Pubblichiamo
la traduzione della meticolosa descrizione scritta a “sei mani” su come
la Cina sia riuscita a sconfiggere vittoriosamente la “prima ondata”
dal contagio del coronavirus. Questo articolo è apparso sul prestigioso Indipendent Media Institute il 15 aprile ed è stato ripreso dalla testata digitale della storica rivista della sinistra radicale nord-americana Monthly Review On Line il 19 aprile.
Avevamo precedentemente pubblicato un racconto-intervista di ciò che è stata l’esperienza della quarantena nella città di Wuhan, nella provincia di Hubei, ed un altro resoconto del corrispondente del “The Washington Post” a Pechino.
Dalla
lente di questi due differenti osservatori emergevano chiaramente
alcune caratteristiche della risposta vincenti della Repubblica Popolare
che qui sono riportate minuziosamente in una scansione cronologica che
va dai primi di gennaio alla fine dei 76 giorni di lockdown.
Altri
acuti osservatori, in questo caso osservatrici, avevano individuato la
chiave di volta della risposta cinese all’emergenza sanitaria al proprio
interno e poi alla pandemia globale nella “pianificazione socialista” di questo Paese.
Infatti,
nonostante i primi errori nell’affrontare l’epidemia alla fine dello
scorso anno, che sono stati pubblicamente ammessi dalla dirigenza, la
Cina è riuscita ad affrontare da subito, al meglio, con l’inizio del
nuovo anno la sfida del Covid-19.
Come ci ricorda il collettivo anti-imperialista cinese Qiao: “È
quindi interessante notare come nessuno dei media occidentali abbia
menzionato che il sindaco e il segretario di partito di Wuhan abbiano
ammesso apertamente il loro errore sia in conferenze stampa, sia in
interviste per popolari programmi televisivi, né di come il Partito
abbia imposto chiaramente e in termini inequivocabili la totale
trasparenza e condivisione delle informazioni riguardanti il virus”.
Questa
trasparenza si è chiaramente manifestata con la diffusione della
“mappatura genetica” del virus avvenuta nella prima metà di gennaio –
che ha permesso di lavorare globalmente da subito sulla creazione del vaccino – e della stretta e fruttuosa collaborazione tra Cina e Organizzazione Mondiale della Sanità
in particolare ed in generale con tutti i Paesi che ne hanno fatto
richiesta, al di là delle menzogne di Trump e di chi vi si è allineato.
In
questo articolo emerge come l’esigenza principale della dirigenza
cinese fosse – dopo avere preparato una risposta medica adeguata dai
primi giorni di gennaio – “mettere la salute delle persone prima degli interessi economici”, e non gli interessi del “partito del PIL” come è avvenuto nei paesi occidentali tra cui il nostro.
In
un sistema sanitario pubblico-privato, come quello cinese, in cui le
conseguenze dell’epidemia della Sars nel 2003 hanno fatto fare alla
dirigenza una notevole “marcia indietro” rispetto al processo di
privatizzazione intrapreso precedentemente – considerate le
inadeguatezze riscontrate – il PCC ha assicurato che “Le cure mediche per i pazienti con COVID 19 sarebbero state garantite per tutti e gratuite”.
Allo stesso tempo si è fatto tesoro delle esperienze pregresse sul campo maturate anche grazie al contributo che la Cina ha fornito contro l’Ebola in Africa che è stato primo salto di qualità nell’articolazione della “via della seta della salute” .
La
ricercatrice Chen Wei, è il simbolo di questo impegno su “due fronti”
ed ora è in prima fila per la sperimentazione di un vaccino.
Il
ruolo del PCC e delle organizzazioni di base ed in particolare dei
militanti comunisti – che hanno pagato un caro prezzo in termini di
perdite di vite umane – è stato fondamentale. Alla pianificazione
“centralizzata” dell’intervento dello Stato si sono unite le capacità
dei corpi sociali intermedi – tra cui i “comitati di quartiere”, juweihui in cinese – tali per cui “Il decentramento ha prodotto risposte creative”.
