Ora
che si avvia la campagna referendaria si scatenano i fautori del taglio
del Parlamento con tre argomentazioni di fondo, tutte e tre false.
La
prima, la più disonesta, è che il SI sarebbe un voto “contro
l’establishment”. Pazzesco, la controriforma della Costituzione è stata
approvata dal 97 – NOVANTASETTE – per cento dei parlamentari; tutti i
leader dei principali partiti, governo e opposizione, sono per il SI:
Conte, Di Maio, Zingaretti, Renzi, Salvini, Meloni, Berlusconi.
Tutti
costoro dunque sosterebbero il taglio dei parlamentari per pulsione
suicida? Oppure loro non sono l’establisment, di cui invece farebbe
protervamente parte chi non avendo alcun potere politico voterà NO?
Ridicolo.
La
seconda argomentazione demagogica e falsa è che riducendo i
parlamentari si eliminerebbero assenteisti e incompetenti. Vedo che
girano locandine con i volti di Sgarbi e simili, proclamando che così
questi inutili parlamentari saranno eliminati. Chi l’ha detto?
Ricordo
che la campagna dei referendum di Segni all’inizio degli anni ’90 usava
gli stessi argomenti. Il rifiuto del proporzionale a favore del
maggioritario veniva presentato come la possibilità finalmente concessa
ai cittadini di scegliere davvero e di selezionare i migliori.
Una risata amara accompagna la constatazione che in questi trent’anni è successo l’esatto opposto.
D’altra
parte l’uso dei furbi e dei disonesti per colpire un istituto o un
diritto è un classico del liberismo. La catastrofica privatizzazione
dell’IRI fu giustificata anche con le ruberie di qualche manager.
L’attacco ai diritti sociali parte sempre con la denuncia dei furbetti,
che ne usufruiscono a sbafo.
Solo
che poi si taglia il diritto a tutti e i furbetti ovviamente continuano
a prosperare, mentre gli altri perdono. Se l’amministratore di
condominio ruba, cacciate lui o buttate giù la casa? Ecco in trent’anni
di dominio liberista si sono buttate giù tante case, ma gli
amministratori disonesti hanno sempre trovato il modo di arraffare
ancora.
Infine l’argomentazione regina: facciamo finalmente come i paesi più avanzati di noi che hanno meno parlamentari.
Questo
disprezzo per le nostre istituzioni a favore di quelle altrui viene da
lontano e ha sempre la stessa impronta, quella del mercato e della
ricchezza. Già nell’Assemblea Costituente i liberali, non a caso, si
batterono per un numero ridotto di parlamentari. “Guardiamo agli Stati
Uniti che ne hanno meno di noi”, sostennero.
Oggi
il discorso è lo stesso, con le stesse falsità di allora. Si dimentica
infatti che i grandi Stati che hanno parlamenti in proporzione più
ridotti del nostro sono STATI FEDERALI, dove enormi poteri sono in mano
ai singoli stati locali e ai loro parlamenti.
Guardiamo
alla Germania che ha circa 700 parlamentari centrali eletti, meno di
noi in proporzione alla popolazione. Nei Land, che sono molto più delle
nostre regioni, i parlamentari sono circa 2.000! Chi vuole il taglio dei
parlamentari vuole lo stato federale in Italia? Alla luce dei disastri
dei sistemi sanitari regionali non sarebbe certo una buona idea.
D’altra
parte dalla Spagna alla Svezia, tanti altri paesi hanno più
parlamentari di noi rispetto alla popolazione. In realtà la propaganda a
favore della modernizzazione delle istituzioni guardando all’estero fa
parte del classico armamentario liberista.
È
la stessa usata sulle pensioni, presentate falsamente come le più
generose d’Europa per poi giungere, con la Fornero, ad essere davvero le
più avare. Il taglio dei parlametari è come il taglio delle pensioni,
ora sembra una modernizzazione, poi ne scopriremo l’arretratezza, quando
il nostro Parlamento diventerà uno dei più elitari, con un deputato
ogni 150.000 abitanti.
Esattamente
come chiedevano liberali e liberisti filo americani nel 1947. A loro La
risposta più forte venne da Umberto Terracini, comunista, presidente
dell’Assemblea Costituente. “… In effetti, quando si vuole diminuire
l’importanza di un organo rappresentativo s’incomincia sempre col
limitarne il numero dei componenti, oltre che le funzioni..”.
Parole
che furono pronunciate da Terracini allora e che sembrano dette oggi, a
dimostrazione dell’attualità della Costituzione del 1948.
I
nostri padri costituenti, allora a grande maggiornza, scelsero un
Parlamento largo, stabilendo che ogni deputato dovesse rappresentare non
più di 80.000 abitanti e non 150.000, come invece proponevano liberali e
liberisti allora e come impone oggi il taglio del Parlamento.
E
sapete perché scelsero di ampliare il numero dei rappresentanti?
