lunedì 27 aprile 2020

La Covid19 Economics e il trionfo europeo dei Chicago Boys – di Sargent Pepper

http://effimera.org

Effimera è venuta in possesso di alcune lettere scritte da un conservatore americano lobbista a Bruxelles e amante dei Beatles – che, per rispetto della privacy, abbiamo ribattezzato con uno pseudonimo: Sargent Pepper.
Sono lettere indirizzate a un suo anziano collega ricoverato in una casa di riposo … In tempi di corona virus i postini a volte si disfano della corrispondenza per evitare luoghi pericolosi come le case di cura lombarde, ove è facile rimanere contagiati.
Hans Iacob Stoer l’ha trovata e ora Effimera pubblica la traduzione del testo apparso a Gottingen in lingua inglese, traduzione del prof. Ferrante Pallavicino.
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“See the worst thing about doing this
Doing something like this
Is I think that at first people sort of are a bit suspicious
‘You know, come on, what are you up to?’
The Beatles, A day in the life, 1967
1. Caro XXXXX è difficile immaginare il futuro quando si resta a casa a guardare dalle finestre.

È ancora più difficile quando si è in preda ad un bombardamento mediatico che ripete incalzante ritornelli insopportabili.
Fra questi ce ne sono alcuni che abbiamo costruito con dovizia proprio noi: i Chicago Boys.
Ed io sono uno di loro che, come tanti, ha trovato lavoro in Europa. Faccio parte di quel mondo di confine fra i funzionari di Bruxelles e le Università in cui si insegnano soprattutto le nostre teorie economiche. Teorie economiche che dominano la vostra visione politica. È ciò di cui mi hai chiesto di parlare durante la nostra ultima telefonata, e allora, sperando che possa mantenere vivo il tuo antico senso critico, parliamone, ricorrendo alle nostra amatissima carta da lettere.
2. Siamo in deflazione da molto tempo, soprattutto in Europa: siamo cioè in una situazione di diminuzione generale del livello dei prezzi. La deflazione deriva dalla debolezza della domanda di beni e servizi, cioè deriva da un freno nella spesa di consumatori e imprese.
Qualche dato: l’inflazione della zona euro a marzo è calata di mezzo punto percentuale rispetto al mese precedente, scendendo dall’1,2% allo 0,7%: cibo, alcol e tabacco hanno il tasso annuale più alto (2,4% rispetto al 2,1% di febbraio), seguono i servizi (1,3% dall’1,6% del mese precedente), i beni industriali non energetici (stabili allo 0,5%) e l’energia (-4,3% dal -0,3% di febbraio).  Al contempo il tasso di crescita del prodotto interno lordo già nel 2019 era piuttosto basso, l’1,1% in Europa (0,4% in Italia, 0,4% in Germania).
In una situazione del genere sembrerebbe ovvio che la politica monetaria sia coordinata con la politica fiscale per cercare di sostenere la ripresa del sistema economico. Ma questo non accade mai in Europa e determina un incremento delle asimmetrie soprattutto fra i Paesi dell’area euro.
Il nostro capolavoro è quello di aver diffuso una cultura anti-inflazionistica sclerotizzata soprattutto nelle istituzioni europee. La insegnate nelle vostre Università, anche grazie a professori che fanno i nostri dottorati di ricerca, quelli a più alto ranking. La cultura anti-inflazionistica che continuate a diffondere negli organi di informazione è solo in parte una mania tedesca. Siamo noi  Chicago Boys ad averla diffusa ed utilizzata.
Non è sempre stato così, ci è voluto molto tempo.  Finalmente oggi possiamo dire che le leggi dell’economia sono solo di un tipo: quelle che abbiamo cominciato ad insegnare a Chicago e che oggi si insegnano in moltissime altre Università compresa la New York University, la London School of Economics, l’Università Pompeu Fabra di Barcellona, la Bocconi in Italia, la Paris School of Economics in Francia.
3. L’1 Marzo 1968 in Italia circa 4000 studenti che sfilavano verso Valle Giulia a Roma utilizzarono tattiche di guerriglia urbana per affrontare le cariche della polizia; il 22 Marzo in Francia veniva occupata l’Università di Nanterre. Tu conosci bene entrambi questi episodi che ti videro protagonista… Ciò che forse non sai è che negli stessi giorni in America si gettavano i semi per la più grande rivoluzione culturale dall’alto che la storia ricordi: Milton Friedman tenne la sua lezione inaugurale alla Società Americana degli Economisti. In quell’occasione Friedman negò che esistesse – nel lungo periodo – un trade-off fra inflazione e disoccupazione. Non aveva perciò senso porsi degli obietti di politica economica volti a sostenere la necessità di ridurre la disoccupazione accettando al contempo un lieve rialzo dei prezzi, magari andando incontro alle richieste di aumenti salariali. Se i politici avessero continuato a sfruttare il presunto trade-off, si sarebbe giunti ad un’inflazione fuori controllo senza alcun guadagno in termini di occupazione.