Solo gli improvvisati pennivendoli nostrani, potevano ignorare come la “mobilitazione popolare”
sia uno dei tratti distintivi della società cinese contemporanea,
dandoci una immagine che reitera gli stereotipi eurocentrici del “dispotismo asiatico” e amenità del genere.
Misure
di contenimento “localizzate”, forniture adeguate per il personale
sanitario e di medicine per i pazienti, l’assicurazione di cibo e
carburante per gli abitanti nella zona del lockdown ed informazioni corrette e scientificamente comprovate sono stati i cardini d’intervento, i 4 punti riportati nell’articolo.
La
“localizzazione” della zona del contagio messa in quarantena ha
permesso la mobilitazione “nazionale” di personale sanitario e squadre
epidemiologiche, incaricate della cura e del monitoraggio della
malattia, tenendo conto che già dalla prima metà di gennaio era pronti i
kit per i test.
“La
velocità di produzione delle attrezzature mediche, specialmente dei
dispositivi di protezione per gli operatori sanitari, è stata mozzafiato”, riportano gli autori, citando la crescita esponenziale della loro disponibilità dopo un primo momento in cui scarseggiavano.
Il
ruolo delle imprese statali e delle cooperative è stato fondamentale,
così come il monitoraggio del governo rispetto alla speculazione sui
prezzi, ma anche il settore privato dell’economia ha dato la sua mano.
Al “sostegno
finanziario alle piccole e medie imprese; in cambio, le aziende hanno
cambiato le loro abitudini per garantire un ambiente di lavoro sicuro”.
Insomma tutto il contrario di ciò che avvenuto qui dove i prenditori chiagne e fotti,
hanno generalmente pianto miseria, fatto pressioni per un ritorno alla
“normalità” produttiva senza essere in grado di predisporre
provvedimenti adeguati in termini di salute.
Un disastro annunciato, altro che ripresa!
Se confrontiamo la qualità della risposta della Cina a quella presa dalla maggior parte dei Paesi Occidentali il paragone appare impietoso, soprattutto se prendiamo in considerazione la disastrosa gestione in Lombardia che come abbiamo più volte ribadito deve essere da subito commissariata .
Quello
che abbiamo di fronte è un vero e proprio “scontro di civiltà”, ma non
nel senso descritto da chi ha coniato questo concetto, sarà per questo
che la produzione seriale di “false informazioni” ed il bashing
mediatico contro la Cina occupa gran parte dello sforzo dis-informativo
dei media mainstream.
Buona Lettura
***
La
Cina è stata in grado di utilizzare le sue notevoli risorse – la sua
cultura e le sue istituzioni socialiste – per spezzare rapidamente la
catena
Il
31 marzo 2020, un gruppo di scienziati provenienti da tutto il mondo,
dall’Università di Oxford alla Normal University di Pechino, ha
pubblicato un importante studio su “Science”. Questo documento – “Indagine sulle misure di controllo della trasmissione durante i primi 50 giorni dell’epidemia COVID-19 in Cina”
– sostiene che se il governo cinese non avesse imposto il blocco totale
di Wuhan e non avesse dichiarato l’emergenza nazionale, ci sarebbero
stati 744.000 casi confermati di COVID-19 in più, al di fuori di Wuhan. “Le misure di controllo adottate in Cina“, sostengono gli autori, “sono una lezione per gli altri paesi del mondo“.
Nel report di febbraio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dopo una visita in Cina, i membri della delegazione hanno scritto: “Di
fronte a un virus finora sconosciuto, la Cina si è lanciata nello
sforzo di contenimento della malattia forse più ambizioso, agile e
aggressivo della storia“.
In
questo articolo vogliamo descrivere nel dettaglio le misure adottate ai
diversi livelli del governo cinese e dalle organizzazioni sociali, per
arginare la diffusione del virus e della malattia in un momento in cui
gli scienziati avevano appena iniziato a raccogliere dati, e di come
hanno lavorato senza un vaccino e neppure un trattamento farmacologico
adatto contro il COVID 19.