Proprio per sottrarre i parlamentari al potere dei partiti e delle
élites ed avvicinarlo al popolo. Come affermò, motivando il sì del PCI
al numero più ampio di parlamentari, Palmiro Togliatti, che cito perché
oggi girano buontemponi che spiegano che i comunisti sarebbero a favore
del taglio del Parlamento.
Secondo Togliatti un numero più ristretto di parlamentari è sbagliato perché “distacca
troppo l’eletto dall’elettore; in secondo luogo perché l’eletto,
distaccandosi dall’elettore, acquista la figura soltanto di
rappresentante di un partito e non più di rappresentante di una massa
vivente, che egli in qualche modo deve conoscere e con la quale deve
avere rapporti personali e diretti.”
Vi
paiono considerazione vecchie, di tempi nei quali non c’era Internet?
Sciocchezze, la Costituzione del 1948 è oggi più attuale che mai e
andrebbe solo applicata, non cambiata.
Paghiamo
oggi gli effetti nefasti delle controriforme costituzionali del 2001 e
del 2012. Prima fu il centrosinistra, purtroppo con l’approvazione del
voto popolare, a smontare il sistema nazionale dei servizi pubblici dei
diritti sociali, con la riforma che stabilì la competizione stato
regioni su quasi tutte le materie.
Con
che risultati lo abbiamo visto durante la pandemia, con il Parlamento e
tutte le assemblee democratiche esautorate e tutte le decisioni prese
nel tavolo tra capo del governo e capi delle regioni. Ora con
l’autonomia differenziata questo sistema verrebbe portato sino
all’estremo della secessione dei ricchi, e non è un caso che i fanatici
di essa siano anche fanatici del taglio dei parlamentari.
Nel
2012 poi, quasi all’unanimità, il Parlamento decise di introdurre in
Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio e del rispetto dei
vincoli europei di Maastricht e del Fiscal Compact. L’austerità diventò
così principio costituzionale, con le conseguenze che conosciamo e
tuttora subiamo.
A
queste due riforme costituzionali liberiste, nemiche dei principi
fondamentali della nostra Carta, Renzi pensò poi di aggiungere la sua
per completare l’opera. Per fortuna perse, ma ora il centro della sua
controriforma, il taglio del Parlamento, viene riproposto, più o meno
con i suoi stessi argomenti.
Perché
se la società italiana è sempre più ingiusta non sarebbe colpa del
mercato, del profitto, della ricchezza in poche mani – no! – la colpa
sarebbe della Costituzione inadeguata al nuovo che avanza.
Lo aveva già scritto la banca JPMorgan nel 2013, in un suo famigerato documento: “le
Costituzioni europee sono troppo socialiste, perché segnate dalla
sconfitta del fascismo, quindi vanno cambiate per permettere le
‘riforme’ liberiste“.
Oggi
il taglio dei parlamentari è in perfetta sintonia con quelle
raccomandazioni bancarie. E il fatto che siano i cinquestelle i primi a
sostenerlo non è una dimostrazione di “cambiamento”, ma una prova della
capacità corruttiva del sistema liberista verso la politica.
“Ma no”, dicono a questo punto gli esponenti di quel partito. “La
nostra riforma della Costituzione è diversa da quelle di Renzi, Monti,
Berlusconi, Prodi. È diversa perché DOPO faremo tante leggi per
estendere democrazia e partecipazione“.
Si chiama politica dei due tempi e molti di noi la sperimentano da una vita. Prima si taglia, poi, si spiega, arriverà un secondo tempo nel quale ci sarà cuccagna per tutti. Ma quel secondo tempo non arriva mai.
Si chiama politica dei due tempi e molti di noi la sperimentano da una vita. Prima si taglia, poi, si spiega, arriverà un secondo tempo nel quale ci sarà cuccagna per tutti. Ma quel secondo tempo non arriva mai.
Il
taglio dei parlamentari è solo un altro capitolo degli imbrogli della
trentennale politica liberista che domina il paese, politica capace di
distogliere l’opinione pubblica dai problemi sociali veri e di
indirizzare il bisogno di cambiamento verso falsi obiettivi, che servono
solo a rafforzare il potere.
Naturalmente
il NO da solo non riparerebbe a trent’anni di liberismo, ma sarebbe una
dura sconfitta per i suoi imbrogli, fermerebbe la deriva autoritaria,
terrebbe aperta la via per conquistare una vera democrazia e i diritti
previsti dalla nostra Costituzione, oggi negati.
E
poi volete mettere la differenza tra una serata del 21 settembre in cui
tutti, ma proprio tutti, i leader politici sgomitino per intestarsi la
vittoria del SI e quella ove gli stessi leader dovrebbero massaggiarsi,
per il solenne calcio nel sedere ricevuto dal popolo? Basterebbe
immaginare le due diverse scene per votare NO.
Le
parole di Terracini e Togliatti sono facilmente reperibili nei verbali
dell’Assemblea Costituente riprodotti da vari siti on line.
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