Negli Usa, Trump o non Trump, cresce la legalizzazione. Perché l'esperimento del Colorado sta andando bene. E non è l'unico. In Italia, poi, la fine dei divieti avrebbe altri vantaggi: basta marijuana avvelenata dai mafiosi, meno profitti alla criminalità organizzata, rilancio dell'agricoltura.
Maurizio Bifulco, Presidente Facoltà di Farmacia e Medicina Università degli Studi di SalernoL’8 novembre negli Stati Uniti in ben nove Stati non si è votato solo per eleggere il presidente ma anche per la legalizzazione della cannabis a scopo medico o ricreativo. In otto di questi la legge è stata approvata, solo in Arizona è stata invece respinta.
Quattro stati - California, Nevada, Maine e Massachusetts - in cui era già consentito l’uso della cannabis per scopi medici, si sono espressi favorevolmente per la sua legalizzazione anche a scopi “ricreativi”, gli altri quattro – Florida, Arkansas, Montana e North Dakota - solo per finalità mediche.
In particolare in California, primo Stato nel lontano 1966 a legalizzarne l’uso terapeutico, la misura approvata prevede l’uso libero per tutti i cittadini che abbiano compiuto 21 anni, il possesso di un’oncia (circa 28 grammi) di marijuana e la coltivazione fino a sei piante di cannabis per uso personale.
Adesso, con l'elezione di Trump, non è chiaro che cosa succederà, anche se lui in campagna elettorale ha sostenuto che si tratta di una questione che dovrebbe essere lasciata agli Stati. È questo, comunque, un importante risultato che ci dice che negli Stati Uniti più della metà degli stati hanno un'ampia legislazione in materia di cannabis medica e quasi 68 milioni di americani, circa un quinto della popolazione, vive in un luogo dove i cittadini al di sopra dei 21 anni possono legalmente consumare marijuana per divertimento.
Gli esperti sostengono he tale risultato si rivelerà un punto di non ritorno verso la fine del proibizionismo, incoraggiando altri Stati e il Congresso a perseguire simili riforme e potrebbero esserci ripercussioni anche su altri Paesi, come l’Italia.
Il nostro paese infatti è tra i primi al mondo a valutare la proposta di legalizzazione della cannabis a scopo ricreativo oltre che terapeutico, con una proposta di legge, firmata da un intergruppo trasversale di 220 parlamentari, bipartisan, coordinato dal sottosegretario Benedetto Della Vedova, che è stata portata lo scorso luglio presso la Camera dei Deputati sull’abolizione dello storico proibizionismo sulle droghe leggere che da sempre caratterizza il nostro Paese.
Le disposizioni avanzate col provvedimento mirano a disciplinare la massima quantità di cannabis detenibile per uso personale in pubblico o nel domicilio privato, la coltivazione, in proprio o mediante l’istituzione dei cosiddetti “cannabis social club”, come già accade in Spagna e Olanda, e la vendita al dettaglio, in negozi autorizzati dal Monopolio di Stato.
Una vera rivoluzione, che non manca di sollevare polemiche, in linea con la proverbiale demonizzazione dei cannabinoidi in Italia, esemplificata anche dal lento iter burocratico che ne ha disciplinato piuttosto tardi, solo nel 2014, il loro impiego a scopo medico, con le singole Regioni che tardano ad introdurne l'applicazione con gli appositi decreti attuativi e tanti pazienti che vedono negato il loro diritto alla cura.
La discussione è stata però rimandata da luglio all’autunno, per valutare con maggiore lucidità i punti chiave della proposta e i numerosi emendamenti ostruzionistici presentati in particolare da Area Popolare e dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin che sostiene che la cannabis è pericolosa per la salute e si dice convinta che questa proposta alla fine non avrà i numeri in Parlamento, affiancata in questa posizione dal ministro dell'interno Alfano.
