Il 29 aprile del 1906, ad Aqualagna, piccolo paesino nel marchigiano, nasceva Enrico Mattei.
Partigiano
del Cnlai durante la Resistenza, parlamentare Dc nel primo governo
eletto della Repubblica, ma soprattutto imprenditore e dirigiente
pubblico italiano, fondatore del gruppo Eni nel 1953, quando assunse la
proprietà dell’Agip e la trasformò, anziché liquidarla come richiesto
dalla Commissione centrale per l’economia del Cln nell’immediato
Dopoguerra, in una multinazionale del petrolio.
Morì in un incidente aereo solo 9 anni dopo, riconosciuto nel 2012 come vittima di un attentato da una sentenza al processo collegato alla scomparsa del giornalista De Mauro, dopo aver messo in crisi il dominio delle “Sette sorelle” nell’industria petrolifera.
Erano
i tempi dei colossi di Stato, ossia della proprietà statuale dei
settori strategici, come con l’Eni appunto, ma anche con l’Enel,
privatizzate nella sbornia liberista degli anni Novanta. Quali sono le
conseguenze oggi, in piena pandemia, di quel giro di privatizzaizioni?
Per
quanto riguarda le utenze, lasciamo la parola al sindacato degli
inquilini e abitanti Asia Usb e alla Rete giovanile nazionale Noi
Restiamo, impegnati nella campagna per la richiesta del blocco pagamento degli affitti e delle utenze, specialmente per le nuove generazioni, in questo momento di crisi.
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Queste
settimane di emergenza sanitaria e quarantena obbligata hanno messo
migliaia di persone, e in particolar modo i giovani, lavoratori e
studenti che vivevano di lavoretti ed espedienti, nella condizione di
totale o parziale impossibilità di pagare il canone di affitto, ma anche
le utenze (acqua, luce e gas) accumulate.
Il governo Conte inizialmente si era speso in dichiarazioni sulla parziale sospensione delle bollette, poi cadute nel vuoto.
Ma
perché, nemmeno in condizione di straordinarietà, il governo non prende
decisioni precise sulle utenze che non possiamo permetterci di pagare?
La risposta è semplice: non ne ha più il controllo dopo decenni di
liberalizzazioni nei settori strategici, compreso quello delle utility.
Le grandi aziende multiutility
da anni infatti speculano su beni che dovrebbero essere pubblici
garantendosi utili d’esercizio e dividendi notevoli, sostenuti anche dal
continuo rincaro delle bollette, e la collettività, progressivamente,
ha perso il potere di tutelarsi, divenendo semplici clienti.
Il
controllo pubblico su settori come quello dell’energia avrebbe concesso
allo Stato quantomeno la possibilità di bloccare i pagamenti in una
situazione sociale esplosiva come quella attuale.
Il
mercato del gas è stato aperto in Italia nel 2003, quello dell’energia
elettrica nel 2007, ma si è optato per un regime di “maggior tutela”
fino al 2022, anno di passaggio ufficiale alla piena concorrenza, cioè
alla libertà estrema del mercato di regolarsi in questo settore.
Dagli
anni ‘90 in poi, infatti, il progetto di integrazione europea ha
costretto il nostro paese a svendere gran parte delle aziende statali,
comprese quelle strategiche: tra le aziende privatizzata troviamo anche
Enel e Eni, di fronte alle quali il governo oggi non dice nulla,
anteponendo alla priorità sociale di garantire una vita dignitosa il
loro profitto anche nel disastro sanitario mondiale.
Va
inoltre ricordato che sono le stesse grandi aziende da tempo
riconosciute e additate tra le principali responsabili della crisi
climatica e ambientale del Pianeta. Fatturano miliardi e producono
devastazione su larga scala dell’ambiente, della salute e dei nostri
territori.
Non pagare le bollette e chiedere che siano annullati i pagamenti è una necessità per tutte le fasce popolari.
Nazionalizzare
i settori strategici, tra cui quelli dell’energia, e ridare alla
collettività il potere di decidere e pianificare sul proprio futuro
un’urgenza che si pone nel futuro prossimo.
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