Il neuropsichiatra, autore di "Ottant'anni di follia. E ancora una gran voglia di vivere" (Rizzoli), difende la "funzione sociale fondamentale dei vecchi" e commenta la parole di Mario Draghi: "Basta dire che 'i più giovani devono avere spazio, poverini'. Devono piuttosto impegnarsi di più e assumersi responsabilità".
“Compiere 80 anni è una notizia piacevole, perché la vita è sempre un’esperienza, per quanto difficile e qualche volta poco simpatica: è una grande avventura”. Vittorino Andreoli ha raggiunto, come ci racconta, “la tappa non anagrafica, burocratica”, ma “personale” in cui “ognuno si chiede che cosa ha fatto, quale è il senso dell’essere stato faticosamente al mondo e quale è il senso che ha lasciato”. Per questo ha scritto un libro “80 anni di follia. E ancora una gran voglia di vivere”, edito da Rizzoli, in cui ripercorre la sua esistenza, in maniera umile (“lei mi conosce, lo sa come sono fatto”), come “un nessuno che racconta i propri 80 anni. E mi raccomando scriva vecchio, non parli di terza età”.
Professore, ci spiega nel suo libro che un “vecchio” non è solo memoria storica e racconto. Che a 80 anni non si esauriscono i propri compiti...Ma scherziamo! Neanche per sogno! La vecchiaia è nuovo periodo dell’esistenza, un nuovo capitolo di un libro. Di solito se un libro è bello, è anche il capitolo migliore perché ci sono delle risposte, si capisce meglio tutto quello che è accaduto prima. Difendo la vecchiaia e raccomando ai giovani di salvaguardarla. Una società che considera i vecchi solo un grande peso economico è una società che non ha capito nulla. Penso che il vecchio debba ritrovare la propria identità in questa società senza tempo, senza passato né futuro. E mi sembra una domanda che non è tanto una risposta per me, ma che serva a capire quale è il significato della vita di qualunque uomo.
A proposito di giovani, permetta una domanda. Mario Draghi recentemente ha detto che il futuro delle giovani generazioni è a rischio, che bisogna dar loro di più e riportarli al centro dell’attenzione della società. Che cosa ne pensa?
Penso che Draghi sia un ottimo economista e una persona perbene, ma con questa frase abbia dimostrato voglia di giovanilismo. I giovani non hanno un ruolo diverso dai vecchi. Probabilmente si riferiva al debito che ricadrà su di loro, ma i vecchi non hanno responsabilità: è una frase che può essere mal interpretata. Come a dire che i vecchi, 25% della popolazione, tolgono ossigeno ai giovani. Non è così, è ora di finirla.
E com’è?
I vecchi hanno una funzione sociale fondamentale e se si nega questo vuol dire che una società è ridotta a lavoro, produttività ed economia. E se questa è la percezione del dottor Draghi, ma non credo sia così, allora è in errore. Ma poi, mi permetta, le pare giusto questo tempo che mette in contrapposizione giovani e vecchi? Ha un senso secondo lei? A 80 anni c’è un capitolo nuovo dell’esistenza: una visione del mondo, una modalità di rapportarsi agli altri diversa. Si ama la pace, non la lotta per la carriera. Pensi che bello: non ho da rendere conto a nessuno. Non c’è competizione con i giovani, non avrebbe senso. Non si fa del bene ai giovani dicendo loro che devono essere messi al primo posto e che vanno aiutati. Non mi fraintenda: amo profondamente i giovani, ho dedicato loro gran parte della mia vita e continuo anche oggi. Per questo parlo così, perché voglio il loro bene.
Quale è allora il messaggio da lasciare loro?
E’ ora di finirla di dire che “devono avere spazio, poverini”! Devono impegnarsi, per fare in modo di avere una vita esemplare come quella di alcuni vecchi. Devono assumere forti responsabilità, perché la società è in grave pericolo. E’ una società che ama ancora la guerra e ci sono venti di guerra, che distingue in maniera abissale i ricchi dai poveri. E’ una società in cui esistono persone che non hanno nemmeno la possibilità di crescere, non di arrivare ad essere vecchi. Devono assumersi la responsabilità di guidare una società. E per farlo non basta avere le macchine e i soldi, ma una profonda preparazione, senso di responsabilità e sacrificio, una parola che non si usa più.
In che modo il suo libro può aiutarli?
Non voglio essere un esempio, ma soltanto far loro vedere i sacrifici che ci sono stati nel corso di una vita di un uomo qualunque come sono io, di un vecchio di 80 anni come me. Pensi che i miei primi 5 anni di vita li ho passati in guerra, ad esempio.
Come possono imparare il sacrificio?
Abbiamo bisogno che questi ragazzi non guardino se possono avere il posto fisso e la macchina: devono porsi come protagonisti del futuro. Il problema è che non hanno più la percezione del futuro: finiamola di fare l’elogio della giovinezza, perché è un periodo difficile, soprattutto oggi che devono governare una società governata malissimo dagli adulti, però, non dai vecchi.
Durante l’emergenza Covid, questa contrapposizione fra giovani e vecchi è emersa con più prepotenza. Soprattutto, in certi casi, si è visto il disinteresse dei giovani che nei giorni più bui hanno manifestato anche egoismo. In molti non si preoccupavano di diffondere il contagio, perché a morire erano per lo più i vecchi...
E’ stato una delle cose più spiacevoli, questa discriminazione anagrafica: vuol dire non avere ancora capito che il tempo non è quello misurato dall’orologio, ma c’è un tempo psicologico. Pensi ai grandi vecchi di cui noi raccontiamo ancora quello che hanno fatto. E’ possibile che in una società scientifica si ritenga ancora la vita del vecchio una candela che lenta si spegne?
Come è la vita di un vecchio?
Il cervello di un vecchio produce neuroni! Siamo cioè capaci di rinnovare il nostro sistema del cervello. C’è una sessualità, è bello dire un eros, del vecchio, certamente con caratteristiche diverse. Quindi l’età della vecchiaia è un’età fondamentale per una società anche se non è produttiva nel senso banale del termine. E’ uno scandalo che questa società che nasce nella Grecia antica, una delle più grandi società, sia arrivata al punto di adesso. Io ho 80 anni e siccome non produco valgo meno di uno di 30? Le sembra possibile? Dovremmo dire che Socrate vale meno dei suoi allievi. Ma lo scandalo è stato anche un altro durante l’emergenza Covid.
Quale?
Non avere posto la vita al primo posto. Essersi domandati se privilegiare l’ossigeno polmonare o l’economia. L’essersi chiesti se è più importante la vita o quanto quella persona può produrre.
Alcuni potrebbero obiettare che se non c’è produzione, c’è povertà e che se c’è povertà è a rischio anche la vita...
Povertà è ancora vita, questo per favore lo metta! Io non produco, allora non ho diritto all’ossigeno? Mi meraviglia un po’ la sua domanda, non si può fare un confronto fra ossigeno e denaro. La vita ha un tale significato...non faccio il poeta, so benissimo quali sono le difficoltà dei giovani e li ho sempre difesi, ma non è possibile creare attorno a loro un’atmosfera ovattata. Questo non significa amare i giovani, ma considerarli dei consumatori, renderli vittime di un mondo che guarda solo al denaro. Mi faccia dire un’ultima cosa.
Prego.
Degli economisti non se ne può più, bisogna vedere l’umanesimo, non l’economia e l’economia è parte dell’umanesimo. Un’economia che non sia dentro a dei principi, non è un grande valore.
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