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Dialogo tra Eduardo Galeano ed Ernesto “Che” Guevara”, 12 agosto 1964
L’ immagine del guerrigliero Ernesto Che Guevara che a Santa Clara
veniva raffigurato come combattente nell’inospitale giungla boliviana si
mescolava nella mia testa con il ricordo del Che al convegno di Punta
dell’Este: brillante statista, economista, cupo profeta; quel raffinato
intellettuale che leggeva antologie di Aguilar nella Sierra Maestra,
conosceva a memoria buona parte del Canto General, parlava con
ammirazione dei romanzi di Carpentier e ragionava sul realismo
socialista. Ma sopra tutte le immagini, o sommandole, ne è emersa una:
era il Che che rispondeva, in conferenza stampa, alla domanda di un
idiota interessato a sapere se fosse argentino, cubano o cosa:
“Sono un cittadino d’America, signore”, aveva detto.
Quando abbiamo parlato all’Avana, gli ho commentato:Il destino di Cuba è
strettamente intrecciato con il destino della rivoluzione
latinoamericana. Cuba non può essere rinchiusa all’interno dei confini,
essa è il motore della rivoluzione continentale. O no? E lui mi ha
risposto:
Ernesto Che Guevara: Potrebbe esserci la possibilità che non lo sia. Ma
abbiamo eliminato le possibilità che non ci provi ad esserlo. La
possibilità che i movimenti rivoluzionari latinoamericani non siano
direttamente collegati a Cuba potrebbe concretizzarsi se Cuba smettesse
di essere un esempio per la rivoluzione latinoamericana. Ma il solo e
semplice fatto di essere viva, non è un esempio. Cos’è un esempio? Il
modo in cui la rivoluzione affronta i rapporti con gli Stati Uniti e lo
spirito di lotta contro gli Stati Uniti. Cuba potrebbe anche
trasformarsi in un esempio puramente economico, diciamo. Ma non sarebbe
sufficiente, ciò, per eesere un esempio…
Eduardo Galeano: Una sorta di vetrina del socialismo?
Ernesto Che Guevara: Una vetrina? Sarebbe una formula che garantirebbe
Cuba in una certa misura, ma la separerebbe dalla rivoluzione
latinoamericana. Non siamo una vetrina.
Eduardo Galeano: E come si irradia una forza di esempio che non si
esaurisce nella contemplazione e nella proposta di sè? Attraverso la
solidarietà? Ma fin dove può spingersi, quali sono i suoi limiti? Come
definirebbe la necessaria solidarietà tra Cuba e i movimenti di
liberazione in America Latina?
Ernesto Che Guevara: Il problema della solidarietà (sì, sì; certo che
si può scrivere) consiste nel fare per la rivoluzione latinoamericana
tutto ciò che è fattibile all’interno di una situazione di diritto, e
una situazione di diritto è un rapporto tra paesi diversi che punti a
raggiungere un equilibrio nei loro scambi ideologici o politici, sulla
base di convenzioni reciprocamente accettate.
Eduardo Galeano: Situazione che si verifica solo con tre paesi…
Ernesto Che Guevara: Con due. La Bolivia ha rotto i rapporti questo pomeriggio.
Eduardo Galeano: Do per scontato che l’Uruguay non ci metterebbe molto a
fare lo stesso. Ho l’impressione [gli ho detto] che lo scioglimento del
governo cileno abbia sorpreso i cubani.
Ernesto Che Guevara: Come, ci ha sorpreso? Non siamo rimasti affatto sorpresi.
Eduardo Galeano: Tuttavia, la gente per strada sembrava davvero stupita.
Ernesto Che Guevara: La gente, forse. Il governo, no. Sapevamo cosa sarebbe successo.
Eduardo Galeano: Gli ho chiesto cosa pensasse di certe dichiarazioni del FRAP cileno su Cuba, poco prima della vittoria di Frei.
Ernesto Che Guevara: Beh, ci è sembrato terribile.
