lunedì 20 aprile 2020

Big Pharma si prepara a trarre profitto dal coronavirus.

L’articolo che qui abbiamo tradotto è stato pubblicato il 13 marzo sul giornale indipendente nord-americano d’inchiesta “The Intercept”, e ripreso dal sito in lingua francese “Investig’action” il 9 aprile. 
 
 

Precedentemente avevamo cercato di fornire un primo quadro di come la battaglia per trovare un vaccino per il Covid-19 fosse un aspetto rilevante dello scontro geo-politico in corso tra diversi attori globali.
Su questo aspetto la celebre rivista di politica estera statunitense Foreign Affairs era stata piuttosto eloquente a riguardo mettendo in risalto il profilo strategico all’interno della possibile riconfigurazione delle relazioni internazionali:
«Mentre gli Stati Uniti non sono attualmente in grado di soddisfare le urgenti richieste materiali della pandemia, il loro perdurante vantaggio globale nelle scienze naturali e nelle biotecnologie può essere determinante per trovare una vera soluzione alla crisi: un vaccino. Il governo degli Stati Uniti può sostenere la ricerca fornendo incentivi ai laboratori e alle aziende statunitensi, per intraprendere un “Progetto Manhattan” per ideare, testare rapidamente in clinica e produrre in massa un vaccino».

