Nell’ultimo
mese la quotazione del grano è salita del 6%, la soia del 2% e solo
nell’ultima settimana il mais in borsa è aumentato dello 0.7%. Il
rischio, secondo la FAO, è quello di un imminente crisi alimentare che
si potrebbe verificare a causa della rottura del sistema di
produzione-distribuzione globalizzato e per niente resiliente. “Non è ancora un problema di approvvigionamento”, ha commentato il capo economista della FAO, ma “di come governi e imprese reagiranno ai più elevati ritmi di consumo”.
L’Italia,
secondo i dati ISMEA, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo
Alimentare, è un Paese in cui l’agricoltura è sempre più votata alla
produzione di alimenti di nicchia per l’export, come olio e vino (la cui
vendita è aumentata del 5% l’anno scorso) e sempre meno per il mercato
interno, basti pensare che in condizioni normali, il 70% della
produzione agricola italiana finisce in Francia, Germania, Regno Unito e
USA.
Le
restrizioni che stiamo vivendo in questi giorni, preannunciano grosse
difficoltà per il settore agricolo, e l’Unione Europea non sta prendendo
provvedimenti adeguati a sostenere un settore completamente
destrutturato dalle PAC degli ultimi 20 anni, ne tantomeno ci si sta
preoccupando delle conseguenze che il coronavirus avrà su un mercato
globalizzato che si basa sul trasporto di derrate alimentari nelle zone
di guerra, o dove la carestia è una condizione quasi ordinaria.
Ma
anche alla luce di una totale mancanza di autosufficienza alimentare,
secondo la Coldiretti le scorte alimentari attualmente disponibili sul
territorio nazionale sarebbero sufficienti per più di due terzi delle
materie prime nazionali. Non si capisce quindi perché nell’ultimo mese
si stiano verificando situazioni di mero sciacallaggio sul fronte dei
beni alimentari.
I
dati Codacons registrano infatti un rincaro vertiginoso dei beni
alimentari, per alcuni ortaggi anche del +233%. Dal 1 marzo, carote,
broccoli e zucchine, ma anche alcuni tipi di frutta hanno subito rincari
dal 50 all’80% e l’inflazione, solo in parte legata all’effetto
“assalto al supermercato” che ha destabilizzato il sistema di
distribuzione, è in molti casi totalmente ingiustificata.
In
Cina, ad esempio, i rincari registrati si aggirano al 20%, non certo ai
livelli che registriamo nel nostro Paese. Nonostante l’agricoltura nel
nostro Paese sia per la stragrande maggioranza dedicata all’export, i 3
milioni di lavoratori impiegati nella filiera alimentare, tra la grande
distribuzione e le piccole aziende che hanno continuato a cercare di
fornire un servizio a domicilio, riescono a garantire il sistema di
distribuzione nei territori.
Non
è quindi un problema di disponibilità di beni alimentari, ma in molti
casi di sciacallaggio e deregolamentazione sui beni essenziali. La
speculazione sulla filiera alimentare, e il rincaro ingiustificato dei
prezzi si sta facendo sentire silenziosa nelle tasche di tutti, ma
soprattutto di molte famiglie che già prima della crisi faticavano ad
arrivare alla fine del mese, dei disoccupati di allora e dei disoccupati
di oggi, delle migliaia di precari a cui il decreto Cura Italia ha
promesso un sostegno.
Dopo
il periodo degli assalti ai supermercati, ora la spesa sta diventando
un problema per molti e sono diverse le iniziative di solidarietà di
agricoltori, piccoli commercianti e associazioni di vario tipo che si
stanno organizzando per distribuire e talvolta offrire la spesa a chi
sta pagando un prezzo salatissimo per questa crisi sanitaria. In molte
zone è stato attivato il Banco alimentare, i comuni iniziano ad emettere
i buoni spesa, cercando di tamponare la mancanza dell’unica azione
politica che servirebbe davvero come sostegno alle famiglie: il reddito
di emergenza esteso a tutti.
Nessun commento:
Posta un commento