domenica 16 agosto 2020

Costituzione, salute, libertà, solidarietà.

Quale sarebbe stato il dibattito in Camera e in Senato sulla pandemia in corso se fossero stati “coinvolti” gli articoli della Costituzione?

micromega Vincenzo Cottinelli

I provvedimenti del Governo per combattere l’epidemia in corso sono oggetto di forte polemica. Per semplificare tengo da parte la critica di tipo “procedurale” (i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sono stati sottratti al controllo del Parlamento). La legittimità o meno di tale procedura è oggetto, fra i costituzionalisti, di una controversia che trovate esposta, secondo me con equilibrio, su Altalex.

Io invece mi occupo solo della questione di merito: se e quali diritti fondamentali sono stati compressi o sospesi dal Governo in questa fase.

Non ho la capacità di fare una lezione di diritto costituzionale e rischio di sbagliare, ma vorrei fornire riferimenti testuali accostandomi agli articoli 13, 16, 17, 32 e 41, così anche suggerendo di immaginare quale sarebbe stato il dibattito in Camera e Senato se questi fossero stati coinvolti.

Rileggere ogni tanto la Costituzione fa bene al cuore e al cervello, e magari aiuta nel discutere in modo documentato.



I Padri Costituenti non solo avevano a cuore il bene dell’Italia, perciò - sia pure da diversi punti di vista ideali - erano fedeli a valori oggi in gran parte perduti, ma erano anche bravi italianisti, conoscevano la grammatica e la sintassi, sapevano che la scelta delle parole da mettere e da escludere è importantissima: insomma erano ben lontani dall’ignoranza dell’attuale classe politica e legislativa, mentre la nostra Costituzione rimane anche un esempio di bell’Italiano.

Prendiamo le definizioni dei diritti individuali, che sono sotto i riflettori oggi. Li troviamo nel capitolo “Diritti e Doveri” e nel sottocapitolo “Rapporti civili”.

Per il tema delle restrizioni alla vita quotidiana molti fanno riferimento all’art.13: La libertà personale è inviolabile. Ma io lo ritengo non pertinente, perché qui si tutela la persona del singolo cittadino da detenzione (arresto), ispezione, perquisizione e simili, applicabili solo con provvedimento del giudice o con sua convalida successiva. Siamo, per semplificare, nel campo della procedura penale, con riguardo a provvedimenti che colpiscono il singolo, non a atti amministrativi o legislativi di tipo generale. Può sembrare un cavillo, ma proibire l’uscita di casa a tutti i contagiati ha piuttosto a che vedere con la libertà di movimento, di cui parla invece l’art.16. Eccolo:

“Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e sicurezza”. Evidente che qui siamo in tema di “lockdown” da epidemia. Ma è altrettanto evidente che nell’art.16 non c’è più la parola “inviolabile”: la libertà di ginnastica, di gita o di vacanza può dunque essere violata “per motivi di sanità e sicurezza”. E lo è stata, pur con qualche deroga o tolleranza o incertezza.

La libertà di riunione, per la quale tanto hanno sofferto e lottato gli italiani sotto il regime fascista, ora è in gioco principalmente per movida, sport, eventi, feste, funerali, messe, ristorazione, balneazione. Se ne occupa l’art.17, dove si affaccia la possibilità di porre limiti per motivi di sicurezza / incolumità. Nota bene: nemmeno qui si usa la parola “inviolabile”.

Ecco l’art. 17:” I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.”