Qualche anno dopo gli economisti Sargent e Wallace – sfruttando l’idea di un altro Chicago Boys Robert Lucas jr. secondo il quale tutti noi siamo caratterizzati da aspettative razionali– sostennero che se governo e settore privato hanno le medesime informazioni, allora la politica monetaria è neutrale, cioè influisce solo sui prezzi e non sulle variabili reali, il reddito e l’occupazione. Cosa vuol dire? Che ogni politica economica attiva non è utile per stimolare la crescita economica. Il che significa che ogni politica economica non potrà che essere organizzata nel modo seguente: occorre una Banca Centrale indipendente con un obiettivo di controllo inflazionistico che eviti politiche monetarie a sostegno di grandi piani di sviluppo economico e sociale fondati sull’incremento della spesa pubblica. E se questo non bastasse? Occorre cambiare le Costituzioni, introdurre vincoli espliciti al bilancio degli Stati in nome della credibilità dei policy-maker.
E perché tutto ciò avrebbe a che fare con gli studenti e gli operai che, nel periodo che voi considerate glorioso (1968-1977), assaltarono il cielo? Perché stavamo dimostrando che ogni assalto alla stanza dei bottoni è inutile, perché si governa solo in un unico modo: legando le mani al decisore pubblico, tenendo sotto controllo la spesa pubblica. Potete volere tutto, gridarlo nelle piazze, resistere alla cariche della polizia, entrare in Parlamento e persino stare al governo, ma vi troverete le mani legate.
E andammo avanti con i nostri attacchi alla politica economica di ispirazione keynesiana e con le nostre consulenze ai governi prima repubblicani e conservatori, poi democratici e progressisti, fino a far dire anche a quei ragazzi che fecero le rivoluzioni: aumenti della spesa pubblica sottraggono risorse al settore privato! O ancora: dobbiamo ridurre il debito pubblico perché è un debito che andrà sulle spalle dei nostri figli!
Siamo riusciti davvero a far riemergere il nazionalismo in Europa e a bloccare ogni processo di rappresentanza internazionale europea, perché i nostri ambasciatori – proprio mentre nelle vostre scuole l’insegnamento della Storia Antica viene meno – conoscono l’importanza del divide et impera.
Immobilizzati nella burocrazia che avete costruito seguendo i nostri consigli di policy, siete ormai palesemente costretti a trattare con gli USA come singoli paesi.
4. L’Eurozona detiene uno straordinario primato: è l’unica area monetaria imperniata su un paese creditore, la Germania. Una situazione del tutto anomala, perché la storia non aveva mai conosciuto una moneta a circolazione plurinazionale costruita intorno a un paese strutturalmente esportatore. Pensateci bene – e su questo noi Americani abbiamo molto da insegnare – la funzione del centro di un sistema monetario è creare liquidità, non drenarla. Un paese economicamente egemone in un’area di libero scambio che utilizza un’unica valuta deve alimentare la massa monetaria che circola nella sua zona di influenza agevolando così gli scambi e gli investimenti nell’area.
La Germania, invece, non vuole calarsi nel ruolo di America d’Europa. Non vuole realizzare il deficit fiscale e commerciale necessario a finanziare le esportazioni delle periferie europee (che a ben vedere comprendono anche i galletti francesi). Perché mai? Perché in questo modo distruggerebbe il sistema di relazioni sociali e industriali che faticosamente ha realizzato tenendo a freno le tensioni successive alla “annessione” dei 7 Länder che un tempo costituivano la Repubblica Democratica Tedesca. Lo stato federale tedesco – non dimenticatelo mai questo aggettivo federale perché aiuta a comprendere quali siano i primi problemi che hanno in agenda i governanti tedeschi – è riuscito a tenere sotto controllo i propri conti pubblici e a mantenere competitiva la propria economia trasferendo, anche grazie agli aiuti finanziari ricevuti dall’Unione Europea, l’equivalente di 200 miliardi di marchi all’anno per venti anni a favore dei Länder orientali.
