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Ha fatto scalpore il suicidio del ministro delle Finanze tedesco dell’Assia,
Thomas Schäfer, che a soli 54 anni si è tolto la vita gettandosi sotto a
un treno ad alta velocità, disperato per l’impatto economico del
coronavirus.
Sposato con due figli, ministro di uno dei Land più ricchi in Germania,
6,5 milioni di abitanti e sede di Francoforte, era dato favorito per la
carica di presidente, ma non ha retto al carico eccessivo di stress. Un
gesto estremo, straziante, mosso da una lucida visione delle conseguenze
drammatiche che il lockdown porterà all’economia e alla vita di milioni
di persone.
Ma se quello del ministro tedesco è il primo caso illustre di suicidio
per coranavirus, non è certo un episodio isolato. Casi di suicidi legati
alla quarantena si stanno verificando ovunque, in primis in Italia,
dove le restrizioni sono iniziate prima che in altri Paesi occidentali e
dove queste vengono applicate con un crescente rigore. Presi dal
concitato bollettino di morti con coronavirus, i media lasciano poco
spazio ad altre notizie di cronaca e, forse per non allarmare una
popolazione già molto stressata dalla vicenda sanitaria, omettono alcune
terrificanti notizie. Come il suicidio avvenuto due giorni fa nella provincia di Torino di un giovane di 29 anni,
dopo aver ricevuto notizia del suo licenziamento da parte dell’azienda,
costretta a chiudere a causa delle perdite economiche causate dal
protrarsi del lockdown. Quel lavoro tanto ricercato, con un contratto da
tirocinante iniziato 8 mesi fa, aveva regalato serenità a un ragazzo
che, come tanti giovani di oggi, era sensibile alle difficoltà di una
società senza certezze nel futuro. Le misure restrittive adottate per
contenere il coronavirus non hanno risparmiato la sua vita.
Prima di lui, una settimana fa, un altro giovane, un runner di 40 anni,
che dall’attività fisica traeva probabilmente il proprio benessere
psico-fisico, è stato ritrovato privo di vita, con un cappio al collo.
Era scomparso da giorni, a seguito di quell’ondata di odio e
intolleranza verso chi svolge attività fisica all’aperto, nonostante la stessa OMS ne raccomandi la pratica quale comportamento virtuoso durante l’emergenza coronavirus. Ma la lista, purtroppo, non si ferma qui: l’infodemia,
intesa come quantità eccessiva di informazioni, doviziosa di
particolari clinici e immagini di sofferenza provenienti dagli ospedali
cui non eravamo abituati, non può non impressionare il cittadino comune,
in un processo di ipocondrizzazione di massa.
Così un 65enne di Pavia, ricoverato per una forma di
broncopolmonite e in attesa del risultato del tampone per la positività
da coronavirus, si è buttato dal terzo piano dell’ospedale. Mentre a
Salerno una donna di 52 anni, madre di due figli, in
preda all’ossessione di poter essere contagiata dal COVID19, si è uccisa
gettandosi dal balcone della sua abitazione.
Più fortunato il 65enne di Lecce, salvato
dall’intervento di un parente mentre tentava di togliersi la vita,
convinto di essere positivo al malefico virus, quando in realtà i suoi
problemi erano legati alle corde vocali come ha confermato l’esito
negativo del tampone.
Vicino al fiume Piave un pescatore ha ritrovato il corpo esanime di una donna di 49 anni,
un’infermiera che lavorava in terapia intensiva. Aveva la febbre e
temeva di aver contratto il virus: pur sapendo che le possibilità di
sopravvivere per una donna della sua età fossero davvero alte, ha
preferito rinunciare alla vita, forse assalita dal senso di colpa e
dalla paura di aver contagiato dei pazienti.
In queste ore arriva la notizia dell’omicidio di Lorena, studentessa all’Università
di Messina, uccisa dal convivente, anche lui studente, che poi ha
provato a tagliarsi le vene, dopo aver confessato il delitto al 112. Un
femminicidio ai tempi della quarantena, quando la convivenza forzata,
unita al clima di terrore e al pensiero costante di morte che accompagna
le nostre vite, rende ogni dissidio esacerbato, insormontabile, fino a
sfociare in gesti estremi.
Sono tante le storie di violenze domestiche in questi giorni, come racconta Eliana D’Ascoli, psicologa per Telefono Rosa: “stare
a casa forzatamente sta aumentando in maniera esponenziale gli episodi
di violenza anche in situazioni in cui, fino a prima della quarantena,
non si erano mai palesate dinamiche violente. La noia, l’ansia e il
nervosismo che viviamo in questi giorni stanno accentuando ancor di più
le dinamiche delle famiglie violente”.
In un momento in cui l’attenzione è tutta concentrata sulla salute
fisica, al pericolo del contagio e della malattia, non sottovalutiamo la
salute mentale dell’individuo, messa a repentaglio da misure restrittive straordinarie, che spezzano le reti sociali, naturale supporto per le persone più fragili e meno fortunate.
La storia insegna che le misure di quarantena collettiva sono
associate a un aumento dei numero di suicidi, così come di abusi in
famiglia, disturbi psichici, divorzi e azioni criminali. Come spiega il
prof. Maurizio Pompili, del Servizio per la prevenzione del suicidio,
quando si perdono le aspettative per il futuro, il rischio di suicidi cresce. “Avremo
nuovi casi, soprattutto per le ricadute economiche. Le risorse ridotte
dovute al dover proteggere la popolazione dal contagio rischia di
impoverire il sostegno alle persone in crisi. Ci sono categorie più
esposte, ma il rischio è diffuso e bisogna prevenire.”
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