L’articolo
che qui abbiamo tradotto è stato pubblicato il 13 marzo sul giornale
indipendente nord-americano d’inchiesta “The Intercept”, e ripreso dal
sito in lingua francese “Investig’action” il 9 aprile.
Abbiamo recentemente pubblicato su Contropiano la prima parte di una inchiesta di “Bastamag” sulla possibilità di speculazioni delle grandi imprese farmaceutiche riguardo alla pandemia.
Precedentemente avevamo cercato di fornire un primo quadro di come la battaglia per trovare un vaccino per il Covid-19 fosse un aspetto rilevante dello scontro geo-politico in corso tra diversi attori globali.
Su questo aspetto la celebre rivista di politica estera statunitense Foreign Affairs
era stata piuttosto eloquente a riguardo mettendo in risalto il profilo
strategico all’interno della possibile riconfigurazione delle relazioni
internazionali:
«Mentre
gli Stati Uniti non sono attualmente in grado di soddisfare le urgenti
richieste materiali della pandemia, il loro perdurante vantaggio globale
nelle scienze naturali e nelle biotecnologie può essere determinante
per trovare una vera soluzione alla crisi: un vaccino. Il governo degli
Stati Uniti può sostenere la ricerca fornendo incentivi ai laboratori e
alle aziende statunitensi, per intraprendere un “Progetto Manhattan” per ideare, testare rapidamente in clinica e produrre in massa un vaccino».
Uno scontro in cui l’UE – in particolare la Germania – si è posta come uno dei principali competitor,
comprendendo il valore strategico che avrebbe il successo in questo
campo per risollevare le sorti della propria economia, passata dalla
stagnazione alla recessione profonda, e porre le basi per forgiare quel
“campione europeo” in grado di rivaleggiare sul mercato internazionale.
Le due aziende tedesche in pole-position
da una parte battono cassa all’Unione Europea – che di fatto con i suoi
finanziamenti rende possibile “l’eccellenza tedesca” in questo campo – e
dall’altra parte vogliono “riscrivere” il quadro delle regole
legislative riguardo al vaccino.
«Nei giorni scorsi», cioè ad inizio del mese d’aprile «BoiNTech e CureVac, ovvero i gruppi tedeschi di biotecnologia che guidano la corsa alla sviluppo contro il coronavirus, hanno affermato che flessibilità e finanziamenti sono necessari per immettere sul mercato quest’anno le vaccinazioni, avvertendo che i governi dovranno allentare le normative sulla sperimentazione clinica per
poter avere le centinaia di milioni di dosi disponibili che servono
quanto prima, almeno (si spera) entro la fine dell’anno.»
Ma tornando agli Stati Uniti, alcuni recenti sviluppi sembrano confermare le preoccupazione espresse nell’articolo di The Intercept.
«Il 30 marzo il Financial Times riporta i successi dell’industria medico-farmaceutica statunitense. La Abbott Laboratories ha
dichiarato che sta lanciando un test per il virus in grado di dare una
risposta in alcuni minuti e effettuabile con una apparecchiatura
portatile delle dimensioni di un tostapane, che verrà distribuito in
questa settimana ai vari operatori medici. La Johnson & Johnson è
stata la prima azienda farmaceutica di grandi dimensioni a lanciarsi
nella corsa per la ricerca del vaccino a gennaio, a cui si sono
affiancate altre esponenti di Big Pharma come Sanofi, GSK e Pfizer, senza che nessuna sia riuscita ancora a sperimentare il vaccino sugli esseri umani. L’azienda
ha annunciato che potrebbe essere pronto all’inizio del 2021, e si
aspetta di poterlo testare sugli esseri umani da settembre. Si appresta
ad investite insieme al governo un milione di dollari nello sviluppo
della ricerca. L’azienda è comunque indietro rispetto a Moderna che
è stata la prima – dopo appena 42 giorni dalla sua mappatura genetica
messa a disposizione dalla Cina a fine gennaio – ad avere iniziato a
sperimentarne ad inizio marzo i possibili effetti collaterali sugli
umani. La J&J rimane il primo gruppo farmaceutico al mondo ed ha la
capacità di produrlo su grande scala in partnership con Barda. Il
valore dei titoli delle due aziende – grazie all’ “effetto annuncio” –
sono schizzati in borsa: J&J del 7,9%, Abbott del 7,2%.»