5. In Europa sembrate non rendervi davvero conto che non esiste una Germania.
Forse può essere interessante tener conto delle dichiarazioni che Gregor Gysi esponente della Linke, presidente della Sinistra europea, ha fatto lo scorso novembre: “Non vi è dubbio che l’unità, con la libertà, la democrazia e lo stato di diritto conquistati dai dimostranti abbiano garantito una migliore offerta di merci e servizi e una valuta libera e convertibile. Eppure – rileva l’avvocato figlio del ministro della Cultura della DDR, Klaus Gysi – il governo federale e il Bundestag non furono disposti a cambiare nulla, nella simbologia del loro Paese, per l’ingresso della DDR, nell’ambito dell’applicazione della legge fondamentale. Né nel nome del Paese, né nell’Inno o nella bandiera, né nell’emblema o in qualche qualificazione di qualche istituzione federale. Ma se si uniscono due popoli, anche se si tratta di due popoli tedeschi, e si dice a uno dei due che non vale niente, al punto che non viene modificata neppure una virgola nella simbologia dell’altro e poi nel paese riunificato, questo produce profonde conseguenze psicologiche di mortificazione, che ancora oggi hanno effetto. […] dopo la riunificazione, i tedeschi della DDR si sono sentiti cittadini di seconda classe. […] negli anni ’90 e successivamente hanno vissuto una disoccupazione di massa, che ha prodotto molte ansie sociali. AfD (Alternative für Deutschland) utilizza tutto questo e attribuisce le colpe ai profughi, offrendo una soluzione facile e falsa: ‘via i profughi e i nostri problemi sono risolti’”.
E sotto alcuni aspetti – come ha sottolineato anche l’Istituto Federale per l’Edilizia di Bonn per bocca di Steffen Maretzke – le disparità regionali si acuiranno in futuro: entro il 2035 la popolazione tedesco-orientale, i così detti ossi, si ridurrà del 10%, in alcune zone come Francoforte sull’Oder o Suhl) la popolazione si dimezzerà e l’età media continuerà a salire in modo più marcato che nell’Ovest. Al contrario Berlino e dintorni (cioè 10 circondari su 77) cresceranno sotto il profilo demografico del 20%. Per le imprese dell’Est sarà sempre più difficile trovare personale specializzato e lavoratori giovani. Il sistema sanitario dell’Est sarà messo sempre più sotto-pressione. Sarà difficile garantire condizioni di vita equivalenti ai cittadini tedeschi. Ed eccoci qui, ancora con le nostre teorie economiche pronti a depistare il dibattito di politica economica in Germania e in Europa: Thomas Sargent, New York, University premio Nobel per l’economia nel 2011, ha più volte dichiarato che un welfare esteso e sussidi troppo generosi sarebbero la vera causa della disoccupazione!
6. Ebbri di una visione della politica economica che vi danneggia, e che per esempio viene letteralmente volantinata in questi mesi dagli interventi di Tommaso Monacelli sulla voce.info – il bocconiano ex Ph.D della New York University sulle cui uscite pubbliche abbiamo riso insieme molte volte – in Europa sembrate non considerare le variabili fondamentali su cui in America siamo soliti costruire i nostri interventi di politica monetaria e fiscale: a Washington dal 2018 è in corso un dibattitto su come potenziare il dispositivo di deterrenza nei confronti della Russia. Quella stessa Russia che fa finta di litigare con l’Arabia Saudita e intanto aumenta la produzione di greggio. Questo impatta sull’estrazione di shale oil e porta il prezzo del petrolio verso un livello che non copre i costi di produzione. Occorre considerare che grazie allo shale oil gli Stati Uniti sono diventati in pochi anni il maggiore produttore mondiale di greggio con 12 milioni di barili al giorno[1].
Così abbiamo disinnescato il Cartello dell’Opec e abbiamo conquistato quote di mercato ai produttori arabi e mediorientali oltre che alla Russia. La stampa mainstream europea non ne sta parlando, ma incredibilmente un sedicente quotidiano comunista, il manifesto, in data 22 Aprile ha pubblicato un articolo di Alberto Negri che va molto vicino alla verità: “Gli Usa hanno fatto manovre spericolate: pur di frenare o condizionare la realizzazione del raddoppio del North Stream tra Germania e Russia sono arrivati a mettere nuove sanzioni alle società coinvolte nel progetto, a costringere Berlino a comprare gas liquefatto americano, fino ad allettare la Polonia promettendo in cambio delle forniture di gas Usa una base della Nato. Mosca pur di non cedere e tagliare fuori le società Usa dal mercato si è così preparata a bruciare le riserve del fondo sovrano russo (150 miliardi di dollari) per coprire le entrate mancate. E anche i sauditi per il momento non mollano. Le quotazioni del greggio in caduta stanno testando le capacità di resistenza di Putin ma anche di Riad che pure ha grandi polmoni finanziari. La posta in gioco è la sopravvivenza sui mercati e soprattutto la possibilità di influenzare politicamente vaste fette di mondo.”[2]
E tu sai bene che il grosso dello schieramento bellico americano è in Germania. Le forze armate tedesche sono ancora un guscio vuoto, pieno di militari americani. Tuttavia mi stupisco sempre che voi europei non vi rendiate conto che la Germania non riesce a tenersi fuori dalle guerre decise a Washington. Ricordi cosa accadde nel 2003 nonostante le dichiarazioni di Shröder? Neanche in presenza di un netto rifiuto del proprio governo le basi tedesche supportarono le operazioni contro Saddam e l’aeronautica fornì velivoli di ricognizione agli americani in Iraq.
