martedì 25 agosto 2020

Promemoria antiliberista per il NO

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Ora che si avvia la campagna referendaria si scatenano i fautori del taglio del Parlamento con tre argomentazioni di fondo, tutte e tre false.
La prima, la più disonesta, è che il SI sarebbe un voto “contro l’establishment”. Pazzesco, la controriforma della Costituzione è stata approvata dal 97 – NOVANTASETTE – per cento dei parlamentari; tutti i leader dei principali partiti, governo e opposizione, sono per il SI: Conte, Di Maio, Zingaretti, Renzi, Salvini, Meloni, Berlusconi.

Tutti costoro dunque sosterebbero il taglio dei parlamentari per pulsione suicida? Oppure loro non sono l’establisment, di cui invece farebbe protervamente parte chi non avendo alcun potere politico voterà NO? Ridicolo.
La seconda argomentazione demagogica e falsa è che riducendo i parlamentari si eliminerebbero assenteisti e incompetenti. Vedo che girano locandine con i volti di Sgarbi e simili, proclamando che così questi inutili parlamentari saranno eliminati. Chi l’ha detto?
Ricordo che la campagna dei referendum di Segni all’inizio degli anni ’90 usava gli stessi argomenti. Il rifiuto del proporzionale a favore del maggioritario veniva presentato come la possibilità finalmente concessa ai cittadini di scegliere davvero e di selezionare i migliori.
Una risata amara accompagna la constatazione che in questi trent’anni è successo l’esatto opposto.
D’altra parte l’uso dei furbi e dei disonesti per colpire un istituto o un diritto è un classico del liberismo. La catastrofica privatizzazione dell’IRI fu giustificata anche con le ruberie di qualche manager. L’attacco ai diritti sociali parte sempre con la denuncia dei furbetti, che ne usufruiscono a sbafo.
Solo che poi si taglia il diritto a tutti e i furbetti ovviamente continuano a prosperare, mentre gli altri perdono. Se l’amministratore di condominio ruba, cacciate lui o buttate giù la casa? Ecco in trent’anni di dominio liberista si sono buttate giù tante case, ma gli amministratori disonesti hanno sempre trovato il modo di arraffare ancora.
Infine l’argomentazione regina: facciamo finalmente come i paesi più avanzati di noi che hanno meno parlamentari.
Questo disprezzo per le nostre istituzioni a favore di quelle altrui viene da lontano e ha sempre la stessa impronta, quella del mercato e della ricchezza. Già nell’Assemblea Costituente i liberali, non a caso, si batterono per un numero ridotto di parlamentari. “Guardiamo agli Stati Uniti che ne hanno meno di noi”, sostennero.
Oggi il discorso è lo stesso, con le stesse falsità di allora. Si dimentica infatti che i grandi Stati che hanno parlamenti in proporzione più ridotti del nostro sono STATI FEDERALI, dove enormi poteri sono in mano ai singoli stati locali e ai loro parlamenti.
Guardiamo alla Germania che ha circa 700 parlamentari centrali eletti, meno di noi in proporzione alla popolazione. Nei Land, che sono molto più delle nostre regioni, i parlamentari sono circa 2.000! Chi vuole il taglio dei parlamentari vuole lo stato federale in Italia? Alla luce dei disastri dei sistemi sanitari regionali non sarebbe certo una buona idea.
D’altra parte dalla Spagna alla Svezia, tanti altri paesi hanno più parlamentari di noi rispetto alla popolazione. In realtà la propaganda a favore della modernizzazione delle istituzioni guardando all’estero fa parte del classico armamentario liberista.
È la stessa usata sulle pensioni, presentate falsamente come le più generose d’Europa per poi giungere, con la Fornero, ad essere davvero le più avare. Il taglio dei parlametari è come il taglio delle pensioni, ora sembra una modernizzazione, poi ne scopriremo l’arretratezza, quando il nostro Parlamento diventerà uno dei più elitari, con un deputato ogni 150.000 abitanti.
Esattamente come chiedevano liberali e liberisti filo americani nel 1947. A loro La risposta più forte venne da Umberto Terracini, comunista, presidente dell’Assemblea Costituente. “… In effetti, quando si vuole diminuire l’importanza di un organo rappresentativo s’incomincia sempre col limitarne il numero dei componenti, oltre che le funzioni..”.
Parole che furono pronunciate da Terracini allora e che sembrano dette oggi, a dimostrazione dell’attualità della Costituzione del 1948.
I nostri padri costituenti, allora a grande maggiornza, scelsero un Parlamento largo, stabilendo che ogni deputato dovesse rappresentare non più di 80.000 abitanti e non 150.000, come invece proponevano liberali e liberisti allora e come impone oggi il taglio del Parlamento.
