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«Tutte le azioni di contenimento spinte del contagio sono pressoché
inutili, in quanto non hanno un’effettiva influenza sulla diffusione del
virus e sono dannose per l’economia:
il Covid-19 raggiunge il suo picco in 40 giorni e in 70 sparisce».
Parola di Isaac Ben-Israel, capo del programma di studi sulla sicurezza
dell’università di Tel Aviv, presidente del Consiglio nazionale per la
ricerca e lo sviluppo, nonché numero uno dell’Agenzia spaziale
israeliana. Secondo questa teoria, dunque, il coronavirus ha i giorni
contati: o per meglio dire – scrive Carlo Nicolato su “Libero” – ha in sé una specie di timer che lo disattiva in un determinato limite di tempo. «E se i calcoli sono giusti, in Italia
dovrebbe attenuarsi gradualmente nei prossimi 15 giorni, fino a sparire
del tutto a inizio maggio». Eccessivo ottimismo? Qualcuno potrà
prenderlo come una bufala, visto che è un calcolo meramente matematico
che non tiene conto della storia
dei virus e in particolar modo di uno particolarmente contagioso come
il Covid-19? «Va subito detto che Isaac Ben-Israel non è ovviamente un
virologo, né un epidemiologo, né tantomeno un medico, e infatti la
categoria non l’ha preso troppo sul serio, anzi – spiega Nicolato – lo
ha stroncato, accusandolo di diffondere false speranze che possono
rivelarsi controproducenti e dannose».
Allo stesso tempo, però, il professor Isaac Ben-Israel non è nemmeno
l’ultimo arrivato: «Non è solo il numero uno della ricerca in Israele, è
un fisico-matematico di fama ed esperienza, al quale il primo ministro
Benjamin Netanyahu ha affidato le sorti del National
Cyber Bureau in quanto lui stesso, anche negli Stati Uniti (vedi
l’autorevole rivista “Forbes”) viene considerato il padre della
sicurezza informatica del paese». Una cosa non da poco, per Israele,
visto che proprio lo Stato ebraico esporta il 10% di tutto il mercato
mondiale della sicurezza informatica, ricorda sempre Nicolato sul
giornale di Vittorio Feltri.
«Isaac Ben-Israel è dunque uno che ha una
certa dimistichezza con i numeri e le statistiche, e il fatto che non
sia un virologo o un epidemiologo, viste poi le contraddittorie
indicazioni che ci arrivano da quel settore di esperti, potrebbe essere
ininfluente». O almeno, ragiona “Libero”, il suo studio ci consente di
immaginare «una soluzione che non sia semplicemente quella di stare in
casa ad aspettare e sperare in non si sa cosa».
Crescono di giorno in giorno, infatti, le perplessità per la risposta adottata in Italia: chiudere tutto, sprangare in casa 60 milioni di cittadini e fermare l’economia, procurando una crisi che non ha precedenti nella storia. A scatenare la grande paura, due mesi fa, la consapevolezza delle gravissime falle nel nostro sistema ospedaliero disastrato dai tagli imposti da decenni di poltiche di rigore: solo 5.000 posti letto in terapia intensiva, contro i quasi 30.000 di Francia e Germania.
«Al governo – afferma un osservatore critico come il saggista
Gianfranco Carpeoro – andrebbe chiesto a che punto sono le forniture di
Plaquenil, farmaco antimalarico dimostratosi efficace: lo stanno
distribuendo in modo adeguato, agli ospedali?». Carpeoro è pessimista:
«I numeri ancora alti confermano quello che temevo fin dall’inizio, e
cioè che la quarantena non sarebbe servita a niente: se i contagi e i
ricoveri caleranno sarà “merito” del governo che ci ha chiusi in casa,
se invece resteranno elevati sarà “colpa”
dei cittadini indisciplinati, non abbastanza ligi al coprifuoco, in
realtà vessati da norme emergenziali che presentano diversi profili di
incostituzionalità».
A proposito di numeri, la dottoressa Maria Rita Gismondo
(virologa dell’ospedale Sacco di Milano) contesta le cifre fornite ogni
giorno dalla Protezione civile: «I dati sono vecchi anche di 12 giorni,
a causa del ritardo con cui vengono raccolti». Ed ecco che la
fotografia quotidiana dell’emergenza, sempre molto allarmistica,
risulterebbe sfocata: numeri inattendibili? Molti ossevatori spiegano
anche così la discrepanza tra il bilancio quotidiano dei decessi (ancora
troppi) e il calo ormai vistoso dei ricoveri. L’Istat ricorda che lo
scorso anno, nel mese di marzo, sono morti di polmonite oltre 15.000
italiani, senza che i giornali ne parlassero (sono stati 12.000 quelli
falciati il mese scorso dal Covid-19). Intanto, si accettano scommesse
sulla reale entità dei contagiati, visto che il dato disponibile è
relativo ai test, ancora pochi, effettutati a campione. C’è di parla di
milioni di persone contagiate, e vari studi ipotizzano che il virus
abbia infettato (in modo silenzioso, senza sintoni) almeno un italiano
su tre. A favore della tesi del declino fisiologico dell’epidemia, dopo
l’iniziale virulenza, ora si aggiunge anche la voce israeliana del
professor Isaac Ben-Israel: non certo un dilettante.
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