Ma il diritto alla salute dove lo troviamo? Bisogna andare nel successivo paragrafo “Rapporti sociali”: non a caso, perché la salute è un fatto sociale! Ecco l’art.32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.” È uno shock: ci si poteva aspettare la formula classica (tipo: il cittadino ha diritto alla salute e all’assistenza) e invece si parte dal dovere della Repubblica di tutelare la salute. Ma questo è il Servizio Sanitario Nazionale come funzione pubblica! La spiegazione di questa scelta è folgorante: anzitutto la salute è un diritto fondamentale del cittadino (“fondamentale” qui corrisponde a “inviolabile” dell’art.13, anzi sta ancora più su: perché riguarda vita o morte) e poi contemporaneamente è un interesse della collettività. Magia delle parole usate bene: la collettività, cioè tutti noi insieme, abbiamo interesse a che tutti stiano in salute e soprattutto che rimangano in vita. C’è bisogno di spiegare il perché? Affettivamente, socialmente, economicamente, il singolo e la comunità, sia famigliare che sociale, vivono meglio (spendono meno!) se vivono sani. C’è qualcuno che spavaldamente lo può negare? O fa finta di essere indifferente? Si, purtroppo c’è: è il segno di un disastro umano, culturale, politico. Dietro il quale ci sta non solo l’ignoranza e il cinismo (negazione del fenomeno epidemico, disprezzo della vita altrui) ma un po’ anche il tarlo di una pseudo cultura che va dal rifiuto della validazione scientifica e dell’informazione, al rigetto delle cure consolidate, delle trasfusioni, della vaccinazione; e poi la passione per l’omeopatia e la naturopatia, o il complottismo farmacologico. In definitiva la concezione della cura come una questione di gusto personale, di religione, di consumo o di moda, o perfino di politica.

Viceversa, per la nostra Costituzione, essere collettività interessata alla salute vuol dire cooperazione e condivisione della cura, non individualismo sfrenato (spesso anche fanatico e violento). E poi: il cittadino sano dentro la collettività cosciente di vivere (bene) insieme è quello più coerente con una Repubblica fondata sul lavoro (art.1). Repubblica che, mentre al cittadino “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo”, gli “richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art.2). Solidarietà sociale: per esempio collaborare attivamente a combattere l’epidemia e a restare tutti sani (non far morire gli altri, direbbe il Presidente Mattarella). E la produzione? E le aziende? L’impresa, l’economia, colpite dalla chiusura, dal blocco dei trasporti e d’altra parte gravate dal sospetto legittimo che “aprire tutto, muoversi, lavorare, produrre” abbia causato la maggiore concentrazione di vittime. Che cosa dice la Costituzione? Ecco l’art.41, che non si trova nel capitolo dei diritti, ma in quello dei rapporti economici “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.” Anche qui le parole sono di importanza fondamentale: finissima la distinzione fra iniziativa e svolgimento! Non si prevede un “diritto all’impresa libera” ma libertà di iniziativa privata. Libertà di iniziare, di intraprendere. Ma con l’avvertenza che lo svolgimento dell’attività ha dei grossi limiti: semplicemente “non può” prescindere dal rispetto di fondamentali valori umani, fra i quali la sicurezza (la salute). Su questa tassatività (c’è scritto “non può”, invece che “deve cercare, deve tendere” o simili) è basata tutta la legislazione e la giurisprudenza per la tutela della salute e sicurezza dentro e fuori la fabbrica. Non a caso un punto programmatico di uno dei governi Berlusconi era quello di riformare l’art. 41 per poter copiare la deregulation thatcheriana e reaganiana. Per l’attuale situazione epidemica è logico, mi sembra, desumere che prima viene la garanzia dell’incolumità di lavoratori e cittadini, poi la produzione.

Credo di aver toccato alcuni punti fondamentali. Da come lo ho esposti è chiaro il mio punto di vista (e magari qualche errore) ma penso di aver fornito strumenti testuali utili a ciascuno per argomentare le proprie opinioni in modo serio, per evitare pressapochismo, rancore, o complottismo.

POST SCRIPTUM - A proposito di bellezza e nobiltà delle parole usate dai costituenti mi piace ricordare l’art.54 che forse non c’entra con quanto stiamo dicendo (?). “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore [….]” Fedeltà, osservanza, disciplina, onore. Scusate se è poco.

(14 agosto 2020)

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