Già prima del coronavirus l’Italia aveva
un’economia di guerra. Sono 18 anni che gli italiani che gli italiani
hanno in tasca l’euro, è tempo di tracciarne il bilancio.
Con questo articolo diamo un’occhiata ad
una serie di grafici, presi da fonti ufficiali, per dimostrare quanto –
negli ultimi 20 anni – gli italiani sono stati saccheggiati in termini
di risparmio, reddito, PIL e così via.
Cominciamo
RISPARMI E POTERE D’ACQUISTO
Si sa che l’Italia è uno dei paesi con
il risparmio privato più alto al mondo, cosa è successo
dall’introduzione dell’euro ad oggi? Verifichiamo
Se nel 2002, anno in cui l’euro entra in
vigore, la propensione al risparmio era il 13% del reddito disponibile,
nel 2018 è stata appena dell’8,1%.
Da questa prima immagine salta subito all’occhio la voragine del 2012: risparmio al 7,1% e potere d’acquisto crollato del -5,3%.
Ma qui probabilmente è colpa è dell’asteroide dei Maya, perché come sappiamo Monti ha salvato il paese!
Battute a parte, andiamo avanti. Dal 2008 al 2013 il potere d’acquisto delle famiglie è sempre crollato.
Per chi è sopravvissuto a quel bagno di sangue, c’è stata una modesta ripresa del potere d’acquisto.
Tuttavia alla fine del 2019 non era stato recuperato nemmeno il 2011, mentre il 2007 rimane lontano anni luce.
CHI CI HA PERSO DI PIÙ
Con l’euro tutti ci hanno rimesso. Vediamo nel dettaglio del principali categorie di reddito familiare.
Fatto 100 il reddito familiare netto del 2003 (cioè quello reale) dopo 14 anni sono i lavoratori autonomi il ceto più danneggiato: nel 2017 il loro reddito è diminuito del 25% rispetto al 2003.
Inizialmente ci avevano guadagnato solo i lavoratori dipendenti, poi dopo la crisi del 2008 sono precipitati come tutte le altre tipologie di reddito. I pensionati sono quelli che hanno perso di meno (il 5%)
Vediamo ora una comparazione del reddito, i termini pro capite, con il resto dell’unione europea dal 2000 al 2018, grafico del Dipartimento programmazione economica
Semplicemente un disastro, anche questo
caso non è stato recuperato nemmeno il valore del 2011 e siamo stati
superati anche dall’europa dei 28 che comprende i (poveri) paesi
dell’est.
PRODOTTO INTERNO LORDO
Attraverso i dati del Fondo Monetario Internazionale, vediamo la variazione del PIL reale dal 1980 al 2019
Facciamo un po’ di conti. Negli anni 80
(1980-89) la crescita media annua è stata del 2,35%. Negli anni 90
(1990-99) è stata del 1,46%
Nel primo decennio del nuovo millennio
(2000-09) è stata dello 0,54%. Nel secondo decennio del 2000 – appena
concluso (2010-19) – la crescita è stata dello 0,25%
Con l’euro in tasca (2002-2019) la crescita media è stata appena dello 0,12%.
Vediamo l’andamento del PIL in milioni
di euro (prezzi costanti del 2015). Come in alcuni precedenti grafici,
anche per il PIL è stato recuperato a malapena il valore del 2011.
Cosa ci riserva il futuro? Le stime del
FMI per il 2020 e per il 2021 sono rispettivamente del -9,1% e del
+4,8%. Per la serie “al peggio non c’è mai fine”
POVERTÀ E DISUGUAGLIANZE
Vediamo ora il numero di individui in povertà assoluta, segue grafico realizzato su dati Istat.
Nel 2018, si stima siano oltre 1,8
milioni le famiglie in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza
pari al 7,0%, per un numero complessivo di 5 milioni di individui (8,4%
del totale).
Pur rimanendo ai livelli massimi dal
2005, si arresta dopo tre anni la crescita del numero e della quota di
famiglie in povertà assoluta.
ANNO | POVERI ASSOLUTI | GOVERNO |
2005 | 1.911.000 | Berlusconi |
2006 | 1.660.000 | Berlusconi / Prodi |
2007 | 1.789.000 | Prodi |
2008 | 2.113.000 | Prodi / Berlusconi |
2009 | 2.318.000 | Berlusconi |
2010 | 2.472.000 | Berlusconi |
2011 | 2.652.000 | Berlusconi / Monti |
2012 | 3.552.000 | Monti |
2013 | 4.420.000 | Monti / Letta |
2014 | 4.102.000 | Letta / Renzi |
2015 | 4.598.000 | Renzi |
2016 | 4.742.000 | Renzi / Gentiloni |
2017 | 5.058.000 | Gentiloni |
2018 | 5.040.000 | Gentiloni / Conte |
Ora sorge spontanea una domanda, chi ci ha guadagnato in tutto questo? Ce lo spiega sempre l’ISTAT, a pag 4 di questo comunicato.
