lunedì 30 settembre 2019

80 anni dopo, la vera fine della guerra civile spagnola

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Tra il luglio 1936 e l’aprile 1939 fu combattuta in Spagna una delle più sanguinose guerre civili del Novecento. I nazionalisti, le forze conservatrici e fasciste guidate da Francisco Franco (molti i fascisti italiani volontari), si sollevarono contro il legittimo governo repubblicano sostenuto invece dalle sinistre e dai democratici.

La crudele matanza spagnola

Luglio 1936 e aprile 1939. Il legittimo governo repubblicano eletto in Spagna e il colpo di stato militare delle forze conservatrici e fasciste guidate da Francisco Franco. Cominciarono tre durissimi e spaventosi anni di lotte che si conclusero con il sopravvento delle forze franchiste appoggiate politicamente e militarmente dall’Italia fascista e dalla Germania nazista. Non senza una certa dose di ambiguità le potenze europee democratiche (ovvero Francia ed Inghilterra) pur proclamando la neutralità finirono invece per favorire con loro inerzia la vittoria dei franchisti, mentre la sola Unione Sovietica e in misura minore il Messico appoggiarono le forze repubblicane. Il bilancio in termini di vittime – soprattutto civili – fu terribile ed ancora oggi difficile da valutare, oscillante tra il mezzo milione e il milione di morti. Ad essi si devono aggiungere i giustiziati dai feroci vincitori tra il 1939 e 1940, il cui numero si aggira sui cinquantamila. Considerando l’insieme della popolazione spagnola dell’epoca, stimata in circa venticinque milioni, si tratta comunque di una delle guerre più devastanti combattuta in Europa nell’età contemporanea.

‘Pulviscolo di massacri’

Le ragioni di questa tremendo carattere distruttivo sono state individuate principalmente nella forte componente ideologica della lotta che non si limitò però solo alla contrapposizione tra i due principali contendenti. Benché siano noti i pessimi rapporti nel campo repubblicano tra la componente comunista (direttamente controllata da Mosca) e ampi settori del mondo sindacale o del movimento anarchico che produssero scontri armati con numerose vittime, nemmeno il fronte nazionalista fu del tutto esente da lotte intestine anche se non assunsero mai le dimensioni dello scontro armato diretto. Il risultato di questo diffuso clima di odio incrociato fu una violenza generalizzata a vari livelli che uno storico spagnolo definì ‘pulviscolo di massacri’ indicando così migliaia di micro eccidi avvenuti ovunque ai quali furono dati denominazioni eufemistiche e macabre nello stesso tempo. Il cadavere ritrovato lungo una strada era chiamato ‘cuneta’, ovvero il fossato nel quale era gettato insepolto; l’esecuzione fuori da un carcere era chiamata ‘paseo’, ovvero passeggiata, alludendo all’invito rivolto al prigioniero; ‘coche fantasma’ era invece l’auto sulla quale erano trasportate le vittime rapite in strada. E ancora oggi infatti avvengono scoperte di piccole sepolture in luoghi isolati.

Il monumento ai caduti di parte

Nel 1940, mentre nel resto d’Europa si combatteva la Seconda guerra mondiale, il governo franchista decise di costruire un monumento per i caduti della guerra. L’idea originaria del Caudillo era quella di onorare Josè Antonio Primo de Rivera, fondatore della Falange, e ricordare i caduti della guerra diventata ufficialmente ‘la Crociata’, ovvero una lotta combattuta contro i nemici della fede. In un secondo tempo tuttavia si decise, anche per manifestare un segno di riconciliazione nazionale, di traslare nel cimitero sulla Sierra di Guadarrama anche i resti di caduti della parte avversa, benché la stragrande maggioranza fosse costituita da spoglie anonime, ovvero di vittime ignote riesumate da fosse comuni. Il sacrario fu inaugurato nel 1959, dopo lavori durati quasi vent’anni ai quali avevano partecipato anche detenuti tra i quali una buona parte di ‘politici’’. Trovandosi ancora in pieno periodo franchista nel quale la versione della ‘guerra’ era solo quella ufficiale, né del resto era consentito diffonderne altre, non ci furono polemiche di alcun tipo. Le cose però cambiarono nel 1975 quando, alla morte del dittatore, seguirono il crollo del regime e il ritorno alla democrazia, ma nel frattempo lo stesso Francisco Franco era stato tumulato nel grande cimitero della Valle dei Caduti (Valle de los Caidos)

Scopron le tombe e levano i morti

Sebbene la questione del grande sacrario con tutte le sue contraddizioni fosse discussa fin da subito nella rinata democrazia, ovvero dalla seconda metà degli anni Settanta, solo nei primi anni del nuovo secolo furono prese decisioni a livello politico. Tra il 2006 e il 2007 si accantonò definitivamente l’idea di raderlo al suolo, come avevano proposto alcuni in maniera molto radicale, ma si decise di modificarne comunque il significato, o meglio di ‘depoliticizzarlo’, considerando soprattutto che annualmente si tenevano cerimonie nostalgiche franchiste poco attinenti all’idea di autentica riconciliazione nazionale che invece si intendeva perseguire. Ultimo avvenimento in ordine di tempo è la recente sentenza sulla traslazione delle spoglie di Franco che continuavano a conferire un certo carattere al monumento, tanto più che nel testamento del dittatore sembra non fosse indicato espressamente il luogo della sepoltura, deciso invece nel 1975 dai vertici del governo. Anche in Spagna insomma la guerra civile sembra finita per sempre.

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