Ho suggerito che potrebbe essere il frutto delle circostanze: gli zigzag
necessari sulla via del potere attraverso le relazioni. Ha affermato:
Il potere, in America Latina, si prende con la forza delle armi o non lo si prende affatto.
Poi sciuote la testa e aggiuge: mettere: in linee generali.
Eduardo Galeano: Diciamo allora il percorso verso il governo, se non il
potere. Confondere una cosa con l’altra può essere serio, vero? È
successo in Brasile, giusto? Ma poi il Che si è ricordato di trovarsi di
fronte ad un giornalista: spontaneità e cautela hanno preso il posto
durante le tre ore di conversazione.
Nel presunto caso in cui scoppiassero nuove rivoluzioni in America
Latina, non ci sarebbe un cambiamento di qualità nelle relazioni tra
Cuba e gli Stati Uniti? Si è parlato della possibilità di un accordo di
convivenza, su determinate basi. Ma se il fuoco divampasse, e
l’imperialismo fosse costretto ad aggiungere acqua al fuoco, quale
sarebbe allora il ruolo di Cuba, cioè della Scintilla?
Ernesto Che Guevara: Definiamo il rapporto tra Cuba e gli Stati Uniti,
in questo momento, come un’auto e un treno che corrono più o meno alla
stessa velocità, e l’auto deve attraversare il passaggio a livello. Man
mano che ti avvicini al passaggio a livello, si avvicina la possibilità
di uno scontro. Ma se l’automobile – che sarebbe Cuba – passasse prima
del treno, ciò vorrebbe dire che la rivoluzione latinoamericana avrebbe
già acquisito un certo spessore, saremmo già passati ad altro e Cuba non
sarebbe più centrale. Ma se il treno non si fosse fermato e se cioè la
rivoluzione latinoamericana non si fosse ancora levata, allora l’auto
cubana e la sua corsa sarebbero ancora determinanti Come ora lo sono e
dovranno continuare ad essere.
Cuba non viene attaccata per dispetto dall’imperialismo, ma piuttosto
per il significato che ha. Voglio dire che se la situazione
rivoluzionaria in America Latina si approfondisse, a tal punto da
richiedere un largo impiego di forze nordamericane, una serie di
territori non avrebbe più significato. Il passaggio a livello sarebbe
già stato attraversato. Stiamo aggravando i nostri scontri con gli Stati
Uniti, giorno dopo giorno, oggettivamente e fatalmente, mentre la
situazione in America Latina peggiora – e la cosa migliore è,
paradossalmnete, quanto essa sia grave. Ora, se la situazione peggiora
in modo così convulso da costringere gli Stati Uniti, su larga scala, a
utilizzare grandi forze e risorse, per il suo stesso peso il significato
di Cuba scomparirebbe.
Il problema fondamentale non sarebbe più Cuba, come catalizzatore,
perché la reazione chimica ci sarebbe già stata. L’incognita è: la
nostra auto arriverà ai binari prima o dopo del treno? Potremmo anche
rallentare, ma è difficile per noi fermarci.
Eduardo Galeano: Con tali prospettive, fino a che punto è possibile la convivenza con gli USA?
Ernesto Che Guevara: Non si tratta di Cuba, ma degli Stati Uniti. Gli
Stati Uniti non sono interessati a Cuba se la rivoluzione non prende
piede in America Latina. Se gli Stati Uniti controllassero la
situazione, cosa gliene importerebbe di Cuba?
Eduardo Galeano: E nel caso in cui la rivoluzione latinoamericana non scoppi, è possibile che Cuba continui?
Ernesto Che Guevara: Certo che è possibile. Continuerà.
A lungo termine?
A lungo termine.
Eduardo Galeano: Non mi riferisco solo alla sussistenza fisica. Voglio
dire: l’isolamento di Cuba dalle sue fonti ideali latinoamericane
potrebbe produrre problemi quali: deformazioni interne, rigidità
ideologiche, legami di dipendenza sempre più forti con l’URSS? Una
rivoluzione latinoamericana senza dubbio arricchirebbe il marxismo:
permetterebbe di applicare meglio gli schemi alla nostra peculiare
realtà. E se la rivoluzione diventasse latinoamericana, permetterebbe a
Cuba di recuperare il suo quadro naturale di esistenza? Non è
un’affermazione: è una domanda.
