di Franco Turigliatto
La risoluzione del Parlamento europeo sull’ “Importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa” costituisce uno dei punti più bassi dal punto di vista, storico, politico ed ideologico di cui è stato capace questo organismo nel corso della sua storia.
Un’operazione di bassa lega, truffaldina, messa in piedi da forze di destra e conservatrici ed avallata da un incredibile schieramento parlamentare a cui hanno partecipato a pieno titolo le truppe socialdemocratiche, compreso la stragrande maggioranza dei deputati del PD, un partito sempre più, non solo subalterno, ma pienamente interno alle ideologie e politiche dominanti.
All’improvviso i grandi scontri “ideali” e politici tra le forze liberali e quelle sovraniste e nazionaliste europee scompaiono e si ritrova l’unità di tutte le forze che sono espressione delle diverse componenti delle classi borghesi e padronali. E’ la stessa convergenza che c’è stata tra loro nel gestire le politiche liberiste dell’austerità che hanno massacrato le condizioni di vita delle classi lavoratrici e i loro diritti.
La risoluzione, scritta letterariamente coi piedi, ma non per questo meno pericolosa, è presentata con la finalità di produrre una memoria condivisa contro i totalitarismi e le dittature della storia europea in nome della democrazia e del futuro dell’Europa. Ha come asse centrale la falsa e vergognosa equazione tra nazismo e comunismo. Ma contiene anche una seconda pericolosissima mistificazione: l’equiparazione tra comunismo e stalinismo.
In realtà si tratta anche di un’operazione politica il cui obiettivo immediato è la Russia e i conflitti oggi in atto con questa potenza dell’Europa orientale in un quadro più generale di accesa concorrenza capitalista e di scontro geopolitico, tanto è vero che il testo afferma l’importanza dell’appartenenza alla Nato.
L’aspetto principale e devastante è l’operazione politica ideologica di criminalizzazione e di “messa fuorilegge”, di qualsiasi idea di comunismo, di società socialista alternativa al capitalismo e delle forze che a diverso titolo le rappresentano, cioè in ultima analisi un attacco al movimento delle classi lavoratrici e alle sue forme organizzative che si è dato o che potrà darsi.
Una memoria lacunosa
Per condurre questa aggressione si operano in primo luogo rimozioni fondamentali della storia del capitalismo europeo e dei suoi imperialismi con la funzione di assolvere le classi borghesi dai crimini che hanno compiuto.
E’ pura vergogna che, mentre si pretende di scrivere una risoluzione sulla memoria, sul “tragico passato dell’Europa” si dimentichi non solo il lontano passato coloniale europeo, ma quello ben più vicino dell’ottocento e del novecento, si dimentichi quanto ha fatto il Belgio in Congo, quanto ha fatto la Francia in Indocina e poi in Algeria, quanto ha fatto l’Italia liberale in Libia, per non parlare di quella fascista in Etiopia, della scelta dell’Inghilterra durante la seconda guerra mondiale in India di lasciar produrre una gigantesca carestia con milioni di morti per indebolire il movimento nazionalista democratico, più in generale di quanto hanno fatto le ex potenze coloniali europee sul continente africano anche nei decenni più recenti. Ci si dimentica soprattutto della prima guerra mondiale, espressione diretta dello scontro degli interessi imperialisti contrapposti delle borghesie europee, un’immensa barbarie col massacro nelle trincee di milioni di giovani delle classi popolari. E’ per rispondere a questo macello capitalista che si è affermata la rivoluzione russa ed è nata la nuova internazionale comunista.
In secondo luogo si costruisce una totale mistificazione sulle cause della seconda guerra mondiale, tutte quante identificate col famigerato patto Molotov Ribbentrop, in totale spregio della realtà storica molto complessa degli anni ’30 (guerra civile spagnola, conferenza di Monaco, ecc.), per altro richiamata in molti articoli comparsi in questi giorni, tra cui nell’appello di numerosi intellettuali al Parlamento europeo; “Rossi e neri non sono eguali. Per il rispetto della memoria e della storia”.
Drammatico è che non venga né ricordato, né riconosciuto il ruolo decisivo dell’Unione Sovietica nella sconfitta del nazismo e l’immenso contributo di vite umane, 25 milioni, dato da questo paese. Così come non viene riconosciuto ed anzi negato il ruolo di tutte quelle forze e movimenti di riferimento comunista o che con esse si rapportavano che hanno costruito in tutta Europa la Resistenza al nazismo e al fascismo.
Una risoluzione falsa e pericolosa
In terzo luogo tutta la mistificazione viene condotta equiparando comunismo e stalinismo come fossero la stessa cosa, per costruire così l’equazione nazismo uguale comunismo.
Niente di più falso non solo perché le concezioni del comunismo e del nazismo sono agli antipodi e fanno riferimento agli interessi sociali di classi antagoniste, ma perché se lo stalinismo è stata una ideologia burocratica e dittatoriale, è stata anche e soprattutto una vera e propria controrivoluzione sociale affermatasi sulla irregimentazione della società, sulla distruzione del partito bolscevico e sul massacro di un numero altissimo di comunisti in URSS ed su scala internazionale. Il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli del PD, a sostegno della risoluzione, ha ricordato l’intervento dei carri armati sovietici a Praga nel 1968. Non si è però ricordato che i carri a Praga, come in Ungheria nel 1956 e come anche il colpo di stato di Jaruzelski in Polonia nel 1981 furono tutti rivolti a sopprimere il potere dei consigli operai di fabbrica e l’avvio di un processo di società socialista, democratica e autogestionionaria.
