Lauree honoris causa in strani istituti, pubblicazioni in riviste non riconosciute, sieri di feci di capra e autocandidatura al premio Nobel. Tutto quello che non torna nel curriculum dello scienziato amato dalla tv. A cui manca, forse per poco, solo la politica.
Uno spettro si aggira per l’Europa: il virologo. Magari già Premio Nobel o luminare non ascoltato in patria che sa tutto sul Covid. Ogni Paese ne ha uno e l’Italia non fa eccezione. Per noi a difendere i colori della categoria c’è Giulio Tarro, primario emerito dell’Ospedale Cotugno di Napoli, che ha più volte sostenuto che con il caldo il virus scomparirebbe e che in Italia il "lockdown è senza senso, perché dobbiamo usare le armi di questo Paese, il sole e il mare per aiutarci a guarire", quindi "andare in vacanza invece che rimanere in casa col contagio familiare", e che in "Africa la malattia non sta attecchendo perché fa caldo" - mentre un rapporto della Commissione economica delle Nazioni Unite per il continente nero avverte: la pandemia può fare 3,3 milioni di vittime.
Tarro, che si definisce, "Miglior virologo al mondo" in virtù di un premio conferito da una agenzia americana, la IAOTP che crea siti internet, è stato ripescato prima dai media locali e poi da reti televisive nazionali dopo una lunga assenza dal panorama mediatico che non ha però sanato le incongruenze che il suo curriculum ci regala e nonostante questo non ha lesinato giudizi sprezzanti nei confronti di altri membri della comunità scientifica: "siamo un Paese strano. Come possiamo dare retta a due tizi come Roberto Burioni e Ilaria Capua?".
Siamo un Paese strano è vero e si sa che il titolo di "Professore" non si nega a nessuno, dal medico di base fino all’insegnante di ripetizioni private è un fioccare di titoli ed è così anche per Tarro che non è mai stato docente come dichiara nel suo curriculum, anzi "docente ufficiale", perché i professori universitari hanno vari inquadramenti di ruolo, a contratto, associato, ordinario, mentre Tarro non compare nei registri online dell’Università di Napoli Federico II e in quelli accessibili da Cineca, il portale ufficiale per la ricerca dei docenti a livello nazionale; risultano invece alcuni brevi corsi tenuti negli anni ’70.
Abbiamo saggiato nelle righe precedenti la passione di Tarro per i titoli "pezzotti" come si direbbe a Napoli, titoli onorifici alle volte a pagamento, che sopratutto negli anni ’80 e ’90 spopolavano: bastava avere un’associazione culturale statunitense situata in qualche sperduta landa dal nome roboante e con qualche centinaia di dollari si poteva avere un bel diploma di benemerenza honoris causa.
Il metodo funzionava meglio quando non c’era la rete ma rimane ancora attivo: in pratica una istituzione culturale dà a pioggia gratuitamente titoli onorari a docenti, Nobel, deputati, senatori; titoli che non hanno nessuna valenza legale perché non riconosciuti, che però fanno gola a chi un titolo lo ambisce per prestigio personale, magari domestico, e che in questo caso è a pagamento.
Le lauree honoris causa che Tarro dichiara di possedere provengono da entità pittoresche come l’Università Costantiniana di Cranston che lo ha insignito - scrive nel suo curriculum -di un "titolo honoris causa" in bioetica nel 1996, "Università" che fu al centro di una polemica proprio con Albert Sabin, il virologo che trovò il vaccino per la poliomelite di cui Tarro fu allievo. Da documentazione acquisita sul portale dell’Università di Cincinnati infatti è possibile reperire il carteggio in cui Domenic Vavala, rettore dell’ateneo inviò una lettera di scuse e spiegazioni per averlo messo senza la sua autorizzazione all’interno di un opuscolo che annunciava il conferimento di una "Laurea".
Sabin, evidentemente alterato, scrisse anche all’Ambasciata statunitense a Roma per chiedere quale fosse lo status giuridico dell’Università e per tutta risposta gli venne ricordato che non si trattava di una università riconosciuta ma di un ente filantropico. Nel carteggio si fa riferimento a Giulio Tarro come tramite delle comunicazioni. Tarro compare anche nella didascalia del sito dell’università Costantiniana di Craston in cui Sabin ricevere una preziosa pergamena da Vavala niente di meno che al "Quirinale palace" nel 2001: peccato che quello non sembri proprio il Quirinale e soprattutto che Sabin abbia lasciato questa terra nel 1993.
Degne di nota sono anche le lauree honoris causa conferite dalla sconosciuta St. Theodora Academy di New York nel 1991 in "Immunologia", quella in Tecnologie Biomediche dalla "prestigiosa" ASAM University di Roma (The Western Orthodox University, un ente simile all’Università Popolare). C'è anche un vessillo in Scienze Sociali in Costa d’Avorio, esattamente alla Bouaké University, che fu fondata nel 1992 come centro universitario, nel 1995 ricevette un riconoscimento giuridico e proprio nel 2010 a causa di disordini militari chiuse, ma fece in tempo a conferire un’altra laurea al pluridecorato Tarro. Oggi l’Ateneo ha cambiato nome e si chiama Università di Alassana.
