I Benetton iniziano a prendere le distanze da Autostrade: valutano la vendita di una parte della loro quota.
Diversi soggetti internazionali premono per entrare nella società autostradale. Board più diluito per attutire l'impatto dell'eventuale revoca della concessione. Parte il cambiamento: Castellucci si dimette da ad di Atlantia (con una buonuscita da 13 milioni).
Ma quello che in queste ore sta animando i ragionamenti e le valutazioni dei Benetton è qualcosa di più di un semplice rimescolamento dell’azionariato di Autostrade.
Dopo aver portato l’ad Giovanni Castellucci a dimettersi (con una buonuscita da oltre 13 milioni di euro lordi), è il secondo step di una strategia che punta a voltare pagina.
L’obiettivo è tutelare il gioiello di famiglia, Atlantia, attraverso cui controlla la società autostradale, non puntando però più sulla stessa Aspi.
Quest’ultima si porta addosso gli strascichi del crollo del ponte Morandi a Genova e questi strascichi sono diventati insostenibili per i Benetton. Ecco cosa sta succedendo secondo quanto ricostruito da Huffpost: più soggetti internazionali stanno spingendo per entrare in Autostrade e i Benetton starebbero pensando di vendere una parte della quota di controllo che possiedono attraverso Atlantia. Vendere uno o più pezzi dell’attuale 88% significa incassare soldi che possono essere reinvestiti in Atlantia e soprattutto condividere con altri il peso dell’eventuale revoca della concessione autostradale che potrebbe arrivare per mano del governo
È passato poco più di un anno dalla tragedia di Genova e l’aria è decisamente cambiata in casa Benetton. La morte di Gilberto, l’anima finanziaria del gruppo, l’inchiesta bis che solo venerdì scorso ha portato all’arresto di alcuni funzionari di Autostrade per report sui viadotti “ammorbiditi” anche dopo il crollo del Ponte Morandi. Elementi diversi ma che vanno a impattare su un’unica dimensione e cioè la strategia dei Benetton per le sue creature. Il tratto degli ultimi giorni è quello dello smarrimento e lo dice chiaramente un big della dinastia, Luciano Benetton, proprio mentre è in corso il consiglio di amministrazione straordinario di Atlantia per il passo indietro di Castellucci: ”È una settimana che siamo sotto choc per quello che appare dai comunicati della giustizia. Speriamo che si chiarisca. Sicuramente ci sarà qualche cambiamento. Questo lo aspettiamo dal cda di oggi”. Si cambia, dunque.
Il dato significativo dell’evoluzione di questa vicenda è il tentativo di un cambio di passo, che è necessario. Per un anno si è cercato di resistere ai contraccolpi del crollo del ponte Morandi, ma ora questo schema è saltato e i Benetton sono i primi ad esserne consapevoli. Gli arresti di venerdì hanno segnato il punto di non ritorno. Cambiare, ma come? Attraverso un riposizionamento dei gioielli di famiglia. Se prima Autostrade era il diamante, ora non è lo più. E il rischio, come hanno dimostrato le ultime sedute disastrose in Borsa, è quello di andare a intaccare il valore della capofila Atlantia, che ha attività e business diversificati, impegnata tra l’altro in operazioni delicate come il salvataggio di Alitalia e la gestione di Abertis, la concessionaria autostradale spagnola in mano proprio ad Atlantia.
Non è un disimpegno perché i Benetton intendono mantenere la quota di maggioranza in Autostrade, ma far entrare altri soggetti nella cabina di comando è oramai una necessità per le ragioni di cui si diceva sopra. Anche perché i 5 stelle sono tornati a suonare la grancassa della revoca della concessione.
Si diceva dei due step. Il primo è stato portato a compimento. Castellucci si è presentato alla riunione straordinaria del cda di Atlantia e si è dimesso da amministratore delegato e direttore generale del gruppo. Il board ha preso atto di una decisione presa altrove: la risoluzione consensuale ne è la prova. Nello specifico l’accordo sulla liquidazione prevede che a Castellucci vadano oltre 13 milioni di euro lordi a titolo di esodo incentivato, oltre alle competenze di fine rapporto. Non solo. Per l’ormai ex amministratore delegato arriva anche uno scudo: per qualsiasi giudizio civile, penale o amministrativo che dovesse coinvolgerlo anche dopo la cessazione dei rapporti, ogni onere, anche per indennizzi e risarcimenti, e anche per le spese legali, sarà a carico della società. Scudo che decade solo se dovessero emergere condotte dolose comprovate e accertate.
Inizia ora una fase di transizione: le deleghe esecutive che erano di Castellucci sono state trasferite in via temporanea a un comitato composto da cinque consiglieri. Giancarlo Guenzi è il nuovo direttore generale, ma la partita che conta, quella dell’amministratore delegato, si giocherà nelle prossime settimane. Quando anche le idee di Benetton sulla vendita della quota in Atlantia si faranno più definite.
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