“Al quinto più ricco della popolazione 6,1 volte il reddito del quinto più povero“
Un problema che non è solo italiano, tuttavia
“Più disuguaglianza dei redditi in Italia che negli altri grandi paesi europei“
Per grandi paesi europei l’ISTAT si riferisce a Francia e Germania. Andiamo avanti
COMPETITIVITÀ
Vediamo la produzione industriale con un
altro grafico del DIPE. Fatto 100 l’anno 2000, nel 2018 avevamo perduto
15 punti di produzione.
Perché si produce di meno? Banalmente i
prodotti italiani sono sempre meno richiesti, sul mercato interno per la
perdita del potere d’acquisto (che abbiamo visto prima), ma anche
all’estero la situazione non è rosea, adesso vediamo il motivo.
Il prossimo grafico mostra la differenza
di competitività fra Spagna, Italia, Francia e Germania rispetto a 60
paesi concorrenti (grafico di Banca d’Italia) sui prodotti manifatturieri.
Un aumento dell’indice segna una perdita
di competitività, viceversa una diminuzione dell’indice segna un
guadagno di competitività.
In estrema sintesi le industrie
manifatturiere tedesche e francesi sono riuscite a surclassare la
concorrenza italiana e spagnola nel giro di 20 anni, nonostante le
“riforme” che Spagna e Italia hanno attuato per ridurre il costo del
lavoro…
Ricordiamo inoltre che – a partire dal
2012 – il ritrovato attivo della bilancia commerciale, dal momento che
non si poteva attuare una svalutazione monetaria (su base nazionale),
allora ci fu bisogno delle lacrime e sangue di Monti per dare una stretta alle importazioni.
NASCITE E SALDO NATURALE
Dal 1980 al 1992 i nati vivi superano il numero dei morti, dal 1993 questa tendenza si invertirà (quasi sempre) fino al 2008.
Mentre dal 2009 in poi le nascite andranno a picco, mentre i morti continueranno a salire
Con questo grafico si chiude il cerchio di un disastro che non ha precedenti in tempo di pace.
ITALEXIT
Come starebbe l’Italia fuori dall’euro? Ve lo faccio spiegare dal Der Spiegel un giornale tedesco che, per usare un eufemismo, è tutto fuoché pro-Italia.
In un articolo del 13 giugno 2012 scrisse:
« Con un’uscita dall’Euro e un taglio netto dei debiti la crisi interna italiana finirebbe di colpo. La nostra invece inizierebbe proprio allora.
Una gran parte del settore bancario
europeo si troverebbe a collassare immediatamente. Il debito pubblico
tedesco aumenterebbe massicciamente perché si dovrebbe ricapitalizzare
il settore bancario e investire ancora centinaia di miliardi per le
perdite dovute al sistema dei pagamenti target 2 intraeuropei.
E chi crede che non vi saranno
allora dei rifiuti tra i paesi europei, non s’immagina neanche cosa
possa accadere durante una crisi economica così profonda. Un’uscita dall’euro da parte dell’Italia danneggerebbe probabilmente molto più noi che non l’Italia stessa e questo indebolisce indubbiamente la posizione della Germania nelle trattative.
Non riesco ad immaginarmi che in Germania a parte alcuni professori di economia statali e in pensione qualcuno possa avere un interesse a un crollo dell’euro »
Del resto l’euro è solo un Marco
camuffato, pensato per avvantaggiare gli esportatori tedeschi. Segue
grafico con i saldi delle partite correnti – in rapporto al PIL – di
Italia, Germania, Cina e Giappone
Il mantra secondo cui “ci serve l’europa per competere con la Cina” è un qualcosa che, dati alla mano, non ha né capo né coda.
CHI CI GUADAGNA CON L’EURO?
Oltre alla Germania, anche i Paesi Bassi ci hanno guadagnato con la moneta unica. Se guardiamo sul sito del governo olandese, alla domanda sul perché i Paesi Bassi non tornano al fiorino, ecco la loro incredibile risposta
« Lasciare l’euro sembra semplice, ma comporta grandi rischi e costa molti soldi. Se i Paesi Bassi ritornano al fiorino, i prodotti olandesi diventeranno troppo costosi per altri paesi.
Le esportazioni, la principale fonte di reddito nei Paesi Bassi, quindi
diminuiscono e i Paesi Bassi perdono molto reddito e posti di lavoro.
L’euro ha semplificato le
esportazioni in Europa. Gli imprenditori ora non devono più preoccuparsi
dei tassi di cambio e non hanno costi di cambio. Questo è vantaggioso
per le società olandesi e quindi per i Paesi Bassi.
Una valuta comune come l’euro impedisce anche a un altro paese dell’Unione europea di diminuire di valore (ndr – svalutare). Una valuta più economica rende le esportazioni di quel paese più convenienti. Questo è dannoso per le esportazioni olandesi.
L’economia olandese dipende fortemente dalle esportazioni.
I Paesi Bassi fanno molti soldi esportando e ci sono anche molti posti
di lavoro nell’export. Pensate, ad esempio, ai camionisti, alle persone
che lavorano nel porto o nell’orticoltura. Se i Paesi Bassi tornano al fiorino (costoso), le esportazioni diminuiranno notevolmente. »
Serve aggiungere altro? Ah si, il titolo di questo articolo è ispirato dall’intervento di Paolo Barnard a “La Gabbia”, che già nel 2016 ci spiegava che l’eurozona è in realtà una zona di guerra.
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