(dagospia.com – Ilaria Proietti – il Fatto Quotidiano) – C’
è chi chiede che sia l’ Agcom a dire il prezzo è giusto e chi è invece
convinto che si debba lasciar fare al mercato. Ma sarà probabilmente il
decreto di aprile atteso dal governo a tentare di dare un taglio ai
costi con una norma, per dirla con la sottosegretaria allo Sviluppo
economico Alessia Morani, “che eviti speculazioni e che fissi soglie
massime per i prezzi di vendita”. Intanto in Parlamento c’ è chi preme
per un intervento sull’ iva che consenta di tenere a bada i costi di
vendita per un bene di prima necessità come le mascherine che dovremmo
abituarci a indossare nel ritorno alla normalità dopo la fine del
lockdown.
Ieri della questione dei prezzi ha parlato anche il
commissario per l’ emergenza Coronavirus Domenico Arcuri: “Stiamo
ragionando su qual è il prezzo giusto a cui le mascherine devono essere
vendute e se questo prezzo non debba essere in qualche misure
predeterminato: per calmierare il prezzo di un bene c’ è bisogno di una
norma che ancora non c’ è. Lavoreremo per comprendere se, quando e come
chiedere al governo prima e al Parlamento poi di valutare se emanarla”
ha spiegato mentre da tempo le associazioni dei consumatori premono per
una regolamentazione e Federfarma attende indicazioni sul margine di
ricarico consentito sui lotti in vendita.
La situazione dei prezzi è stata finora davvero
incontrollata, come rivelato da Altroconsumo: in media le mascherine
chirurgiche vengono vendute a 2 euro al pezzo, ma l’ associazione ha
scovato anche il caso di una farmacia di Napoli dove viene proposta a 6
euro e 50, ben il 1200% in più rispetto ai 50 centesimi del prezzo
minimo registrato. Per tacere delle differenze sui filtranti FFP2 e le
FFP3 che toccano cifre folli, per decine di euro al pezzo o delle
vendite on line che hanno indotto l’ Autorità per la concorrenza e il
mercato a intervenire aprendo alcune istruttorie per l’ ingiustificato e
consistente aumento dei prezzi fatto registrare per la vendita dei
prodotti nelle ultime settimane su Amazon e Ebay.
E così la questione dei costi dei dispositivi di
protezione personale che entreranno nella quotidianità della fase 2
dell’ emergenza, sarà centrale anche in vista del prossimo decreto
atteso in Parlamento. Il senatore Massimo Mallegni chiede per esempio di
azzerare l’ iva sulle mascherine e il capogruppo di LeU alla Camera,
Federico Fornaro di limarla drasticamente: “Le mascherine chirurgiche –
spiega Fornaro – sono diventate un oggetto d’ uso quotidiano e lo
saranno ancora per molto tempo. Non sono un bene di lusso. È giusto
quindi portare subito l’ Iva sulle mascherine dal 22 al 4 percento come
pane e latte, beni di prima necessità”. Una misura per rendere
accessibile a tutti le mascherine è allo studio al Mef da diverse
settimane dove il nodo è quello dell’ impatto sui conti dal momento che
il fabbisogno di mascherine mensile è di circa 90 milioni di pezzi: per
introdurre un’ Iva agevolata al 5 percento, ad esempio, serve una misura
che vale non meno di 400 milioni di euro.
Nel frattempo le regioni cercano di attrezzarsi anche
loro per evitare fenomeni speculativi e mercato nero. L’ altro giorno
il presidente della Campania Vincenzo De Luca ha annunciato che da fine
aprile le mascherine saranno parte dell’ abbigliamento in Regione come
già disposto in Lombardia. L’ obbligo scatterà quando saranno a
disposizione i circa 3,5 milioni di pezzi che servono e che, dopo le
distribuzioni gratuite per i meno abbienti, verranno messi in vendita a
prezzo tra 1,5 e 2 euro.
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