Così mentre in piena pandemia l’attuale amministrazione nord-americana sospende il proprio finanziamento all’Organizzazione Mondiale della Sanità,
continua a foraggiare la propria industria farmaceutica senza avere né
pretendere alcun controllo su quello che sarà il prezzo.
La lobby farmaceutica è forse il più potente tra i gruppi di pressione negli USA, e permette di avere finanziamenti pubblici per progetti che generano profitti privati. La spesa per i farmaci costituisce più della metà – il 63% per l’esattezza – del costo della saluta complessivo negli USA.
In
questo campo “repubblicani” e “democratici” sono sulla stessa lunghezza
d’onda, tranne l’ex candidato alle primarie democratiche Bernie Sanders
ed una sparuta minoranza a lui legata.
Come scrive Lerner: «Il
settore spende somme considerevoli anche per i contributi alle campagne
elettorali dei legislatori democratici e repubblicani. Durante le
primarie democratiche, Joe Biden è stato il principale beneficiario dei
contributi dell’industria sanitaria e farmaceutica».
Buona Lettura
***
Mentre
il nuovo coronavirus diffonde la malattia, morte e disastri in tutto il
mondo, praticamente nessun settore economico è stato risparmiato.
Eppure, nel bel mezzo del disastro causato dalla pandemia globale,
un’industria non solo sopravvive, ma ne trae grande beneficio.
“Le aziende farmaceutiche considerano il Covid-19 un’opportunità commerciale unica“, ha dichiarato Gerald Posner, autore di “Pharma: l’avidità, la menzogna e l’avvelenamento dell’America“.
Il
mondo ha bisogno di farmaci, naturalmente. Per la nuova epidemia di
coronavirus, in particolare, abbiamo bisogno di trattamenti e vaccini e,
negli Stati Uniti, di test. Decine di aziende sono ora in competizione
per produrli. “Sono tutti in questa gara“, ha detto Posner, descrivendo come enormi i potenziali benefici della vittoria.
La crisi globale “sarà
potenzialmente un blockbuster per il settore in termini di vendite e
profitti”, ha detto, aggiungendo che “più la pandemia peggiora, più alti
saranno i loro potenziali profitti“.
La
capacità di fare soldi con i prodotti farmaceutici è già
eccezionalmente alta negli Stati Uniti, che non hanno controlli di base
sui prezzi come negli altri paesi, dando alle aziende farmaceutiche più
libertà di fissare i prezzi dei loro prodotti rispetto a qualsiasi altra
parte del mondo.
Durante
la crisi attuale, le aziende farmaceutiche potrebbero avere ancora più
margine di manovra del solito, “grazie” ai lobbisti che investono in un
piano di spesa di 8,3 miliardi di dollari per il coronavirus, approvato
la scorsa settimana, per massimizzare i loro profitti derivanti dalla
pandemia.
Inizialmente,
alcuni legislatori avevano cercato di convincere il governo federale a
limitare i profitti che le aziende farmaceutiche potevano ricavare dai
vaccini e dalle cure per il nuovo coronavirus, che avevano sviluppato
con fondi pubblici.
A febbraio, il deputato Jan Schakowsky, D-Ill. e altri membri della Camera hanno scritto a M. Trump, chiedendogli di “garantire
che qualsiasi vaccino o trattamento sviluppato con i soldi dei
contribuenti americani sia accessibile, disponibile e conveniente“, un obiettivo che, secondo loro, non potrebbe essere raggiunto “se
alle aziende farmaceutiche fosse permesso di fissare i prezzi e
determinare la distribuzione, mettendo i profitti al di sopra delle
priorità sanitarie“.