L’emergenza di un piano
Nei
primi giorni di gennaio 2020, la Commissione per la salute pubblica
(NHC) e il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle
malattie (CDC) hanno iniziato a stabilire dei protocolli per
gestire la diagnosi, il trattamento e i test di laboratorio per quella
che allora era considerata una “polmonite virale di origine
sconosciuta”.
Il NHC e i dipartimenti sanitari della provincia dell’ Hubei hanno prodotto un manuale per il trattamento
che è stato inviato a tutti i presidi sanitari della città di Wuhan il 4
gennaio; lo stesso giorno in tutta la città è stato condotto l’addestramento
relativo al trattamento. Per il 7 gennaio il CDC aveva isolato il primo
nuovo ceppo di coronavirus, e tre giorni dopo, il Wuhan Institute of
Virology (Accademia cinese delle scienze) e altri iniziarono a
sviluppare i kit per i test.
Entro
la seconda settimana di gennaio si sapeva di più sulla natura del
virus, e così iniziò a prendere forma un piano per contenerlo. Il 13
gennaio, il NHC incaricò le autorità della città di Wuhan di iniziare la
misurazione della febbre nei porti e nelle stazioni e di ridurre gli assembramenti.
Il
giorno successivo, il NHC ha organizzato una teleconferenza nazionale
in cui ha avvisato tutta la Cina del virulento ceppo di coronavirus e ha
esortato tutti a prepararsi per un’emergenza sanitaria.
Il 17 gennaio, l’NHC ha inviato sette squadre di ispezione
nelle province cinesi per addestrare i funzionari della sanità pubblica
sul virus e il 19 gennaio l’NHC ha distribuito reagenti agli acidi
nucleici per i kit dei test a numerosi dipartimenti sanitari cinesi.
Zhong Nanshan, ex presidente della Associazione medica cinese, ha
guidato un gruppo di alto livello nella città di Wuhan per effettuare
delle ispezioni fra il 18 e il 19 gennaio.
Nei
giorni successivi, il NHC ha iniziato a capire come il virus veniva
trasmesso e come poteva essere fermato. Tra il 15 gennaio e il 3 marzo,
il NHC ha pubblicato sette edizioni delle sue linee guida. Analizzando
queste versioni è palese un preciso sviluppo delle conoscenze prodotte
sul virus e dei suoi piani di contenimento; i quali includevano nuovi
metodi di trattamento, incluso l’uso della ribavirina e una combinazione
di medicina cinese e medicina allopatica.
L’Amministrazione
nazionale per la medicina tradizionale cinese riferirà alla fine che il
90 percento dei pazienti ha ricevuto una cura tratta dalla medicina
tradizionale, che si è rivelata efficace nel 90 percento dei casi.
Il
22 gennaio, era diventato chiaro che il trasporto in entrata e in
uscita da Wuhan doveva essere limitato. Quel giorno, l’Ufficio
Informazioni del Consiglio di Stato ha invitato le persone a non andare a
Wuhan, e il giorno successivo la città è stata sostanzialmente chiusa.
La triste realtà del virus era ormai diventata chiara a tutti.
Gli atti del governo
Il 25 gennaio, il Partito Comunista Cinese (PCC) ha formato una task force del Comitato Centrale
per la prevenzione e il controllo del COVID 19 nominando due
responsabili: Li Keqiang e Wang Huning. Il presidente cinese Xi Jinping
ha incaricato il gruppo di utilizzare le informazioni scientifiche più
avanzate per formulare le politiche per contenere il virus e di
utilizzare ogni risorsa con l’obbiettivo di mettere la salute delle
persone prima degli interessi economici.
Entro
il 27 gennaio, il vicepresidente del Consiglio di Stato Sun Chunlan
aveva costituito una task force nella città di Wuhan per dare forma alla
nuova risposta per il controllo del virus. Nel passare dei giorni, il
governo e il Partito comunista hanno sviluppato un piano per combattere
il virus, che può essere sintetizzato in quattro punti:
1. Prevenire
la diffusione del virus mantenendo non solo un blocco nella provincia,
ma riducendo al minimo il traffico anche all’interno della stessa.