7. Ogni tanto quelli come me si annoiano e allora riflettono su quelle che potrebbero essere le mosse dei propri nemici più temibili. Accade più spesso quando questi ultimi stanno facendo le loro mosse peggiori. E mi stupisco che i movimenti sociali, soprattutto in Italia ma forse a ben pensarci anche in Francia, quei tuoi compagni che conoscevi così bene, abbiano perso la fiducia in sé stessi; proprio loro che potrebbero riempire le piazze e manifestare contro le ingerenze militari che arrivano da oltre oceano, o contro i tagli al welfare state per promuovere le uniche politiche che potrebbero rilanciare la coesione sociale e osteggiare il nostro divide et impera. E mi pare che anche quelli che un tempo chiamavamo autonomi, e che negli USA abbiamo sempre visto con timore, si stiano bevendo sino in fondo l’idea che la moneta vada governata per tenere i prezzi a freno senza rendersi conto che è la moneta – innanzitutto la vostra moneta europea – a reagire ai movimenti dei prezzi, quei prezzi fondamentali che noi stiamo cercando di indirizzare a nostro favore.  D’altro canto non è stato il rialzo dei prezzi dei carburanti che ha fatto scoppiare le rivolte dei gilet gialli? Lo so che in cuor tuo rimpiangi i giorni delle infiltrazioni fra i manifestanti che, allora come ora hai  così a cuore. Non ti biasimo, è da loro che provengono le migliori idee con cui ci dilettiamo anche noi che giochiamo a strutturare il kaos. Per questo mi consentirai una provocazione: ora che i prezzi saranno spinti verso il basso – anche grazie alla pandemia – quelle mobilitazioni non costituiranno più un pericolo.
A day in the life ti riscriverò per parlare di nuovo ordine mondiale, …
Come sai anche tu, anche se ai Beatles preferisci i Velvet Undergorund…
I’d love to turn you
Tuo Sargent Pepper
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Note
[1] [Nota redazionale] Lo shale gas è un gas naturale – in prevalenza metano – contenuto in rocce scistose, argille, rocce porose. Viene estratto con due tecniche: lo horizontal drilling (estrazione orizzontale) e il multi stage hydraulic fracturing (fracking, fratturazione idraulica multi-stadio delle rocce). Secondo i dati raccolti da British Petroleum tra il 2008 e il 2018 la produzione di petrolio negli USA è incrementata dell’87%. Bethany McLean, giornalista del New York Times nel libro Saudi America (Columbia Global Reports 2018), sostiene che è stata proprio la Federal Reserve americana con la sua decisione sul costo del denaro a creare il boom del fracking.
[2] [Nota redazionale] Ci troviamo di fronte ad una guerra commerciale giocata sul ribasso dei prezzi attraverso l’incremento delle quantità di petrolio estratto. Guardando ai dati relativi al 2018 (fonte: U.S. Energy Information Administration) gli USA garantiscono il 18% della produzione mondiale, l’Arabia Saudita il 12% e la Russia l’11%. L’industria petrolifera e del gas contano per circa la metà del Pil russo. Sembrerebbe dunque che gli USA possano resistere più a lungo degli altri competitor in questa guerra. Il Fondo sovrano russo al quale Alberto Negri si riferisce è il Fondo di previdenza nazionale che sta coprendo con la sua liquidità le perdite di bilancio dovute al crollo dei prezzi del petrolio. L’Agenzia Nova in data 14 Marzo ha riportato a riguardo le seguenti informazioni: “In uno scenario pessimistico, questi fondi saranno sufficienti per un periodo fra i sei e i dieci anni. A partire dal primo marzo, il volume dei Fondo (contabilizzando anche ulteriori ricavi da petrolio e gas) ammontava a circa 118,8 miliardi di euro, pari al 9,2 per cento del Pil russo. Allo stesso tempo, nel caso di una riduzione delle attività del Fondo al di sotto del 5 per cento del Pil, lo sfruttamento della liquidità del Fondo a livello annuale non potrebbe superare l’un per cento del Pil. I prezzi del petrolio sono crollati nelle ultime ore dopo la mancata intesa fra i paesi dell’Opec e i produttori petroliferi non facenti parte del Cartello di estendere il cosiddetto accordo Opec+ che negli ultimi anni ha contenuto la produzione per favorire la stabilità dei prezzi.”











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