Una passione per i premi, quella di Tarro, che ha toccato il prestigioso Nobel, riconoscimento a cui sarebbe stato candidato per molte volte come sostenuto e mai smentito dal diretto interessato: circostanza inverificabile visto che, come confermatoci dalla stessa Accademia di Svezia, le candidature sono rese pubbliche cinquant’anni dopo il conferimento di un premio. Inventata è la "Commissione per la virosfera" presso l’Unesco di cui Tarro ha comunicato essere stato nominato presidente dopo anni di battaglie. Enrico Vincenti, Segretario Generale per la Commissione Nazionale Italiana dell’Unesco ci ha scritto: "da una verifica effettuata presso il Segretariato dell’Unesco a Parigi è risultato che all’interno dell’Unesco non esiste un comitato per la virosfera e che l’UNESCO non ha alcuna associazione con il Prof. Giulio Tarro".
Una smentita che si aggiunge al fiume di altre che provengono dal mondo accademico dove ci suggeriscono che Tarro non salvò affatto Napoli dal "male oscuro" perché l’isolamento del virus respiratorio sinciziale avvenne nel 1979 da un pool di ricercatori composto dalla Cattedra di Virologia Ornologica, Istituto di Patologia Generale, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Napoli cattedra di Virologia e dal Laboratorio di Malattie Batteriche e Virali dell’Istituto Superiore di Sanità.
Tarro pubblicò successivamente studi sul virus, ma non fu certamente colui che isolò in solitudine il virus e permise la salvezza dei bambini di Napoli, ma come spesso accade nella sua biografia ebbe una buona capacità comunicativa. Anche perché nel 1980 mentre Napoli combatteva col colera Tarro, come racconta anche il professor Roberto Burioni nel suo libro "Balle spaziali" (Rizzoli), incontrò Liborio Bonifacio, un veterinario che nel 1969, aveva inventato un composto a base di feci e di urina di capra, perché Bonificio aveva l’erronea convinzione che le capre fossero immuni al cancro. Nonostante la sperimentazione sia sulle capre che sugli esseri umani avesse fallito nei primi anni ’70, quasi dieci anni dopo Tarro si fece convincere da Bonifacio e accettò di provare nuovamente il siero e come scrive Burioni: "proprio in quel periodo lo stesso Tarro tira fuori un suo farmaco miracoloso (chiamato TLP, Tumor Liberated Protein) che a suo dire stimola e potenzia la risposta immunitaria dei malati di tumore.
Bonifacio comincia a sospettare che il TLP non sia altro che il suo siero segreto sotto un falso nome (tra scienziati si intendono) e l’idillio finisce, ma non prima dell’organizzazione di un convegno a Saturnia intitolato «L’anticancro Bonifacio: riesame 1980» che si conclude con qualcosa di molto simile a una rissa". Ovviamente il TLP di Tarro scomparve dalla scena ma il siero di Bonifacio complici due medici siciliani vive ancora. D'altra parte Giulio Tarro ha da sempre il sogno di curare il cancro e può farlo grazie alla Fondazione per la ricerca sul cancro "Teresa e Luigi de Beaumont Bonelli" da lui fondata nel 1978 con il lascito della contessa Teresa: la fondazione ha il nobile scopo di finanziare borse di studio per la ricerca sul cancro. Ma anche qui la situazione appare poco chiara perché nella sezione "Cosa finanziamo" appaiono solamente lavori pubblicati consultabili su riviste definite "Predatory Publishers" ovvero riviste che prendono studi (senza revisionarli o senza un adeguato controllo) e li pubblicano, distorcendo il sapere scientifico e dando vita a campagne di disinformazione e speculazioni.
Tarro inoltre dichiara di essere editor della rivista "Journal of Vaccine Research & Development" edita a Singapore, senza impact factor e senza comitato editoriale.Legato alle sue attività con la Fondazione c’è il sodalizio con laSbarro Health Research Organization, che esprime un consigliere direttivo nel cda della Fondazione e avrebbe aperto le porte a Tarro della prestigiosa Temple University che per un periodo è apparsa sul suo curriculum salvo poi essere rimossa. La Sbarro Health Research Organization ha una partnership con la Temple e sembra che il rapporto di docenza sia nato in seno ad un dipartimento per la Biotecnologia. La Temple contattata smentisce che Tarro sia mai stato autorizzato a parlare in nome e per conto dell’ateneo, anche se su internet è ancora visibile una video conferenza sui vaccini organizzata da una rivista predatoria, Omics International, che è stata multata dalle autorità statunitensi per la somma di 50 milioni di dollari per aver pubblicato studi scientifici non verificati. Tra le altre attività di Tarro vale la pena ricordare la Presidenza della "Società Scientifica per il principio di precauzione", un’associazione che pubblica studi antiscientifici, avalla teorie sull’esistenza del Covid ed ha come componente il senatore Vincenzo D’Anna, presidente dell'ordine dei Biologi, al centro di numerose contestazioni interne sull’atteggiamento tenuto sia su questa pandemia che sulle tematiche legate ai vaccini, noto anche per aver inventato la balla dell’attico a Manhattan di Roberto Saviano e per aver denunciato un gruppo di giovani biologi, "Biologi per la scienza", che hanno contestato le sue teorie. Nella vita di Giulio Tarro infine manca solamente un’esperienza politica di livello e chissà che qualcuno in queste ore non stia accarezzando il pensiero di candidarlo contro Vincenzo De Luca, dal curriculum, come si dice in gergo, sembrerebbe avere le carte in regola.
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