Durante
le trattative per il finanziamento del coronavirus, Schakowsky ha
ribadito, scrivendo al segretario alla sanità e ai servizi sociali Alex
Azar , il 2 marzo, che sarebbe “inaccettabile che i diritti di
produrre e commercializzare questo vaccino vengano poi ceduti ad un
produttore farmaceutico attraverso una licenza esclusiva senza prezzo né
condizioni di accesso, permettendo all’azienda di far pagare quello che
vuole ed essenzialmente di rivendere il vaccino al pubblico che ha
pagato per il suo sviluppo“.
Ma
molti repubblicani si sono opposti all’aggiunta di un testo che
limiterebbe la capacità dell’industria di trarre profitto, sostenendo
che soffocherebbe la ricerca e l’innovazione.
E
mentre M. Azar, che è stato il principale lobbista e direttore
operativo del gigante farmaceutico statunitense Eli Lilly prima di
entrare nell’amministrazione Trump, assicurava a Schakowsky di
condividere le sue preoccupazioni, il disegno di legge continuava a
sancire la capacità delle aziende farmaceutiche di fissare prezzi
potenzialmente esorbitanti per i vaccini e i farmaci che sviluppano con i
dollari dei contribuenti.
Il
pacchetto di aiuti finale non solo ha omesso di enunciare alcuni
termini che avrebbero limitato i diritti di proprietà intellettuale dei
produttori di farmaci, ma ha anche omesso i termini che figuravano in
una bozza precedente, e che avrebbero permesso al governo federale di
prendere delle misure se avesse temuto che i trattamenti o i vaccini, sviluppati con fondi pubblici, sarebbero stati troppo costosi.
“Questi
lobbisti meritano una medaglia da parte dei loro clienti del settore
farmaceutico per aver ucciso questa disposizione relativa alla proprietà
intellettuale“, ha detto M. Posner, che ha aggiunto che
l’omissione di un passaggio che avrebbe permesso al governo di
rispondere ai prezzi predatori era ancora peggiore. “Permettere loro di avere questo potere durante una pandemia è oltraggioso.”
La
verità è che fare leva sugli investimenti pubblici è un’attività comune
anche per l’industria farmaceutica. Dagli anni ’30, secondo i calcoli
di Posner, i National Institutes of Health
hanno investito circa 900 miliardi di dollari nella ricerca, che le
aziende farmaceutiche hanno poi utilizzato per brevettare marchi di
farmaci.
Ogni farmaco approvato dalla Food and Drug Administration
tra il 2010 e il 2016 è stato oggetto di ricerche scientifiche
finanziate con il denaro dei contribuenti attraverso il NIH, secondo il
gruppo di difesa Patients for Affordable Medicines Advocacy Group. I
contribuenti hanno versato più di 100 miliardi di dollari per questa
ricerca.
Tra
i farmaci che sono stati sviluppati con alcuni finanziamenti pubblici e
sono diventati enormi fonti di reddito per le aziende private ci sono
la zidovudina (AZT, ZDV), farmaci contro l’HIV, e il trattamento Kymriah
contro il cancro, che Novartis ora vende per 475.000 dollari.
Nel suo libro Pharma,
M. Posner indica un altro esempio di imprese private che realizzano
profitti esorbitanti con farmaci prodotti con fondi pubblici. Il farmaco
antivirale sofosbuvir, utilizzato per il trattamento dell’epatite C, è
il risultato di una ricerca di base finanziata dagli Istituti Nazionali
di Sanità.
Il
farmaco è ora di proprietà di Gilead Sciences, che fa pagare 1.000
dollari a pillola – più di quanto possano permettersi molte persone
affette da epatite C. Gilead ha guadagnato 44 miliardi di dollari dal
farmaco nei suoi primi tre anni di commercializzazione.”Non sarebbe fantastico se una parte dei profitti di questi farmaci venisse donata alla ricerca pubblica del NIH?“, domanda M. Posner.