Ciò è stato reso complicato dai festeggiamenti del Capodanno cinese che
era già iniziato; le famiglie si sarebbero incontrate e fatte visita e
avrebbero frequentato i mercati (questo è il più grande spostamento
umano a breve termine, quando quasi tutti gli 1,4 miliardi di cinesi si
ritrovano nelle case gli uni con gli altri). Tutto questo doveva essere
evitato. Le autorità locali avevano già iniziato a utilizzare le
scoperte epidemiologiche più avanzate per tracciare e studiare la fonte
delle infezioni e tracciare le vie di trasmissione. Tutto questo è stato
essenziale per arrestare la diffusione del virus.
2. Distribuire
risorse per gli operatori sanitari, inclusi i dispositivi di protezione
per i lavoratori, i letti ospedalieri per pazienti e le attrezzature,
nonché medicinali per il trattamento dei pazienti. Ciò includeva la
costruzione di centri temporanei per il trattamento, compresi due
ospedali completi (Huoshenshan Hospital e Leishenshan Hospital).
L’aumento degli screening ha richiesto più kit per i test, che dovevano
essere sviluppati e prodotti.
3. Garantire che durante il blocco della provincia, cibo e carburante fossero disponibili per i residenti.
4. Garantire la diffusione al pubblico di informazioni basate su fatti scientifici e non su voci non confermate.
A tal fine, il gruppo ha indagato su tutte le azioni irresponsabili
intraprese dalle autorità locali analizzando i report dei primi casi
fino alla fine di gennaio.
Questi
quattro punti hanno definito l’approccio adottato dal governo cinese e
dalle autorità locali tra febbraio e marzo. È stato istituito un
meccanismo congiunto di prevenzione e controllo sotto la guida del NHC,
con ampia autorità per coordinare gli sforzi per spezzare la catena
dell’infezione. La città di Wuhan e la provincia di Hubei sono rimaste
sotto blocco virtuale per 76 giorni fino all’inizio di aprile.
Il
23 febbraio, il presidente Xi Jinping ha parlato con 170.000 quadri del
Partito comunista, della regione e funzionari militari di ogni parte
della Cina; “Questa è una crisi e anche un test importante“, ha
detto Xi. Tutto l’impegno della Cina è nella lotta contro l’epidemia
mettendo le persone al primo posto, e allo stesso tempo la Cina assicura
che la sua agenda economica a lungo termine non venga danneggiata.
Comitati di quartiere
Un
ruolo chiave, ma sottostimato, nella risposta al virus è stato
rappresentato dall’azione pubblica che definisce la società cinese.
Negli anni ’50, le organizzazioni civili urbane – o juweihui – si svilupparono come modo per i residenti nei quartieri di organizzare la loro reciproca sicurezza e il mutuo aiuto. A
Wuhan, mentre andava instaurandosi il blocco totale, i membri dei
comitati di quartiere andavano porta a porta per provare la febbre,
fornire cibo (in particolare agli anziani) e distribuire dispositivi
medici.
In
altre parti della Cina, i comitati di quartiere hanno istituito dei
blocchi per misurare la temperatura all’ingresso dei quartieri per
monitorare le persone che entravano e uscivano; questa è la tutela della
salute pubblica di base in modo decentralizzato. A partire dal 9 marzo,
53 persone che avevano lavorato in questi comitati hanno perso la vita,
49 di loro erano membri del Partito Comunista.
90 milioni di membri del Partito Comunista e i 4,6 milioni di
organizzazioni di base del partito hanno contribuito a dare forma
all’azione pubblica in tutto il paese, in prima linea nelle 650.000
comunità urbane e rurali della Cina.
Gli
operatori sanitari che erano membri del partito si sono recati a Wuhan
per far parte della risposta medica in prima linea. Altri membri del
partito hanno lavorato nei loro comitati di quartiere o hanno sviluppato
nuove piattaforme per rispondere al virus.
Il decentramento ha prodotto risposte creative.
