al
di là dell’ovvia considerazione che tutte le scelte politiche sono
“discrezionali”, io ne deduco che le indicazioni dei tecnici e degli
scienziati confliggevano – o comunque non supportavano del tutto – con
le scelte del governo.
Non
mi piace teorizzare sul nulla, dunque non tento neppure una
spiegazione. Mi permetto però una chiosa: in una democrazia sostanziale,
dove il cittadino è chiamato a partecipare e non solo a votare, il
punto debole di un governo è ciò che nasconde: più un governo occulta,
più sono legittimi i dubbi dei cittadini sul suo operato.
C’è
sempre la possibilità, certo, che al Governo non interessi la
partecipazione, ma solo il consenso elettorale. Per ciò, la trasparenza
non serve: basta la propaganda.
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