Tra la lunga lista delle attività essenziali rimaste aperte, nel pieno della crisi sanitaria, c’è lo stabilimento di Leonardo a Cameri, l’azienda del novarese che ha in incarico la progettazione e costruzione degli F35, i cacciabombardieri della Lockheed Martin (USA) ed è l’unico stabilimento in grado di eseguire anche l’assemblaggio della variante F-35B al di fuori degli Usa.
Da
questa settimana, grazie ai “privilegi” riservati al ministero della
Difesa, i 200 lavoratori dello stabilimento sono tornati in fabbrica,
grazie al via libera che il governo ha dato alla Difesa.
Mentre in Giappone lo stabilimento della Faco di Nagoya rimane chiuso perché “una pausa può essere assorbita dai margini di programma esistenti di Mitsubishi Heavy Industries (MHI)” come dichiarato dal suo portavoce, in Italia lo stabilimento è stato riaperto, perché “potrebbero essere a rischio diverse commesse e posti di lavoro.”
“Sono fermi milioni di lavoratori perché ovviamente ci sono delle misure di distanziamento sociale da rispettare, ma all’industria delle armi si permette di andare avanti”, denuncia Francesco Vignarca, coordinatore nazionale della Rete italiana per il disarmo.
Conte ha dato carta bianca alla Difesa, nelle strade tra la gente come in tutto l indotto. In una comunicazione diffusa la settimana scorsa, il Ministero dichiara “l’opportunità che le società e le aziende federate all’interno di AIAD, nel proseguire la propria attività”, concentrandosi sulle linee produttive “ritenute maggiormente essenziali e strategiche e, di contro, rallentare per quanto possibile l’attività produttiva e commerciale con riferimento a tutto ciò che non sia ritenuto, del pari, analogamente essenziale“.
Ancora una volta registriamo come l’essenziale e lo strategico dipendano non tanto dalla sicurezza per i lavoratori, quanto piuttosto dal tentativo di mantenere in vita un sistema che si basa sulla guerra e sullo sfruttamento, proprio nel momento in cui la realtà ci sta mostrando tutte le crepe di questo sistema.
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