Nel villaggio di Tianxinqiao, nella città di Tiaoma, nel distretto di
Yuhua, a Changsha, nella provincia di Hunan, Yang Zhiqiang, uno
strillone del villaggio, ha usato 26 altoparlanti per esortare gli
abitanti del villaggio a non spostarsi per il Capodanno e a non cenare
insieme. A Nanning, nella regione autonoma del Guangxi Zhuang, la
polizia ha usato i droni per trasmettere il suono delle trombe come
promemoria per non violare l’ordine del lockdown.
A
Chengdu, nella provincia del Sichuan, 440.000 cittadini hanno formato
squadre per una serie di azioni pubbliche atte ad arginare la
trasmissione del virus: hanno pubblicizzato le norme sanitarie, hanno
controllato le temperature, hanno consegnato cibo e medicine e hanno
trovato il modo di intrattenere il pubblico, che altrimenti sarebbe
rimasto traumatizzato. I quadri del Partito Comunista hanno aperto la
strada, riunendo aziende, gruppi sociali e volontari in una struttura di
autogestione locale.
A
Pechino, i residenti hanno sviluppato un’app che invia avvisi agli
utenti registrati sul virus e crea un database che può essere utilizzato
per tenere traccia del movimento del virus in città.
Intervento medico
Li Lanjuan fu una delle prime dottoresse ad entrare a Wuhan; ricorda che quando è arrivata lì, i test “erano difficili da ottenere” e la situazione delle forniture era “piuttosto negativa“. “Nel giro di pochi giorni, in città sono arrivati oltre 40.000 operatori sanitari
e i pazienti con sintomi lievi sono stati curati in centri di
trattamento temporaneo, mentre negli ospedali sono stati portati i
malati più gravi.
Dispositivi
di protezione individuale, test, ventilatori e altre forniture sono
stati subito inviati nella città e negli ospedali. “Il tasso di mortalità è stato notevolmente ridotto“, ha detto la dottoressa Li Lanjuan. “In soli due mesi, l’epidemia a Wuhan era sostanzialmente sotto controllo.”
Da ogni parte della Cina arrivarono 1.800 squadre epidemiologiche
– con cinque persone in ciascuna squadra – per fare sondaggi alla
popolazione. Wang Bo, capo di una delle squadre della provincia di
Jilin, ha affermato che la sua squadra ha condotto delle indagini
epidemiologiche porta a porta che sono state “faticose e pericolose”.
Yao
Laishun, membro di una delle squadre di Jilin, ha affermato che nel
giro di poche settimane la sua squadra ha effettuato dei sondaggi
sull’infezione su 374 persone e rintracciato e monitorato 1.383 contatti
stretti delle persone intervistate; questo è stato un lavoro essenziale
per localizzare chi si era infettato e aveva bisogno di essere curato e
chi, invece, doveva essere isolato perché non aveva ancora presentato
sintomi o era risultato negativo.
Fino
al 9 febbraio, le autorità sanitarie hanno controllato 4,2 milioni di
famiglie (10,59 milioni di persone) a Wuhan; ciò significa che hanno
ispezionato il 99 percento della popolazione, un lavoro enorme.
La velocità di produzione delle attrezzature mediche,
specialmente dei dispositivi di protezione per gli operatori sanitari, è
stata mozzafiato. Il 28 gennaio, la Cina produceva meno di 10.000 set
di dispositivi di protezione individuale (DPI) al giorno ma, entro il 24
febbraio, la sua capacità produttiva superava i 200.000 al giorno.
Il
1 ° febbraio, il governo ha prodotto 773.000 kit per il test al giorno;
entro il 25 febbraio produceva 1,7 milioni di kit al giorno; a partire
dal 31 marzo si producevano al giorno 4,26 milioni di kit per i test.
Sotto la direzione delle autorità gli impianti industriali sono stati
convertiti per produrre dispositivi di protezione, ambulanze,
ventilatori, monitor per gli elettrocardiografi, respiratori, macchine
per analizzare i gas del sangue, macchinari per la disinfezione
dell’aria e macchine per l’emodialisi. Il governo si è concentrato
sull’evitare che ci fossero mancanze di dispositivi medici.