Ernesto Che Guevara: La cosa mi sembra un po’ idealistica.
Non si può parlare di fonti ideali. Le fonti ideali sono nella realtà
cubana, qualunque essa sia, ciò che è centrale è la corretta
applicazione del marxismo-leninismo al modo di essere del popolo cubano,
alle determinate ed odierne condizioni.
L’isolamento può causare molte cose. Ad esempio, che possiamo sbagliare
nel valutare la situazione politica in Brasile; ma distorsioni nella
marcia della rivoluzione, no. Certo è più facile per noi parlare con un
venezuelano che con un congolese, ma alla fine andremo d’accordo con i
rivoluzionari congolesi, anche se non abbiamo ancora parlato con loro.
C’è un’identità nella lotta e nei fini. Una rivoluzione a Zanzibar può
anche regalarci cose nuove, nuove esperienze; l’unione di Tanganica e
Zanzibar, la lotta algerina, i combattimenti in Vietnam. Abbiamo il
grembiule indigeno della nostra madre americana, disse Martí, e va bene,
ma la nostra madre americana ha subito incroci successivi per molto
tempo. E sempre più i sistemi sono globali. Il fatto che l’Algeria sia
libera rafforza Cuba; l’esistenza della Guinea la rafforza; anche quella
del Congo. Manteniamo sempre quest’idea molto chiara: la vicinanza di
Cuba con tutti i movimenti rivoluzionari. Nonostante la sua parentela
razziale, religiosa e storica, l’Algeria è più vicina a Cuba che al
Marocco.
Eduardo Galeano: E più vicina all’URSS che al Marocco?
Ernesto Che Guevara: A questo dovrebbero rispondere gli algerini.
Eduardo Galeano: Quando parli di “sistema mondiale del socialismo”,
parli anche di paesi che non fanno parte del blocco socialista. In quei
paesi i movimenti di carattere nazionalista, incanalati verso il
socialismo, hanno dato una forte impronta ai processi rivoluzionari.
Ernesto Che Guevara: Il risultato finale, necessariamente, è che si va
sempre verso un’integrazione marxista, o si ritorna al campo
capitalista. Il Terzo Mondo è un mondo di transizione. Esiste perché,
dialetticamente, c’è sempre, tra gli opposti, un campo dove le
contraddizioni si approfondiscono. Non vi sono congelamenti nei processi
rivoluzionari. La stessa Algeria, mentre avanza nell’approfondimento
del sistema socialista, lascia gradualmente il Terzo Mondo.
Eduardo Galeano: Si può parlare di un Terzo Mondo trasversale allo
stesso blocco socialista? Il conflitto, non più sordo, tra cinesi e
sovietici, fu analizzato da alcuni pensatori marxisti, come Paul Baran,
come conseguenza delle contraddizioni interne tra i paesi socialisti,
con diversi livelli di sviluppo e diversi gradi di confronto con
l’imperialismo .
Ernesto Che Guevara: La morte di Paul Baran mi ha profondamente colpito. Lo stimavo molto; era stato qui, con noi.
Imperturbabile, il Che, agita il sigaro in silenzio; guardo la mia
matita bic come un intruso protagonista del dialogo, Decido di salvare
il dialogo. Che Guevara avrebbe poi risposto ad una raffica di domande
su questioni economiche. Dalla Conferenza di Ginevra (“alcuni hanno
ragione, ma altri hanno torto”) agli errori commessi nel processo
economico interno cubano, Che Guevara parlò a lungo. Fino a quando un
“nemico” irruppe nella stanza per ricordare al ministro dell’Industria
che il suo rivale lo aspettava da venti minuti alla scacchiera al piano
di sotto. E non si poteva saltare così il campionato di scacchi.
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