Uno scontro in cui l’UE – in particolare la Germania – si è posta come uno dei principali competitor, comprendendo il valore strategico che avrebbe il successo in questo campo per risollevare le sorti della propria economia, passata dalla stagnazione alla recessione profonda, e porre le basi per forgiare quel “campione europeo” in grado di rivaleggiare sul mercato internazionale.
Le due aziende tedesche in pole-position da una parte battono cassa all’Unione Europea – che di fatto con i suoi finanziamenti rende possibile “l’eccellenza tedesca” in questo campo – e dall’altra parte vogliono “riscrivere” il quadro delle regole legislative riguardo al vaccino.
«Nei giorni scorsi», cioè ad inizio del mese d’aprile «BoiNTech e CureVac, ovvero i gruppi tedeschi di biotecnologia che guidano la corsa alla sviluppo contro il coronavirus, hanno affermato che flessibilità e finanziamenti sono necessari per immettere sul mercato quest’anno le vaccinazioni, avvertendo che i governi dovranno allentare le normative sulla sperimentazione clinica per poter avere le centinaia di milioni di dosi disponibili che servono quanto prima, almeno (si spera) entro la fine dell’anno.»
Ma tornando agli Stati Uniti, alcuni recenti sviluppi sembrano confermare le preoccupazione espresse nell’articolo di The Intercept.
«Il 30 marzo il Financial Times riporta i successi dell’industria medico-farmaceutica statunitense. La Abbott Laboratories ha dichiarato che sta lanciando un test per il virus in grado di dare una risposta in alcuni minuti e effettuabile con una apparecchiatura portatile delle dimensioni di un tostapane, che verrà distribuito in questa settimana ai vari operatori medici. La Johnson & Johnson è stata la prima azienda farmaceutica di grandi dimensioni a lanciarsi nella corsa per la ricerca del vaccino a gennaio, a cui si sono affiancate altre esponenti di Big Pharma come Sanofi, GSK e Pfizer, senza che nessuna sia riuscita ancora a sperimentare il vaccino sugli esseri umani. L’azienda ha annunciato che potrebbe essere pronto all’inizio del 2021, e si aspetta di poterlo testare sugli esseri umani da settembre. Si appresta ad investite insieme al governo un milione di dollari nello sviluppo della ricerca. L’azienda è comunque indietro rispetto a Moderna che è stata la prima – dopo appena 42 giorni dalla sua mappatura genetica messa a disposizione dalla Cina a fine gennaio – ad avere iniziato a sperimentarne ad inizio marzo i possibili effetti collaterali sugli umani. La J&J rimane il primo gruppo farmaceutico al mondo ed ha la capacità di produrlo su grande scala in partnership con Barda. Il valore dei titoli delle due aziende – grazie all’ “effetto annuncio” – sono schizzati in borsa: J&J del 7,9%, Abbott del 7,2%.»
Così mentre in piena pandemia l’attuale amministrazione nord-americana sospende il proprio finanziamento all’Organizzazione Mondiale della Sanità, continua a foraggiare la propria industria farmaceutica senza avere né pretendere alcun controllo su quello che sarà il prezzo.
La lobby farmaceutica è forse il più potente tra i gruppi di pressione negli USA, e permette di avere finanziamenti pubblici per progetti che generano profitti privati. La spesa per i farmaci costituisce più della metà – il 63% per l’esattezza – del costo della saluta complessivo negli USA.
In questo campo “repubblicani” e “democratici” sono sulla stessa lunghezza d’onda, tranne l’ex candidato alle primarie democratiche Bernie Sanders ed una sparuta minoranza a lui legata.
Come scrive Lerner: «Il settore spende somme considerevoli anche per i contributi alle campagne elettorali dei legislatori democratici e repubblicani. Durante le primarie democratiche, Joe Biden è stato il principale beneficiario dei contributi dell’industria sanitaria e farmaceutica».
Buona Lettura
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Mentre il nuovo coronavirus diffonde la malattia, morte e disastri in tutto il mondo, praticamente nessun settore economico è stato risparmiato. Eppure, nel bel mezzo del disastro causato dalla pandemia globale, un’industria non solo sopravvive, ma ne trae grande beneficio.
Le aziende farmaceutiche considerano il Covid-19 un’opportunità commerciale unica“, ha dichiarato Gerald Posner, autore di “Pharma: l’avidità, la menzogna e l’avvelenamento dell’America“.
Il mondo ha bisogno di farmaci, naturalmente. Per la nuova epidemia di coronavirus, in particolare, abbiamo bisogno di trattamenti e vaccini e, negli Stati Uniti, di test. Decine di aziende sono ora in competizione per produrli. “Sono tutti in questa gara“, ha detto Posner, descrivendo come enormi i potenziali benefici della vittoria.
La crisi globale “sarà potenzialmente un blockbuster per il settore in termini di vendite e profitti”, ha detto, aggiungendo che “più la pandemia peggiora, più alti saranno i loro potenziali profitti“.
La capacità di fare soldi con i prodotti farmaceutici è già eccezionalmente alta negli Stati Uniti, che non hanno controlli di base sui prezzi come negli altri paesi, dando alle aziende farmaceutiche più libertà di fissare i prezzi dei loro prodotti rispetto a qualsiasi altra parte del mondo.
Durante la crisi attuale, le aziende farmaceutiche potrebbero avere ancora più margine di manovra del solito, “grazie” ai lobbisti che investono in un piano di spesa di 8,3 miliardi di dollari per il coronavirus, approvato la scorsa settimana, per massimizzare i loro profitti derivanti dalla pandemia.
Inizialmente, alcuni legislatori avevano cercato di convincere il governo federale a limitare i profitti che le aziende farmaceutiche potevano ricavare dai vaccini e dalle cure per il nuovo coronavirus, che avevano sviluppato con fondi pubblici.
A febbraio, il deputato Jan Schakowsky, D-Ill. e altri membri della Camera hanno scritto a M. Trump, chiedendogli di “garantire che qualsiasi vaccino o trattamento sviluppato con i soldi dei contribuenti americani sia accessibile, disponibile e conveniente“, un obiettivo che, secondo loro, non potrebbe essere raggiunto “se alle aziende farmaceutiche fosse permesso di fissare i prezzi e determinare la distribuzione, mettendo i profitti al di sopra delle priorità sanitarie“.
Durante le trattative per il finanziamento del coronavirus, Schakowsky ha ribadito, scrivendo al segretario alla sanità e ai servizi sociali Alex Azar , il 2 marzo, che sarebbe “inaccettabile che i diritti di produrre e commercializzare questo vaccino vengano poi ceduti ad un produttore farmaceutico attraverso una licenza esclusiva senza prezzo né condizioni di accesso, permettendo all’azienda di far pagare quello che vuole ed essenzialmente di rivendere il vaccino al pubblico che ha pagato per il suo sviluppo“.