Invece,
I profitti hanno finanziato enormi bonus per i dirigenti delle imprese
farmaceutiche e una commercializzazione aggressiva dei farmaci vicino ai
consumatori. Sono stati utilizzati anche per aumentare la redditività
dell’industria farmaceutica.
Secondo
i calcoli di Axios, le aziende farmaceutiche realizzano il 63% dei
profitti totali dell’assistenza sanitaria negli Stati Uniti, in parte
grazie ai loro sforzi di lobbying. Nel 2019, l’industria farmaceutica ha
speso 295 milioni di dollari in attività di lobbying, molto più di
qualsiasi altro settore negli Stati Uniti.
Si
tratta di quasi il doppio del secondo settore di spesa – elettronica,
industria e attrezzature – e di oltre il doppio rispetto alle società
petrolifere e del gas, che spendono in attività di lobbying. Il settore
investe somme considerevoli anche per i contributi alle campagne
elettorali dei legislatori democratici e repubblicani.
Durante
le primarie democratiche, Joe Biden è stato il principale beneficiario
dei contributi dell’industria sanitaria e farmaceutica.
Le
spese delle grandi aziende farmaceutiche hanno posizionato bene
l’industria per l’attuale pandemia. Mentre i mercati azionari sono
crollati in risposta alla crisi causata dall’amministrazione Trump, più
di 20 aziende che lavoravano su un vaccino e su altri prodotti legati al
nuovo virus SARS-CoV-2 sono state in gran parte risparmiate.
I
prezzi delle azioni dell’azienda biotecnologica Moderna, che due
settimane fa ha iniziato a reclutare partecipanti per la sperimentazione
del nuovo vaccino contro il coronavirus, sono saliti alle stelle in
questo periodo.
Giovedì,
giorno di carneficina generale nei mercati azionari, le azioni di Eli
Lilly hanno invece ricevuto un impulso positivo dopo che la società ha
annunciato che si stava unendo allo sforzo di sviluppare una terapia per
il nuovo coronavirus.
E
anche Gilead Sciences, che sta lavorando a un potenziale trattamento,
sta prosperando. Il prezzo delle azioni di Gilead era già salito dopo la
notizia che il suo farmaco antivirale, il remdesivir, creato per il
trattamento del virus Ebola, veniva somministrato ai pazienti affetti da
Covid-19.
Oggi, dopo che il Wall Street Journal
ha riferito che il farmaco stava avendo un effetto positivo su un
piccolo numero di passeggeri di navi da crociera infetti, il prezzo è
salito di nuovo.
Diverse
aziende, tra cui Johnson & Johnson, DiaSorin Molecular e QIAGEN
hanno chiarito che stanno ricevendo finanziamenti dal ministero della
salute e dei servizi sociali per i loro sforzi legati alla pandemia, ma
non è chiaro se Eli Lilly e Gilead Sciences stiano usando il denaro del
governo per il loro lavoro sul virus.
Ad
oggi, il ministero della salute e dei servizi sociali non ha ancora
pubblicato l’elenco dei beneficiari delle sovvenzioni. E secondo
Reuters, l’amministrazione Trump ha detto agli alti funzionari sanitari
di trattare le loro discussioni sul coronavirus come segrete e di
escludere il personale senza autorizzazioni di sicurezza dalle
discussioni sul virus.
Vecchi
lobbisti di primo piano al servizio Lilly e Gilead fanno ora parte del
gruppo di lavoro della Casa Bianca sul coronavirus. M. Azar è stato il
direttore delle operazioni americane di Eli Lilly e ha fatto pressione
per la società, mentre Joe Grogan, che ora è direttore del Consiglio di
politica interna, è stato il principale lobbista di Gilead Sciences.
* Tradotto dal francese: https://www.investigaction.net/fr/le-big-pharma-se-prepare-a-tirer-profit-du-coronavirus/
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