La mistificazione è costruita alternando di volta in volta la locuzione dittatura stalinista o la dittatura comunista; l’insistenza sui “misfatti” del comunismo è tale che ne risulta una vera e propria relativizzazione del nazismo tanto è vero che si dice esplicitamente che mentre i crimini di questo regime sono stati giudicati e puniti, molto resta ancora da fare per quanto riguarda i crimini delle altre dittature, segnalando poi come alcuni paesi vietino l’uso di simboli sia nazisti che comunisti ed anzi denunciando il fatto che vi siano ancora monumenti e luoghi commemorativi che si richiamano ai movimenti comunisti. La risoluzione, per altro non sembra preoccuparsi del fatto che in alcuni paesi dell’Est europeo, vengano varate sempre più leggi pesantemente antidemocratiche.
Non c’è dubbio che la risoluzione, ben lungi dal contrastare il revisionismo storico e il crescente sviluppo d’ideologie radicali fasciste, come viene scritto in uno dei paragrafi, di certo introdotto da qualche socialdemocratico alla ricerca di moderare l’impatto reazionario del testo, apre alle forze dell’estrema destra nuovi spazi politici e crea le condizioni per nuove legislazioni antidemocratiche da parte di numerosi governi.
E risulta completamente ipocrita, quando nel penultimo paragrafo parla di lotta per un mondo equo e la creazione di società aperte e tolleranti e di comunità che accolgano le minoranze etniche, religiosi e sessuali, quasi che l’Europa reale non fosse invece quella dell’austerità, della distruzione dei diritti delle classi lavoratrici, del respingimento dei migranti, di governi sempre più autoritari e repressivi e del razzismo di stato.
Per questo è giusto che ci siano reazioni di forte sdegno e di indignazione di fronte a una risoluzione così ipocrita e falsificatoria della storia.
Indispensabile la rottura con lo stalinismo e la sua storia
Ma all’interno delle forze di sinistra è necessario ed anzi indispensabile introdurre ulteriori considerazioni anche perché alcune di queste, in forma esplicita o in forme più ambigue finiscono per cadere nella mistificazione stalinismo eguale comunismo.
Non stupisce che lo proclamino apertamente coloro che continuano a richiamarsi al “piccolo padre dei popoli” e che utilizzino il rigetto delle nefandezze del capitalismo di settori di giovani per cercare di organizzarli in un partito ideologico stalinista.
Tuttavia molte incertezze riguardano anche altre forze di sinistra e sociali che non vogliono comprendere la rottura di continuità che lo stalinismo ha prodotto nella storia del movimento operaio e quindi la necessità di una loro rottura totale con quel che è stato il fenomeno e la società stalinista.
Riconoscere l’apporto alle battaglie democratiche e sociali che molti partiti comunisti di riferimento all’URSS e allo stalinismo hanno dato in vari paesi nel corso della storia non può significare in alcun modo una banalizzazione di quello che è stato il fenomeno stalinista e la rinuncia a considerazioni critiche sugli orientamenti strategici di queste forze.
Quando, nell’Appello al Parlamento europeo, prima richiamato, si sostiene che non si vuole “ignorare e tacere sugli aspetti più condannabili di ciò che generalmente si chiama “stalinismo”, sugli errori e orrori che vi furono anche in quel campo”, in realtà con la vaga formula “errori ed orrori”, si finisce per non voler affrontare il nodo storico rappresentato dallo stalinismo, significa non rompere veramente con quella storia, ma porsi in continuità, se pure critica.
La controrivoluzione stalinista in URSS ha distrutto il potere dei soviet, imposto una terribile e sanguinosa dittatura, asservito la terza internazionale ai propri interessi di casta, salvo poi scioglierla nel corso della seconda guerra mondiale, subordinato i partiti comunisti nel mondo alle proprie manovre diplomatiche. Essa ha rappresentato una sconfitta storica non solo per la classe lavoratrice sovietica, ma per tutto il movimento operaio internazionale. Di tutte queste scelte le borghesie internazionali si sono fortemente avvantaggiate ed ancora oggi traggono vantaggio politico ed una rendita ideologica potendo dire a quelli che si ribellano e vogliono una società diversa: “non ci provate perché finirete come nella vecchia URSS”. Non è un caso che mentre un tempo milioni e milioni di persone si identificavano con l’ideale comunista e quindi si riferivano ai movimenti che portavano questo nome, oggi non è più così perché milioni di persone cercano ancora una alternativa al capitalismo, ma vogliono una società autogestita, democratica e partecipata e non una dittatura.
Lasciare dei dubbi che il comunismo possa identificarsi con lo stalinismo è il miglior regalo che si possa fare alla borghesia e a tutte le forze della destra. Per questo oggi quando ci definiamo comunisti, immediatamente precisiamo a positivo con altri aggettivi cosa questa parola significhi realmente (basta guardare il nostro simbolo) e come nulla abbiamo a che vedere con modelli e soggetti politici che invece rigettiamo.
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