Ma molti repubblicani si sono opposti all’aggiunta di un testo che limiterebbe la capacità dell’industria di trarre profitto, sostenendo che soffocherebbe la ricerca e l’innovazione.
E mentre M. Azar, che è stato il principale lobbista e direttore operativo del gigante farmaceutico statunitense Eli Lilly prima di entrare nell’amministrazione Trump, assicurava a Schakowsky di condividere le sue preoccupazioni, il disegno di legge continuava a sancire la capacità delle aziende farmaceutiche di fissare prezzi potenzialmente esorbitanti per i vaccini e i farmaci che sviluppano con i dollari dei contribuenti.
Il pacchetto di aiuti finale non solo ha omesso di enunciare alcuni termini che avrebbero limitato i diritti di proprietà intellettuale dei produttori di farmaci, ma ha anche omesso i termini che figuravano in una bozza precedente, e che avrebbero permesso al governo federale di prendere delle misure se avesse temuto che i trattamenti o i vaccini, sviluppati con fondi pubblici, sarebbero stati troppo costosi.
Questi lobbisti meritano una medaglia da parte dei loro clienti del settore farmaceutico per aver ucciso questa disposizione relativa alla proprietà intellettuale“, ha detto M. Posner, che ha aggiunto che l’omissione di un passaggio che avrebbe permesso al governo di rispondere ai prezzi predatori era ancora peggiore. “Permettere loro di avere questo potere durante una pandemia è oltraggioso.
La verità è che fare leva sugli investimenti pubblici è un’attività comune anche per l’industria farmaceutica. Dagli anni ’30, secondo i calcoli di Posner, i National Institutes of Health hanno investito circa 900 miliardi di dollari nella ricerca, che le aziende farmaceutiche hanno poi utilizzato per brevettare marchi di farmaci.
Ogni farmaco approvato dalla Food and Drug Administration tra il 2010 e il 2016 è stato oggetto di ricerche scientifiche finanziate con il denaro dei contribuenti attraverso il NIH, secondo il gruppo di difesa Patients for Affordable Medicines Advocacy Group. I contribuenti hanno versato più di 100 miliardi di dollari per questa ricerca.
Tra i farmaci che sono stati sviluppati con alcuni finanziamenti pubblici e sono diventati enormi fonti di reddito per le aziende private ci sono la zidovudina (AZT, ZDV), farmaci contro l’HIV, e il trattamento Kymriah contro il cancro, che Novartis ora vende per 475.000 dollari.
Nel suo libro Pharma, M. Posner indica un altro esempio di imprese private che realizzano profitti esorbitanti con farmaci prodotti con fondi pubblici. Il farmaco antivirale sofosbuvir, utilizzato per il trattamento dell’epatite C, è il risultato di una ricerca di base finanziata dagli Istituti Nazionali di Sanità.
Il farmaco è ora di proprietà di Gilead Sciences, che fa pagare 1.000 dollari a pillola – più di quanto possano permettersi molte persone affette da epatite C. Gilead ha guadagnato 44 miliardi di dollari dal farmaco nei suoi primi tre anni di commercializzazione.”Non sarebbe fantastico se una parte dei profitti di questi farmaci venisse donata alla ricerca pubblica del NIH?“, domanda M.  Posner.
Invece, I profitti hanno finanziato enormi bonus per i dirigenti delle imprese farmaceutiche e una commercializzazione aggressiva dei farmaci vicino ai consumatori. Sono stati utilizzati anche per aumentare la redditività dell’industria farmaceutica.
Secondo i calcoli di Axios, le aziende farmaceutiche realizzano il 63% dei profitti totali dell’assistenza sanitaria negli Stati Uniti, in parte grazie ai loro sforzi di lobbying. Nel 2019, l’industria farmaceutica ha speso 295 milioni di dollari in attività di lobbying, molto più di qualsiasi altro settore negli Stati Uniti.
Si tratta di quasi il doppio del secondo settore di spesa – elettronica, industria e attrezzature – e di oltre il doppio rispetto alle società petrolifere e del gas, che spendono in attività di lobbying. Il settore investe somme considerevoli anche per i contributi alle campagne elettorali dei legislatori democratici e repubblicani.
Durante le primarie democratiche, Joe Biden è stato il principale beneficiario dei contributi dell’industria sanitaria e farmaceutica.
Le spese delle grandi aziende farmaceutiche hanno posizionato bene l’industria per l’attuale pandemia. Mentre i mercati azionari sono crollati in risposta alla crisi causata dall’amministrazione Trump, più di 20 aziende che lavoravano su un vaccino e su altri prodotti legati al nuovo virus SARS-CoV-2 sono state in gran parte risparmiate.
I prezzi delle azioni dell’azienda biotecnologica Moderna, che due settimane fa ha iniziato a reclutare partecipanti per la sperimentazione del nuovo vaccino contro il coronavirus, sono saliti alle stelle in questo periodo.
Giovedì, giorno di carneficina generale nei mercati azionari, le azioni di Eli Lilly hanno invece ricevuto un impulso positivo dopo che la società ha annunciato che si stava unendo allo sforzo di sviluppare una terapia per il nuovo coronavirus.
E anche Gilead Sciences, che sta lavorando a un potenziale trattamento, sta prosperando. Il prezzo delle azioni di Gilead era già salito dopo la notizia che il suo farmaco antivirale, il remdesivir, creato per il trattamento del virus Ebola, veniva somministrato ai pazienti affetti da Covid-19.
Oggi, dopo che il Wall Street Journal ha riferito che il farmaco stava avendo un effetto positivo su un piccolo numero di passeggeri di navi da crociera infetti, il prezzo è salito di nuovo.
Diverse aziende, tra cui Johnson & Johnson, DiaSorin Molecular e QIAGEN hanno chiarito che stanno ricevendo finanziamenti dal ministero della salute e dei servizi sociali per i loro sforzi legati alla pandemia, ma non è chiaro se Eli Lilly e Gilead Sciences stiano usando il denaro del governo per il loro lavoro sul virus.
Ad oggi, il ministero della salute e dei servizi sociali non ha ancora pubblicato l’elenco dei beneficiari delle sovvenzioni. E secondo Reuters, l’amministrazione Trump ha detto agli alti funzionari sanitari di trattare le loro discussioni sul coronavirus come segrete e di escludere il personale senza autorizzazioni di sicurezza dalle discussioni sul virus.
Vecchi lobbisti di primo piano al servizio Lilly e Gilead fanno ora parte del gruppo di lavoro della Casa Bianca sul coronavirus. M. Azar è stato il direttore delle operazioni americane di Eli Lilly e ha fatto pressione per la società, mentre Joe Grogan, che ora è direttore del Consiglio di politica interna, è stato il principale lobbista di Gilead Sciences.

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