La dilazione nella discussione della proposta di legge, invece di essere considerata come un inevitabile fallimento del provvedimento, va vista invece come un'opportunità per informarsi sulla materia e prendere decisioni consapevoli e opportunamente ragionate. E proprio in quest'ottica l'incitamento di Roberto Saviano sulle pagine de L'Espresso ad informarsi prima di legiferare.
Al di là di ogni strumentalizzazione, le ragioni del proibizionismo stanno, davvero, solo in motivazioni psicologiche e culturali, come sostengono alcuni, o anche in ragioni mediche e scientifiche? La politica di tolleranza che si propone di intraprendere potrebbe davvero avere risvolti positivi?
Stando al modello olandese, sembra di sì: dagli anni ’80 ad oggi, la legalizzazione della cannabis, contrariamente alle aspettative, non ha aumentato il consumo di droghe, che, tra l’altro, si attesta tra i più bassi in Europa, anzi potrebbe aver ridotto il mercato clandestino, pur esistente, e tenuto alla larga giovani adolescenti da pericolose dinamiche delinquenziali.
Incoraggiante anche l'esperienza del Colorado, dove a fronte dei vantaggi finanziari ricavati dalla legalizzazione (con cifre a nove zeri), non si è avuto un aumento significativo della spesa sanitaria e al contempo si è potuta registrare una significativa riduzione dei reati di microcriminalità, proprio quelli che più minano la sicurezza dei cittadini.
Indubbiamente, il mercato della cannabis rappresenterebbe per l'Italia un vantaggio finanziario enorme per molteplici ragioni e l'occasione di lavoro per migliaia di persone in campo agricolo, dove l'Italia ha peraltro una tradizione e una competenza secolare nella coltivazione della canapa ad uso industriale. L'applicazione di un'imposta da parte del Monopolio di Stato sulla cannabis anche solo pari a quella che grava sul tabacco porterebbe a delle entrate di svariati miliardi di euro annui, come previsto nelle proiezioni finanziarie da diversi economisti. Non solo, tali guadagni verrebbero sottratti alle organizzazioni criminali e alle mafie, bloccandone di fatto un prezioso carburante in liquidità fondamentale per il loro sostentamento. Lo stesso Raffaele Cantone si è schierato apertamente a favore di una legalizzazione come viatico per la lotta alla criminalità organizzata e alle mafie.
Inoltre bisogna considerare il risparmio in termini di costi di polizia e magistratura per tutti i reati di micro e macro-criminalità legati al traffico, allo spaccio e al possesso di droghe leggere.
Come medico ed esperto di uso terapeutico di cannabinoidi, l'argomento che più mi convince ad una posizione più laica e possibilista verso la legalizzazione delle droghe leggere è sicuramente la possibilità di avere maggiormente sotto controllo la qualità della droga stessa. A partire dagli operatori della criminalità organizzata, fino al più piccolo spacciatore, molto spesso ragazzini di poco maggiori di dieci anni, interessa solo ed esclusivamente il guadagno. Il prezzo di una dose di droga dipende dal suo peso...e allora niente di più semplice che aumentare il peso di una partita di erba pura 'tagliandola' chimicamente, come si dice in gergo non solo con altre sostanze chimiche che aumentino il senso di assuefazione e inducano all'abuso e al maggiore consumo delle stesse, ma con qualunque trattamento chimico che la renda più pesante come paraffina, sabbia, vetro, fino ai residui chimici delle pile usate, delle batterie d'auto, le lacche e numerose sostanze tossiche.
Le politiche di proibizionismo al momento sono risultate fallimentari e non solo non hanno ridotto il consumo di droghe, nè leggere nè pesanti, ma hanno di fatto alimentato i canali criminali mettendo a rischio la salute e la vita di tanti. E come detto ultimamente dall’ex ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick forse è arrivato davvero il momento di “chiudere il secolo proibizionista”.
* Maurizio Bifulco, Presidente Facoltà di Farmacia e Medicina Università degli Studi di Salerno
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