E sapete perché scelsero di ampliare il numero dei rappresentanti? Proprio per sottrarre i parlamentari al potere dei partiti e delle élites ed avvicinarlo al popolo. Come affermò, motivando il sì del PCI al numero più ampio di parlamentari, Palmiro Togliatti, che cito perché oggi girano buontemponi che spiegano che i comunisti sarebbero a favore del taglio del Parlamento.
Secondo Togliatti un numero più ristretto di parlamentari è sbagliato perché “distacca troppo l’eletto dall’elettore; in secondo luogo perché l’eletto, distaccandosi dall’elettore, acquista la figura soltanto di rappresentante di un partito e non più di rappresentante di una massa vivente, che egli in qualche modo deve conoscere e con la quale deve avere rapporti personali e diretti.
Vi paiono considerazione vecchie, di tempi nei quali non c’era Internet? Sciocchezze, la Costituzione del 1948 è oggi più attuale che mai e andrebbe solo applicata, non cambiata.
Paghiamo oggi gli effetti nefasti delle controriforme costituzionali del 2001 e del 2012. Prima fu il centrosinistra, purtroppo con l’approvazione del voto popolare, a smontare il sistema nazionale dei servizi pubblici dei diritti sociali, con la riforma che stabilì la competizione stato regioni su quasi tutte le materie.
Con che risultati lo abbiamo visto durante la pandemia, con il Parlamento e tutte le assemblee democratiche esautorate e tutte le decisioni prese nel tavolo tra capo del governo e capi delle regioni. Ora con l’autonomia differenziata questo sistema verrebbe portato sino all’estremo della secessione dei ricchi, e non è un caso che i fanatici di essa siano anche fanatici del taglio dei parlamentari.
Nel 2012 poi, quasi all’unanimità, il Parlamento decise di introdurre in Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio e del rispetto dei vincoli europei di Maastricht e del Fiscal Compact. L’austerità diventò così principio costituzionale, con le conseguenze che conosciamo e tuttora subiamo.
A queste due riforme costituzionali liberiste, nemiche dei principi fondamentali della nostra Carta, Renzi pensò poi di aggiungere la sua per completare l’opera. Per fortuna perse, ma ora il centro della sua controriforma, il taglio del Parlamento, viene riproposto, più o meno con i suoi stessi argomenti.
Perché se la società italiana è sempre più ingiusta non sarebbe colpa del mercato, del profitto, della ricchezza in poche mani – no! – la colpa sarebbe della Costituzione inadeguata al nuovo che avanza.
Lo aveva già scritto la banca JPMorgan nel 2013, in un suo famigerato documento: “le Costituzioni europee sono troppo socialiste, perché segnate dalla sconfitta del fascismo, quindi vanno cambiate per permettere le ‘riforme’ liberiste“.
Oggi il taglio dei parlamentari è in perfetta sintonia con quelle raccomandazioni bancarie. E il fatto che siano i cinquestelle i primi a sostenerlo non è una dimostrazione di “cambiamento”, ma una prova della capacità corruttiva del sistema liberista verso la politica.
“Ma no”, dicono a questo punto gli esponenti di quel partito. “La nostra riforma della Costituzione è diversa da quelle di Renzi, Monti, Berlusconi, Prodi. È diversa perché DOPO faremo tante leggi per estendere democrazia e partecipazione“.
Si chiama politica dei due tempi e molti di noi la sperimentano da una vita. Prima si taglia, poi, si spiega, arriverà un secondo tempo nel quale ci sarà cuccagna per tutti. Ma quel secondo tempo non arriva mai.
Il taglio dei parlamentari è solo un altro capitolo degli imbrogli della trentennale politica liberista che domina il paese, politica capace di distogliere l’opinione pubblica dai problemi sociali veri e di indirizzare il bisogno di cambiamento verso falsi obiettivi, che servono solo a rafforzare il potere.
Naturalmente il NO da solo non riparerebbe a trent’anni di liberismo, ma sarebbe una dura sconfitta per i suoi imbrogli, fermerebbe la deriva autoritaria, terrebbe aperta la via per conquistare una vera democrazia e i diritti previsti dalla nostra Costituzione, oggi negati.
E poi volete mettere la differenza tra una serata del 21 settembre in cui tutti, ma proprio tutti, i leader politici sgomitino per intestarsi la vittoria del SI e quella ove gli stessi leader dovrebbero massaggiarsi, per il solenne calcio nel sedere ricevuto dal popolo? Basterebbe immaginare le due diverse scene per votare NO.
Le parole di Terracini e Togliatti sono facilmente reperibili nei verbali dell’Assemblea Costituente riprodotti da vari siti on line.

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