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(Dott.
Paolo Caruso) – Europa solidale, un pio desiderio, una richiesta
legittima, rimbalzata in questi giorni da uno stato all’altro, da un
popolo ad un altro del vecchio continente; appena un sussurro smorzato
sul nascere sulle labbra di ognuno di noi. L’Europa dei vincoli e
dell’austerità sotto l’egida della rapace “aquila” germanica, in piena
emergenza sanitaria ed economica, continua a essere sorda alle
aspettative della gente, ai bisogni dei popoli, perpetuando i suoi veri
interessi economico finanziari a favore dei Paesi più ricchi
condizionati da banche e lobby. Bruxelles ancora una volta ha mancato
l’appuntamento con la storia, perdendo l’ennesima occasione per
interpretare al meglio l’istituzione comunitaria, come prospettata dagli
statisti più illuminati del novecento. Infatti la sessione dei ministri
economici U.E. si è chiusa dopo un primo rinvio con un accordo al
ribasso, facendo emergere le numerose contraddizioni legate agli egoismi
geopolitici indirizzati essenzialmente al profitto e ai rigidi canoni
economico finanziari. La germanizzazione della U.E. è apparsa del resto
sempre evidente fin dalle sue origini, e l’Italia, per il suo gravoso
debito, per l’incompetenza e la complicità politica, nel corso degli
anni ha pagato e continua a pagare un prezzo molto alto, rappresentando
l’anello debole dei Paesi europei. Il risultato anche oggi appare
imbarazzante; gli eurobond, i coronabond sembrano svanire e il Mes forse
“depotenziato” rappresenta l’amaro calice che i paesi meno ricchi
saranno costretti a bere.
Il club degli “amici” Europei pare non vada
nel senso giusto, e probabilmente neppure si arriverà al famoso detto
latino “in medio stat virtus” per ricercare un più giusto equilibrio
volto a migliorare gli aspetti socio economici del vivere quotidiano dei
cittadini. La “disunione” europea è caratterizzata da molteplici
divergenze soprattutto economiche e da comportamenti sleali di Paesi
membri, veri paradisi fiscali della porta accanto (Olanda, Belgio,
Lussemburgo), che sottraggono ingenti risorse economiche ad altre
nazioni. In Olanda, primo paradiso fiscale dell’Unione, infatti si
trovano le sedi legali di molte aziende, tra le quali le italiane FCA
degli Agnelli, Cementir di Caltagirone, Media For Europe del vecchio
caimano di Arcore, Ferrero, Illy, Exor, Luxottica, Saipem, Eni, Telecom e
l’ultima in ordine di tempo Campari. Il paese dei tulipani ora si
presenta intransigente insieme alla Merkel per non perdere la
condizionabilità che esigerebbe vincoli e controlli di Bruxelles sui
bilanci degli stati, creando un solco più profondo tra paesi ricchi e
paesi meno ricchi, forse pensando come ultima ratio di poter
commissariare il governo italiano alla fine del tunnel sotto la stretta
morsa della Trojka che tante lacrime e sangue ha provocato al popolo
greco. Le stesse esternazioni giornalistiche del quotidiano tedesco “Die
Welt”, non smentite dal governo, volte a denigrare l’Italia accusandola
di aspettare la pioggia di denaro europeo per distribuirlo alle mafie,
non promette nulla di buono. Purtroppo i mali made in Italy mettono in
discussione la stessa nostra credibilità offrendo il fianco a facili
strumentalizzazioni. Ora che tutto sarà valutato a fine mese dal
prossimo Consiglio Europeo, saranno le nazioni con i loro leader a
rivedere e mediare quanto già trattato dai ministri economici; a loro
l’ardua sentenza! E’ li sarà la sede opportuna dove l’Italia, vista
l’eccezionalità del momento, dovrà giustamente e a ragione farsi sentire
più del solito, pretendendo risposte nette e concrete fuori
dall’ordinario, minacciando a questo punto con i giochi ancora non ben
definiti anche di far saltare il banco
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