Chen Wei,
uno dei principali virologi cinesi che lavorò sull’epidemia di SARS del
2003 ed andò in Sierra Leone nel 2015 per sviluppare il primo vaccino
contro l’Ebola al mondo, si è precipitato a Wuhan con la sua squadra.
Insieme hanno istituito un laboratorio mobile per fare i test già dal 30
gennaio; il 16 marzo, la sua squadra ha prodotto il primo nuovo vaccino
contro il coronavirus ed è stato sottoposto a studi clinici, Chen
stesso è stato uno dei primi a essere vaccinato come parte dello studio.
Miglioramento
Chiudere
una provincia con 60 milioni di abitanti per più di due mesi e chiudere
praticamente un paese di 1,4 miliardi di abitanti non è facile.
Comunque, l’impatto sociale ed economico sarebbe sempre stato enorme.
Ma
il governo cinese – fin dalle sue prime decisioni- ha ribadito che il
contraccolpo economico subito dal Paese non avrebbe limitato la risposta
contro il virus; il benessere del popolo sarebbe stato prevalente nella
formulazione di qualsiasi strategia politica.
Il 22 gennaio, prima della costituzione della task force, il governo aveva emesso una circolare in cui si statuiva che le cure mediche per i pazienti con COVID 19 sarebbero state garantite per tutti e gratuite.
È
stata quindi decisa una politica per il rimborso dell’assicurazione
medica: le spese per i medicinali e i servizi medici necessari per il
trattamento del COVID 19 sarebbero completamente coperte da un fondo
assicurativo, nessun paziente avrebbe dovuto pagare nulla.
Durante
il blocco, il governo ha creato un meccanismo per garantire costanti
rifornimenti di cibo e carburante a prezzi normali. Le imprese statali
come la China Oil and la Foodstuffs Corporation, la China Grain
Reserves Group e la China National Salt Industry Group hanno aumentato
le loro forniture di riso, farina, olio, carne e sale. La Federazione
Cinese delle Cooperative di Approvvigionamento e di Marketing ha aiutato
le imprese ad avere un canale diretto con le cooperative di
agricoltori; altre organizzazioni, come la Camera di Commercio
dell’Industria Agricola Cinese, si sono impegnate a mantenere i
rifornimenti e la stabilità dei prezzi.
Il Ministero della Sicurezza Pubblica si è riunito il 3 febbraio per reprimere tentativi di speculazione sui prezzi e l’incetta di rifornimenti; fino all’8 aprile, in Cina gli organi giudiziari hanno indagato su 3.158 casi di reati connessi all’epidemia.
Lo Stato ha offerto sostegno
finanziario alle piccole e medie imprese; in cambio, le aziende hanno
cambiato le loro abitudini per garantire un ambiente di lavoro sicuro
(la Guangzhou Lingnan Cable Company, ad esempio, ha provveduto a creare
pause pranzo scaglionate, controllava la temperatura dei lavoratori, si
è impegnata a disinfettare periodicamente l’area di lavoro, si è
assicurata che i ventilatori funzionassero e ha fornito al personale
dispositivi di protezione individuale quali: maschere, occhiali, crema
per le mani e disinfettanti a base di alcol).
Lockdown
Uno studio su “The Lancet”
di quattro epidemiologi di Hong Kong mostra che il blocco di Wuhan a
fine gennaio ha impedito la diffusione dell’infezione fuori dalla
provincia di Hubei; “le principali città, Pechino, Shanghai, Shenzhen e
Wenzhou” scrivono, ”hanno visto un crollo del numero di infezioni entro
due settimane dal blocco parziale”.
Tuttavia,
secondo gli studiosi, a causa della virulenza di COVID 19 e
dell’assenza di immunità da gregge, il virus potrebbe avere una seconda
ondata. Questo preoccupa il governo cinese, che rimane vigile contro il
coronavirus.
Nondimeno,
luci di festa sono brillate in tutta Wuhan quando il blocco è stato
tolto. Il personale medico e i volontari hanno tirato un sospiro di
sollievo. La Cina è stata in grado di utilizzare le sue notevoli risorse
– la sua cultura e le sue istituzioni socialiste – per spezzare
rapidamente la catena.
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